Giovedì in conferenza stampa il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, si è esibito nella tecnica dello scaricabarile, rivendicando i meriti e addossando i demeriti della gestione sanitaria alle Regioni. Dal 31 gennaio è operativo lo stato di emergenza, che ha avocato poteri speciali, nei limiti previsti dall’ordinamento della nostra Repubblica unitaria. Eppure, i flop organizzativi vengono attribuiti alle Regioni come se vivessimo in una configurazione federale dello Stato con i livelli subnazionali dotati di piena autonomia. In sostanza, Arcuri ha illustrato con preoccupazione il quadro epidemiologico, dichiarando che: «Il virus si moltiplica troppo velocemente e potrebbe mettere a rischio il sistema sanitario».
Il commissario Arcuri non dovrebbe comunicarci il suo stato emotivo, ma esporci i provvedimenti adottati per sottrarre la rete ospedaliera allo stress della saturazione. A maggio il governo stabilì che dovevano essere implementati 5.500 posti letto di rianimazione, tuttavia il bando di gara è stato pubblicato soltanto ad ottobre. L’inerzia estiva della struttura commissariale ci ha consegnato un autunno “disarmato” nel duello con la “recidiva” epidemica. Viviamo nel paradosso di un’emergenza sanitaria affidata a chi, pur essendo preposto a placarne le criticità, sta esacerbando le difficoltà.
Nei mesi antecedenti il risveglio virale il commissario Arcuri non ha predisposto un piano operativo per incrementare il personale medico ed infermieristico. Sulle mascherine l’ad di Invitalia assicurava che avremmo raggiunto l’autosufficienza, invece continuiamo ad importarle dalla Cina la cui ricchezza, in controtendenza con gli indici economici europei, nel terzo trimestre segna un + 4,9%. Sui tamponi ha annunciato 300mila test al giorno senza specificare la tempistica di attuazione, prefigurando un ulteriore impegno disatteso e destinato ad aggiungersi ai trofei dei “rinvii” che si accalcano nella collezione privata del commissario. Sulla consegna dei banchi scolastici ne mancano all’appello migliaia, confermando l’inaffidabilità della programmazione commissariale e la necessità di un rimpasto nel management dell’emergenza.
Andrea Amata, 30 ottobre 2020