Sapevano perfettamente chi era Giuliano Castellino. E sapevano anche che i manifestanti si sarebbero diretti verso la sede della Cgil. Ma – spiega il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, durante l’infuocato question time di oggi alla Camera – “la scelta di procedere coattivamente nei confronti del leader di Forza Nuova non è stata ritenuta percorribile dai responsabili dei servizi di sicurezza, perché in quel contesto c’era l’evidente rischio di una reazione violenta da parte dei suoi sodali, con pericolo di degenerazione dell’ordine pubblico”.
Questo il succo dell’intervento del ministro che nel non rispondere all’interrogazione di Fdi riesce comunque a fugare i dubbi sul fatto che l’inazione delle forze dell’ordine sia stata il frutto di una scelta consapevole da parte dei vertici di pubblica sicurezza. Ebbene sì, abbiamo avuto la conferma che cercavamo: si è scelto volontariamente di non intervenire. Dunque, i nostri timori erano fondati, non si è trattato di semplice incapacità o impreparazione da parte degli addetti ai lavori, ma di un banale calcolo costi-benefici. Si è scelto di sacrificare la sede della Cgil per evitare tumulti di piazza. Per poi magari, – questo è il sospetto – sfruttare la vicenda mediaticamente.
Attenzione però: la Lamorgese, nonostante questa tragica ammissione, in realtà non ha davvero risposto all’interrogazione presentata dal partito di Giorgia Meloni. O meglio, ha spiegato il motivo per cui Castellino non è stato arrestato in piazza del Popolo ma ha abilmente eluso il vero quesito dell’interrogazione, vale a dire le ragioni per le quali non sia stato creato un cordone di polizia in difesa della sede sindacale o, in alternativa, perché non si siano bloccati i manifestanti nel tragitto che li conduceva all’obiettivo. Perché è vero – come spiega la Lamorgese nel suo intervento – che Castellino si era messo in evidenza “per il deciso protagonismo soprattutto nell’intervento in piazza del Popolo, quando ha espresso la volontà di indirizzare il corteo verso la sede della Cgil”, ma i manifestanti violenti avrebbero comunque potuto portare a a termine l’impresa anche senza di lui.
Va da sè, dunque, che questa risposta non poteva soddisfare Giorgia Meloni che nella controreplica si è scagliata senza mezze misure contro il ministro. “La risposta di Lamorgese – ha detto – non è semplicemente insufficiente ma è offensiva per le forze dell’ordine. Per quei sette agenti lasciati a prendere le bastonate davanti alle Cgil. Un fatto indecente ed offensivo per quella gente e per questo Parlamento non fatto di imbecilli”. E ancora: “Lei sapeva e non ha fatto nulla. Fino ad oggi pensavamo si trattasse di incapacità, oggi invece scopriamo che lo sapeva. Che l’assalto poteva essere fermato. Questo ci riporta agli anni più bui della storia italiana. Alla strategia della tensione. Il governo non fa niente e viene chiamata in causa l’opposizione. La verità è che queste organizzazioni sono sempre proficue per la sinistra. E sono proficue anche per il governo. Tutto questo è funzionale a voi e l’avete consentito. Non ci fate lezioni. La cosa che più sinistramente assomiglia ad un regime siete voi!”.
Al termine di questo question time sappiamo dunque che l’assalto alla Cgil poteva essere fermato e che non è stato fatto. Sappiamo perché non è stato arrestato Castellino, ma non perché non si sia schierato un numero congruo di poliziotti in altre zone della città o davanti alla sede sindacale nonostante l’attacco fosse stato annunciato molto tempo prima. A questo punto, dobbiamo proprio dircelo: o il ministro avrà uno scatto d’orgoglio il 19 ottobre, oppure sarebbe meglio un dignitoso passo indietro.