Salute

Arriva il “cane da Covid”, l’ultima follia pandemicamente corretta

I nostri scienziati hanno addestrato l’amico dell’uomo a scovare il virus

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Ve la racconto esattamente come è andata. Martedì notte, usando abitualmente i canali della Rai come efficace mezzo soporifero, nel dormiveglia credevo di aver vissuto un vero e proprio incubo. Invece, facendo una breve ricerca la mattina seguente, ho scoperto che era tutto vero: i nostri scienziati hanno realizzato il cane da Covid. La notizia, con tanto di corposo servizio trasmesso da RaiNews e riportato sul sito del Tgr Piemonte, ha dell’inverosimile, soprattutto in concomitanza della sostanziale estinzione della malattia grave provocata dal Sars-Cov-2.

Ed è sufficiente leggere il breve, surreale commento pubblicato sul sito medesimo, per rendersi conto di quanto sia ancora radicata in tante redazioni, pubbliche e private, l’irrazionale visione di un virus banale per le persone sane, identificato come una sorta di demonio da estirpare con ogni mezzo, persino addestrando il miglior amico dell’uomo alla bisogna.

Secondo il testo, “l’idea di far fiutare il Covid ai cani domestici è nata sulla scia di uno studio condotto anni fa dal dipartimento di veterinaria dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia.” In pratica, si dice nell’articolo, i cani erano “stati addestrati a percepire la presenza del tumore al polmone nelle persone partendo da campioni di urine.” Come spiega Mariangela Albertini, docente di fisiologia ed etologia degli animali domestici nella citata Università, “nell’uomo qualsiasi malattia genera composti organici volatili, detti VOX, caratteristici di ogni patologia, tra cui il Covid.” Quindi, i cani adeguatamente addestrati sarebbero in grado di riconoscere detti composti, scoprendo con la stessa approssimazione dei tamponi antigenici la presenza del demoniaco invasore virale.

Sempre da quanto riportato nel pezzo, sembra che per questo studio siano stati usati campioni di sudore; mentre l’addestramento dei cani anti-Covid è iniziato in laboratorio e proseguito all’esterno, in particolar modo su alcuni volontari in attesa di farsi tamponare in coda nelle varie farmacie del Capoluogo lombardo.

Ora, il fatto di utilizzare questo anomalo test, elaborato per una malattia potenzialmente letale, come per l’appunto è il cancro ai polmoni, nella ricerca di un virus attualmente equiparabile a quelli influenzali dimostra che, dopo oltre tre anni di follia virale, la nostra informazione mainstream continua a considerare il Covid una malattia letale per tutti, tanto da ritenere meritorio un demenziale investimento scientifico – se così lo vogliamo definire – finalizzato a stanare il malefico coronavirus per mezzo del fiuto di un cane.

In questo senso, hanno ragione alcuni avvertiti amici che, pubblicando a loro spese una corposa ricostruzione analitica di questa infinita pandemia, ci spiegano Perché forse non guariremo – prendendo spunto dal titolo di un infortunio editoriale dell’ex ministro Speranza e avendo tra i punti di riferimento proprio questo giornale. Non guariremo da una psicosi di massa la quale, fin dall’inizio di questa oscura vicenda, ha ben poco a che vedere con il Covid-19 e molto con il sensazionalismo terrorizzante della grande stampa nazionale.

Claudio Romiti, 6 aprile 2023