Ascoltando la Zuppa di Porro del 4 agosto, soprattutto quando si è toccata la nota dolente dell’obbligo di assicurazione esteso a bici e monopattini elettrici, mi è venuta in mente una ricorrente battuta del compianto Giulio Savelli: “Caro Claudio, purtroppo siamo nati nel Paese sbagliato.”
La burocrazia italiana: un cancro che si diffonde
Un Paese il quale, a prescindere dalla guida politica del momento, è entrato da decenni in una sorta di spirale burocratica che si comporta come un cancro, attaccando con le sue metastasi ogni settore della società italiana. Una delle ragioni che hanno incentivato oltre misura una tendenza che è comunque in atto in tutto il mondo moderno l’ha colta, a mio avviso, il professor Luciano Gattinoni, medico di fama mondiale, durante la fase più demenziale dei protocolli anti-Covid.
Assicurazione monopattini, chi l’ha voluta
In estrema sintesi, a chi gli chiedeva le ragioni che hanno porto alla realizzazione di misure di una eccessiva complessità, egli rispose candidamente che da noi vi è la tendenza a creare organismi pletorici in cui alla fine ognuno, pur di ottenere la sua parte di visibilità, preme per far passare il provvedimento che gli sta più a cuore. In questo modo nascono tutta una serie di mostruosità burocratiche dagli effetti paralizzanti. Insomma, per dirla in una battuta, in Italia a tutti i livelli della vita pubblica, dal condominio al Consiglio dei ministri, si determina sempre la proverbiale condizione in cui ci sono troppi galli a cantare, con il risultato che è sotto gli occhi di tutti.
Per approfondire
Tant’è che il buon Matteo Salvini, comprensibilmente alla ricerca della perduta centralità politica, si è lanciato in una insensata campagna di salvaguardia collettiva – se così la vogliamo definire – , riuscendo a far approvare (anche se ufficialmente l’iniziativa è partita dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso) dal citato Consiglio dei ministri, in via preliminare, un decreto legislativo con il quale si impone l’obbligo di assicurare tutti i veicoli elettrici leggeri.
Obbligo assicurazione, una misura abominevole
Ma la cosa più abominevole di una misura abominevole di suo è che l’obbligo si dovrà rispettare anche se i mezzi interessati non vengono utilizzati, con la possibilità di sospendere l’assicurazione per un massimo di nove mesi all’anno.
Messa in questi termini, cosa peraltro già in vigore da alcuni anni per i mezzi a motore, si tratta di un sostanziale duplicato del cosiddetto bollo auto il quale, da tassa di circolazione, fu trasformato a suo tempo in imposta di proprietà per estorcerne il pagamento anche ai proprietari di qualche rottame abbandonato e mai cancellato al Pubblico registro automobilistico.
Pertanto, in soldoni, trattasi dell’ennesima patrimoniale occulta che si va ad aggiungere ad una montagna di esborsi che lo Stato padrone esige solo per il fatto di possedere qualcosa.
Il rigore burocratico
D’altro canto, per chiudere con un esempio che mi sta particolarmente a cuore come sportivo praticante, non è un caso che sul piano delle competizioni di massa il nostro Paese si trova ai vertici di una ben poco edificante classifica in quanto a rigore burocratico. Basti dire che chiunque di noi può partecipare senza alcuna formalità, firmando una semplice liberatoria, alle più importanti maratone internazionali, su tutte quella molto prestigiosa di New York. Ma se decidiamo di gareggiare in Italia, dobbiamo esibire un certificato del medico sportivo, una copertura assicurativa attraverso la tessera di una società sportiva e una runcard, che costa 30 euro, rilasciata dalla Federazione italiana di atletica leggera, nel caso fossimo affiliati ad un diverso Ente di promozione sportiva. La stessa Fidal, che rappresenta il Coni, la definisce “permesso a competere.”
In definitiva, come nel caso dell’assicurazione per bici e monopattini elettrici, queste vere e proprie vessazioni estorsive vengono presentate sotto forma di buone intenzioni volte a tutelare il bene collettivo. Buone intenzioni che, come possiamo verificare praticamente in ogni ambito, ci stanno rapidamente conducendo in un vero e proprio inferno burocratico.