È fortemente attuale la vicenda dell’annullamento delle elezioni del Capo dello Stato in Romania operata dalla Corte costituzionale nazionale per le notevoli implicazioni che rilevano l’esistenza di una vera e propria emergenza democratica.
Infatti, dalla lettura della decisione n. 32 dello scorso 6 dicembre della Corte costituzionale romena – pubblicata, in versione italiana, dalla rivista scientifica Nomos. Le attualità nel diritto, diretta da Fulco Lanchester, emerito di Diritto costituzionale italiano e comparato presso l’Università “Sapienza” di Roma – emerge come la stessa abbia dovuto annullare l’esito del I turno delle elezioni, tenutesi il 24 novembre, ed il successivo ballottaggio previsto, per domenica 8 dicembre, tra i primi due candidati, Calin Georgescu, indipendente e sovranista, ed Elena Varica Vasconi, per il partito “Unione Salvate la Romania”. Inoltre, nella competizione elettorale, è arrivato terzo l’attuale Primo Ministro, Marcel Ciolacu, e, a tal proposito, la Corte ha ritenuto applicabile “l’art. 83 par. 2 della Costituzione, ai sensi del quale il Presidente della Romania in carica «esercita il mandato fino al giuramento del neoletto Presidente»”.
Nel merito, la Corte sostiene, sulla base di “Note informative” prodotte dai servizi segreti del Ministero dell’Interno, che il procedimento elettorale sia stato viziato “in tutto il suo svolgimento e in tutte le fasi da molteplici irregolarità… che hanno distorto la natura libera e corretta dell’esperienza di voto espressa dai cittadini e le pari opportunità dei concorrenti elettorali, hanno influito sulla trasparenza e la correttezza della campagna elettorale e hanno violato le norme di legge relative al finanziamento”. Infatti, secondo la stessa, il voto degli elettori sarebbe stato manipolato a causa della “violazione della legislazione elettorale delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale… nonché attraverso il finanziamento della campagna elettorale da fonti non dichiarate, anche online”. In parole povere, la Corte ritiene che non siano stati utilizzati correttamente e lealmente gli strumenti digitali e che, comunque, non si evincerebbe chi avrebbe finanziato la campagna elettorale di alcuni candidati.
Pertanto, dalla questione emergono delle considerazioni importanti, soprattutto se lette in chiave comparata con l’esperienza italiana. Infatti, prima di tutto, rilevano le competenze e la natura stessa della Corte costituzionale romena, che – proprio dalla lettura della decisione in parola – entra nel merito della vicenda sulla base di un’istruttoria fornita dall’Esecutivo, in particolare dal Ministero dell’Interno. In relazione a ciò occorre evidenziare che proprio l’attuale Primo Ministro, Marcel Ciolacu, è un candidato, giunto terzo nella competizione elettorale. A differenza della giustizia costituzionale italiana, che non ha competenza sull’elezione del Capo dello Stato – a tal proposito ricordiamo che la Romania è una repubblica semipresidenziale, mentre la nostra è parlamentare, per cui il Presidente della Repubblica non è votato direttamente dai cittadini – va evidenziato come la nostra Corte costituzionale svolge, prevalentemente, un sindacato di legittimità sulle leggi.
Tuttavia, nel nostro ordinamento, un istituto analogo a quanto previsto dalla Costituzione romena in tema di elezioni del Capo dello Stato, è quello previsto dall’art. 66 della nostra Carta fondamentale, che disciplina il principio della verifica dei poteri, in quanto “Ciascuna Camere giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”. Infatti, siccome il nostro ordinamento prevede l’elezione, da parte dei cittadini, dei soli parlamentari, è stato previsto dai nostri Padri Costituenti – in perfetta continuità con l’art. 60 dello Statuto albertino – che il giudizio sulle elezioni sia demandato, per quanto riguarda la Camera, alla Giunta per le elezioni, mentre per quanto riguarda il Senato, alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari. Alla luce di ciò, la verifica delle regolarità elettorali dei parlamentari spetta a tali organi delle Camere ed è una conseguenza tipica dell’autodichia parlamentare, talvolta criticata dalla dottrina in quanto rappresenta una situazione anomala in cui il controllore ed il controllato coincidono.
Vi è da dire, inoltre, che relativamente a tale aspetto, in Assemblea Costituente ci fu un’interessante dibattito su quale soluzione adottare e, tra le possibilità, furono sottoposte al vaglio anche le ipotesi del controllo operato dalla Corte costituzionale – come è previsto, attualmente, dalla Costituzione romena per l’elezione del Presidente della Repubblica – già contemplato, tra l’altro dalla Costituzione austriaca del 1920, oppure della verifica esercitata da un apposito Tribunale, formato da parlamentari e magistrati, come era disciplinato anche dalla Costituzione di Weimar del 1920, al fine proprio di evitare che le due figure di controllore e di controllato coincidessero.
Tornando alla questione romena, dunque, sorgono numerosi dubbi in merito alla vicenda sollevata dalla Corte costituzionale, per quanto riguarda, innanzitutto, la possibilità che una tale materia possa essere di competenza di quest’ultima. Tuttavia, per comprendere il motivo per cui questa previsione sia stata inserita all’interno della Costituzione, occorrerebbe analizzare la situazione politica, sociale e culturale che viveva il Paese sia prima che durante il processo costituente, conclusasi con la promulgazione dell’attuale Costituzione avvenuta nel 1991. Infatti, quest’ultima, risulta essere il prodotto di una fase “super costituzionale” – utilizzando le parole proprie di Bruce Ackerman – seguita da sanguinose rivolte conseguenti alla fine della dittatura soffocante dei Nicolae Ceausescu, culminate nel dicembre 1989. In ogni caso, il passaggio dalla dittatura alla democrazia – che ha introdotto la fase costituente conclusasi con la promulgazione della predetta Costituzione nel 1991 – può essere ritenuto un passaggio storico che riflette le proprie peculiarità anche sull’attuale ordinamento giuridico romeno.
Analogamente, sorgono forti dubbi anche sul fatto che la Corte romena basi la propria decisione su un’istruttoria svolta dai servizi segreti dipendenti dal Ministero dell’Interno, se si tiene conto che proprio uno dei candidati è Marcel Ciolacu, attuale Primo Ministro e, quindi, Capo dell’Esecutivo della Romania, giunto terzo alla competizione elettorale annullata.
Alla luce di ciò sorge spontanea una domanda: nell’attuale ordinamento romeno, che si basa su una costituzione democratica e che ritiene di trovare la propria fonte d’ispirazione nei principi europei – tenuto conto del fatto che il Paese, dal 2007, fa parte anche dell’Unione europea e che, attualmente, il Vicepresidente del Parlamento europeo, è il romeno Victor Negrescu – cosa è legittimo e cosa illegittimo? È chiaro che sono molteplici i dubbi che sorgono intorno all’emergenza democratica romena ma questi devono trovare necessariamente delle risposte a prescindere dalle mere dinamiche costituzionali.
Giovanni Terrano, 14 dicembre 2024
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