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Appello ai giornalisti: puntate la telecamera sul Paese reale

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Lungi da me dare suggerimenti ai commentatori italiani mainstream, che sanno benissimo sbagliare da soli, senza alcun bisogno dei miei consigli. Tuttavia, nel raccontare questa pazzotica crisi di governo, che si trascinerà almeno fino a domani, martedì, sarebbe opportuno disporre – per usare una metafora televisiva – almeno di due telecamere, o se non altro di una telecamera che possa agilmente essere spostata.

Mi spiego. Da un lato, è certamente giusto che un obiettivo sia puntato sul palazzo, sul gioco di politics in corso, su chi vince e chi perde nel ring di questa partita tutta politica. Da questo punto di vista, mentre la crisi è ancora aperta, Matteo Renzi è certamente il vincitore provvisorio: Giuseppe Conte e tutta la sinistra volevano il suo scalpo, la narrazione prevalente lo presentava come l’irresponsabile colpevole della crisi di governo, e più volte al giorno – rispetto a una ipotetica nuova alleanza con lui – i vecchi alleati intonavano il coro “mai più”. Al contrario, a ventiquattr’ore dalla fine dell’esplorazione affidata dal Presidente della Repubblica a Roberto Fico, Renzi è saldamente al centro del ring: pur disponendo di relativamente pochi parlamentari, sa che l’apporto di Italia Viva è numericamente decisivo, e si prepara a farlo pesare. O facendo saltare Conte, oppure accettandone la ricandidatura, ma imponendogli un significativo prezzo politico.

Tuttavia proprio qui è necessaria la seconda telecamera, che va puntata sul paese reale. Tranne i “tossicodipendenti da politica”, come si può pensare che un cittadino normale comprenda una crisi in cui, dopo due settimane di insulti e offese feroci reciproche, gli stessi partiti e gli stessi leader si rimettono insieme, preparandosi ad annunciare nientemeno che un patto di legislatura? Con quale credibilità si pensa di proporre questo racconto? Come si pensa di essere ascoltati?

È qui che sia Renzi, sia il Pd, sia i grillini non si rendono conto di aver già perso la partita: anche i loro elettori hanno ben compreso che quegli attori politici si muovono in termini di sopravvivenza dei loro partiti, dei loro seggi parlamentari, del loro (residuo o accresciuto) potere di influenza e di interdizione dentro il palazzo. Ma il legame con il paese reale è sempre più labile, l’attenzione al consenso sempre minore, la connessione tra “kratos” e “demos” sempre più esile. E tutto ciò non è mai a costo zero.

Daniele Capezzone, 1° febbraio 2021