Appello a Giorgia Meloni: non sottovalutare il centrosinistra

Giorgia Meloni e il centrodestra stanno dominando l’arena politica, ma attenzione all’incremento del Pd a guida Schlein

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meloni schlein conte

Dopo la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd, Dem e M5S hanno organizzato sabato scorso a Firenze, insieme ad alcune sigle sindacali, la manifestazione del “sabato antifascista” in contrapposizione al “sabato fascista” che il Pnf organizzava circa novant’anni fa. Gli italiani hanno ben altri problemi, ma come che sia, la vittoria di Schlein ha ricompattato l’alleanza politica tra Pd e 5Stelle, che alle scorse elezioni politiche hanno corso separatamente a causa della rottura di Conte con Draghi, con conseguente caduta dell’esecutivo istituzionale e vittoria del centrodestra alle politiche del 25 settembre 2022.

Il Pd tornerà ora ad essere una brutta copia del vecchio Pds; dunque, ingloberà col tempo anche i cespugli di sinistra come Sinistra italiana, Articolo1 e la sinistra ecologista, mentre l’elettorato riformista, cattolico e liberale che fino a ieri votava Dem si sposterà per forza di cose verso il Terzo Polo. Il Pd a guida Schlein riporterà alla casa madre anche una parte del vecchio elettorato di sinistra che negli ultimi anni si era spostato verso il M5S, con conseguenze facilmente intuibili: crescita di Dem e Terzo Polo e flessione del M5S. Sul versante delle alleanze, appare scontato come Renzi e Calenda non potranno mai entrare in un calderone che comprenda Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli. Il bacino elettorale del centrosinistra resterà dunque quello del 25 settembre scorso, con una lieve flessione per via di una parte dell’elettorato cattolico-riformista che andrà verso il Terzo Polo. 

Il centrodestra, dal canto suo, nonostante il governo Meloni per il momento non abbia inciso in maniera significativa – a dire il vero – su nessun tema concreto, non rischia scossoni. I sondaggi danno FdI attorno al 30%, la Lega vicino al 9% e FI poco sopra il 6%. A conti fatti, nel complesso, poco più della percentuale ottenuta alle politiche. La guerra, lo scivolone sul caso Cospito e la tragedia dei migranti, è proprio il caso di dirlo, non interessano a nessuno. Improbabili sono anche eventuali ribaltoni in corso di legislatura. Se anche, per ipotesi, Forza Italia si staccasse un domani dalla compagine governativa, l’unica soluzione sarebbero le elezioni anticipate. Se alla Camera sarebbe teoricamente possibile una nuova maggioranza (senza Lega e FdI), al Senato i numeri non lo consentirebbero. 

Per approfondire:

Il punto è vedere se esiste attualmente nel Paese, per mantenere in buono stato di salute la democrazia, una alternativa politica al centrodestra. A nostro parere no. Vediamo perché. Il vecchio Pds-Ds, quello che faceva opposizione a Berlusconi e che puntualmente lo batteva alle elezioni dopo ogni esperienza governativa del Cavaliere, puntava per anni su temi che stavano a cuore all’elettorato di sinistra: salari, lotta alla precarietà, scuola e pace. Nel corso del secondo e terzo governo Berlusconi (2001-2006) i Ds puntarono molto sul pacifismo in contrapposizione alla guerra in Iraq voluta dall’allora presidente Usa George W. Bush. Questo nuovo Pd a guida Schlein, invece, punta sull’antifascismo in assenza di fascismo. Un tema che sta a cuore solo ai militanti di partito ed eventualmente agli iscritti ai sindacati. A tutti gli altri non gliene frega niente, come dimostra l’esito delle ultime elezioni politiche e regionali. E sulla guerra, pur con la supercazzola che serve la pace, Schlein sostiene gli Stati Uniti e il continuo invio di armi all’Ucraina. Sul tema dell’ecologismo, inoltre, l’approccio ideologico di Schlein allontanerà l’elettorato moderato verso Renzi e Calenda se non addirittura – in parte – verso i partiti di centrodestra. 

Meloni può dunque stare tranquilla, ma c’è un tema in particolare di cui la premier deve preoccuparsi: la riforma costituzionale, cioè il semipresidenzialismo. Se Schlein e Conte riuscissero a far tornare alle urne gli elettori di sinistra che si sono astenuti alle ultime elezioni politiche e regionali, puntando ad esempio sul tema della difesa ad oltranza della Costituzione, le prossime tornate elettorali potrebbero vedere il centrodestra in lenta ma costante flessione, come accaduto alla Lega di Salvini dal 2019 al 2022, passando dal 34,3% all’8,9%. Salvini ha avuto la sfortuna di avere Conte come antagonista negli anni della pandemia, dove l’ex avvocato del popolo, sfruttando la condizione emergenziale per finalità politiche, era diventato una specie di comandante in capo capace di attirare a sé anche una parte dell’elettorato di centrodestra (vedesi le elezioni regionali del settembre 2020, dove un pronosticato 5 a 1 finì 3 a 3). Ma poi Conte cadde per una astuta manovra politica di Renzi, per bruciarsi successivamente a causa dell’appoggio a Draghi.

Oggi Meloni non ha più quel Conte II come antagonista, ma una donna che punta sull’antifascismo in assenza di fascismo. Meloni non manca di astuzia e la fortuna finora l’ha aiutata. Ma se non vuole fare la stessa fine che fece Renzi nel dicembre 2016 dovrebbe puntare sul premierato e non sul semipresidenzialismo. La soluzione del premierato porterebbe al centrodestra un sostegno, tanto in Parlamento quanto al referendum confermativo, anche del Terzo Polo e di una parte di quel Pd che non si riconosce nella segreteria Schlein. Il premierato, di fatto, spaccherebbe il centrosinistra.

Il prossimo banco di prova elettorale, prima delle elezioni europee dell’anno prossimo, sono le amministrative del 14 e 15 maggio di quest’anno. Oltre seicento comuni al voto tra i quali spiccano Udine, Brescia, Ancona, Brindisi, Sondrio, Teramo, Imperia, Latina, Catania, Terni, Massa, Pisa, Siena, Treviso e Vicenza. Il centrodestra ha fiutato l’alleanza al secondo turno tra Pd e M5S e ha presentato in Parlamento un emendamento che prevede l’applicazione del premio di maggioranza non più per il candidato sindaco che ottiene al primo turno il 50% più uno dei voti, ma il 40%. L’emendamento è stato poi ritirato per la protesta delle opposizioni. Un tentativo legittimo che tuttavia necessitava di maggiore coraggio politico da parte di chi lo ha presentato.

Fatto sta che, nonostante le elezioni amministrative non siano mai un termometro attendibile per sondare il polso elettorale a livello nazionale, una buona affermazione di Pd e M5S nei comuni più grandi potrebbe creare qualche fibrillazione nel governo. Non certo scossoni ma qualche mal di pancia. Staremo a vedere. Per questo, prima di maggio, il governo dovrebbe iniziare a trattare concretamente temi caldi come inflazione (indicizzazione salari), precarietà e scuola. I temi cioè che interessano agli italiani. E al posto del semipresidenzialismo, che è divisivo, il governo dovrebbe puntare sul premierato.

Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 6 marzo 2023

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