La politica italiana si è ammalata di populismo, si sente dire in sottili e rigorose analisi politologiche. Può darsi. Però, sembra che la politica italiana sia ammalata soprattutto di infantilismo. La campagna elettorale in corso – che dura da quando il governo del Contratto è in carica e ora si è intensificata per il voto europeo – è tutta giocata sui dispetti che gli alunni-ministro si fanno tra loro: “Professor Conte, Giggi mi copia” dice Matteuccio. “Non è vero, professore – replica subito Luigino -, è Matteo che mi fa le smorfie”. Siamo in queste condizioni da simpatiche canaglie da ormai un anno e già sappiamo che l’anno scolastico dell’Asilo Palazzo Chigi è stato praticamente inutile e tutti sono già stati rimandati a settembre quando le famiglie italiane saranno chiamate nuovamente a pagare delle rette scolastiche salatissime e aumentate perché, ancora una volta, i somari non hanno fatto i “compiti a casa”. Insomma, il ministro dell’Interno ha ragione: c’è bisogno di ordine e disciplina e bisogna ritornare al caro vecchio grembiule. Solo che i primi a indossare il grembiule devono essere proprio Matteo Salvini, Luigi Di Maio e anche il professor Conte, per dare il buon esempio.
In questa storia che farebbe ridere se non facesse piangere c’è l’Italia che si può vedere allo specchio: c’è un governo che non è in grado di amministrare sé stesso e che pretende di amministrare le aziende, le famiglie, le scuole. Nel caso della scuola, poi, tutto è risibile e deprimente con i ministri che si fanno i dispetti parlando di grembiuli, pastelli e quaderni dimostrando, se ce ne fosse davvero bisogno, di non avere la benché minima contezza di cosa sia e come funzioni il sistema scolastico italiano ed essendo loro stessi il risultato di un fallimento educativo e cognitivo che va fronteggiato nell’unico modo possibile: rimettendo il grembiulino a Matteuccio e Luigino e a tutti i bambini e le bambine dell’Asilo Palazzo Chigi.