Atlantico Quotidiano

Laboratorio per “bambini trans”: inclusione o promozione dell’ideologia gender?

L’iniziativa dell’Università Roma Tre solleva interrogativi e preoccupazioni: la scoperta di sé dei bambini può essere distorta da etichette e pressioni esterne

Roma Tre gender

Laboratori per bambini transgender: un’opportunità educativa o un rischio di confusione? Questa la domanda che dovremmo fare in merito all’iniziativa proposta dall’Università Roma Tre, che introduce un “laboratorio per bambin* transgender creative“.

Presentato come uno spazio educativo-inclusivo, il progetto mira a sensibilizzare sul tema dell’identità di genere e a fornire supporto a bambini e famiglie che affrontano percorsi di transizione. Tuttavia, il tema della partecipazione infantile a discussioni sull’identità di genere solleva interrogativi e preoccupazioni su diversi fronti.

Inclusione o promozione ideologica?

Mentre il concetto di inclusione è universalmente accettato come un valore positivo, l’attenzione si sposta su come questo tipo di iniziative possa in realtà rappresentare una forma di promozione ideologica “mascherata” da educazione. Esplorare temi complessi come l’identità di genere in età infantile può risultare prematuro, considerando lo stadio di sviluppo psicologico dei bambini.

Infatti, alcuni critici sostengono che un approccio troppo precoce potrebbe non solo confondere i bambini, ma anche imporre loro etichette e concetti che non sono ancora pronti a comprendere appieno.

Non sottovalutiamo la delicatezza dello sviluppo infantile. L’identità di genere comincia a formarsi a un’età precoce, intorno ai 3-4 anni, ma è altrettanto vero che i bambini non hanno ancora raggiunto una maturità cognitiva sufficiente per afferrare i concetti di identità o transizione in maniera consapevole. È qui che il rischio di confusione diventa tangibile. Il percorso di auto-conoscenza di un bambino è naturale e richiede tempo per essere definito, senza pressioni esterne che potrebbero distorcere questo processo.

Scoprire o decidere?

È importante fare una distinzione chiave: un bambino non “decide” di essere transgender, ma piuttosto inizia a scoprire il proprio sé. Tuttavia, questa scoperta può essere complicata da influenze esterne e, secondo alcuni critici, dall’enfasi esagerata posta sulle questioni di genere in un’età così giovane. In un contesto in cui la cultura Lgbtq+ è spesso (e diciamolo, sempre più) al centro del dibattito pubblico, c’è il timore che si possa indurre una confusione in bambini che, in altri tempi, avrebbero attraversato il normale percorso di esplorazione della propria identità senza doversi confrontare con questioni così specifiche e complesse.

Siamo certi che l’introduzione precoce di questi concetti sia realmente benefica per tutti i bambini, o non sia meglio lasciare che la loro crescita e il loro sviluppo si svolgano in maniera più naturale, senza forzature? In molti Paesi, infatti, la cosiddetta “teoria woke“, che ha sostenuto queste iniziative, è oggetto di revisioni critiche. L’Italia sembra invece perseguirla con un fervore crescente con il rischio di danneggiare i più vulnerabili.

Tutelare i bambini

Da liberale ritengo la libertà un principio inalienabile ma altrettanto ritengo che detto principio non debba ledere la libertà e gli interessi altrui. In particolare dei bambini, che per definizione non hanno capacità cognitive sufficienti per difendersi da soli. Ed è lo Stato in primis a doverli tutelare.

Un bambino non ha capacità di discernere in termini di appartenenza di genere. Ovvio che la famiglia abbia un ruolo importante. Ma in questo caso, che potrebbe essere un precedente di ulteriori iniziative in questa direzione, è proprio nella famiglia e nei bambini che si potrebbero creare, nel tempo, danni irreversibili.

Esperti del settore, a livello mondiale, avvertono il rischio e fanno marcia indietro, noi che facciamo? Diamo spazio e voce ad un progetto “ludico e creativo” diretto da una dottoressa di cui neppure si conosce il curriculum? Ma veramente vogliamo mettere qualcosa di delicato in mano a chi non ha la capacità di gestirlo?