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Il 4 marzo si vota anche in Svizzera: ecco come funzionano lo stato e la democrazia in un paese Federalista

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In Svizzera il 4 marzo si svolgeranno due votazioni per cambiare la Costituzione. Si tratta:

1) Di un “referendum obbligatorio” su un decreto approvato il 16 giugno 2017 dalle due Camere riunite in assemblea. I due terzi dei soldi che oggi incassa la Confederazione (da qui in avanti la chiamo “lo Stato”, così è più chiaro) sono generati dall’IVA e da una “imposta federale diretta sui redditi”. Le entrate totali dello Stato Svizzero nel 2015 sono state 67,58 miliardi di franchi, di cui 43 generati da IVA (per la maggior parte dei beni l’IVA è dell’8 per cento) e dalla imposta sui redditi, che è dell’8,5 per cento sugli utili delle imprese, mentre i redditi delle persone fisiche sono tassati con una aliquota progressiva che arriva al massimo all’11,5 per cento. Il diritto dello Stato di incassare questi soldi è previsto nella Costituzione, ma non è eterno. C’è un limite temporale che i Cantoni e i cittadini svizzeri rinnovano periodicamente. L’ultimo rinnovo (se non sbaglio era il nono) copriva il periodo dal 2007 al 2020. Dunque lo Stato Svizzero fino al 2020 ha il diritto di incassare questi quattrini, ma se tra dieci giorni i cittadini e i Cantoni non approveranno il nuovo prolungamento dell’attuale ordinamento finanziario , che è previsto fino al 2035 dal decreto oggetto del “referendum obbligatorio” del 4 marzo, lo Stato Svizzero dal primo gennaio 2021 non incasserà più né l’IVA né l’imposta federale sui redditi. Lo Stato perderebbe in questo modo circa il 63% delle sue entrate.

Il decreto delle due Camere sarà sicuramente approvato, ma io trovo fantastico che siano i cittadini a decidere quanti soldi dare allo Stato perché svolga i compiti che gli enti territoriali (i Cantoni) gli delegano. Questo è importante: non dimentichiamo che in quel fortunato paese la sovranità non è dello Stato centrale ma è degli enti territoriali. Sono loro, i Cantoni, i titolari della sovranità. Non lo Stato! E sono loro che decidono quali compiti delegare allo Stato, che in questo modo non è un “padreterno contro natura” come da noi, ma è al servizio degli enti territoriali e svolge i compiti che gli vengono delegati. Ho scritto sopra che nel 2015 tutte le entrate dello Stato Svizzero sono state di 67,58 miliardi di franchi. Ebbene, questa cifra il nostro paese la spende per pagare… 267 giorni di interessi passivi sul debito pubblico! E per favore non venite a dirmi che “la Svizzera è piccola”. La Svizzera è grande il doppio della Lombardia e più o meno abbiamo gli stessi abitanti: quindi io la situazione della Lombardia la confronto con la Svizzera. Ed è per questo che spero che Fontana, Gori e gli altri futuri consiglieri della Regione Lombardia dopo il 4 marzo lavorino assieme per i cittadini invece di perdere tempo ed energie in assurde “lotte”, polemiche e dispetti. Il Federalismo è anche questo: “diversi” che lavorano assieme per realizzare un obiettivo comune. Questa è un’altra delle cose che dovremmo imparare dai nostri vicini rossocrociati. Oggi i membri del governo della Svizzera rappresentano i quattro partiti maggiormente votati alle ultime elezioni: l’UDC (Unione democratica di centro, che alle ultime elezioni ha ottenuto il 29 per cento), il PS (Partito socialista svizzero, 19 per cento), il PLR (i liberali radicali, 16 per cento) e il PPD (il Partito popolare democratico, 12 per cento). In totale: 76 per cento. Noi perdiamo tempo a blaterare di “inciuci” mentre il paese cola a picco, loro, pur essendo diversissimi tra di loro, lavorano assieme per i cittadini!

2) Di una “iniziativa popolare”* per cambiare l’articolo 93 della Costituzione. Si tratta non solo di abolire il canone radiotelevisivo di 451 franchi che oggi si paga in Svizzera ma anche di modificare l’articolo 93 della Costituzione (“Radiotelevisione”) in modo che lo Stato non sovvenzioni alcuna emittente radiotelevisiva, non gestisca emittenti proprie e metta all’asta le concessioni. I giovani liberali che hanno raccolto le 100.000 firme necessarie per mettere in votazione questo cambiamento della Costituzione ritiene: a) che oggi, grazie al canone, la SSR (Società Svizzera di Radiotelevisione) gode di una posizione privilegiata e ostacola le emittenti private; e che b) l’abolizione del canone consentirebbe una concorrenza più leale. Il canone di 451 franchi corrisponde a circa 390 euro, è senz’altro il più alto d’Europa, ed è necessario perché si tratta di rispettare quattro lingue (Tedesco, Francese, Italiano e Romancio) e più di quattro differenti culture, storie e tradizioni. Il Governo e le due Camere del Parlamento raccomandano di respingere questa rivoluzionaria iniziativa popolare, ma il voto del Parlamento non è stato alla unanimità. Infatti il Consiglio Nazionale ha respinto l’iniziativa con 129 voti, contro 33 favorevoli e 32 astensioni, mentre il Consiglio degli Stati ovviamente ha decisamente respinto l’iniziativa dei giovani liberali con 41 voti contro 2 favorevoli e 1 astensione. Credo che questa iniziativa popolare il 4 marzo sarà respinta, ma siamo abbastanza sul filo di lana. E’ interessante vedere gli argomenti a favore e quelli contrari.

Il comitato di iniziativa dice, tra le altre cose: 1) Se il canone venisse abolito, nelle tasche delle famiglie resterebbero ogni anno 451 franchi in più da spendere liberamente. 2) L’abolizione del canone stimolerebbe l’economia svizzera perché il potere d’acquisto aumenterebbe di 1,37 miliardi di franchi all’anno. 3) L’eliminazione del canone genererebbe una SSR (Società Svizzera di Radiotelevisione) libera e indipendente, perché attualmente è il Governo che stabilisce l’importo del canone e che nomina direttamente alcuni membri del consiglio d’amministrazione della società. C’è dunque, a giudizio dei giovani liberali, un rapporto di dipendenza “malsano” tra la SSR e lo Stato. Abolire il canone obbligatorio significherebbe consentire a una SSR libera di esercitare il proprio ruolo di “quarto potere” e di seguire con occhio critico l’operato della potente classe politica senza dover temere di perdere una grossa fetta delle proprie entrate. 4) La gestione dei proventi del canone oggi è una responsabilità dello Stato e i cittadini che hanno raccolto le firme di questa iniziativa popolare considerano spropositati certi stipendi. Per esempio, quello del direttore generale della SSR di 536.314 franchi nel 2016 (circa 465 mila euro). Con linguaggio poco “svizzero” leggo dichiarazioni di questo tenore: “E’ ora di dire basta a questo furto ai danni del Popolo”.

Alcuni degli argomenti per il “no” del Governo invece sono questi: 1) “L’iniziativa esige il passaggio a un sistema di finanziamento della radio e televisione puramente commerciale. Buona parte dell’attuale offerta, tuttavia, non può finanziarsi esclusivamente sul mercato. L’iniziativa minaccia la sopravvivenza della SSR come pure di numerose altre emittenti radiotelevisive e condurrebbe a un significativo impoverimento dell’offerta: molte trasmissioni sulla Svizzera scomparirebbero”. 2) “La SSR e le radio locali e tv regionali con partecipazione al canone offrono al pubblico di tutte le quattro regioni linguistiche un’ampia gamma di trasmissioni e danno spazio alle varie opinioni. Senza il canone, questa offerta verrebbe drasticamente ridotta. In un Paese a democrazia diretta come la Svizzera un’informazione pluralistica ed equivalente in tutte le regioni è invece essenziale per la formazione delle opinioni; è un servizio prestato ai cittadini e un utile riferimento. 3) Più è piccolo il mercato, tanto più pesanti sarebbero le ripercussioni della eliminazione del canone. Le regioni periferiche verrebbero tagliate fuori, poiché il loro pubblico e i loro introiti pubblicitari non basterebbero a coprire gli elevati costi fissi di produzione delle trasmissioni. 4) Se l’iniziativa venisse accettata e si passasse a un sistema di finanziamento puramente commerciale, il grado di dipendenza da finanziatori privati e gruppi imprenditoriali esteri aumenterebbe, e con esso il pericolo di ingerenze politiche. 5) La Svizzera sarebbe il primo Paese in Europa ad abolire il servizio pubblico nel settore della radio e della televisione. Promuovendo un orientamento esclusivo al mercato, l’iniziativa accetta l’eventualità che la qualità diminuisca e che si produca soltanto ciò che è redditizio. Si assisterebbe così a uno smantellamento dell’offerta contrario allo spirito Federale della Svizzera, che è quello di garantire a tutte le lingue un’offerta equivalente.

* Ricordo che dal 1891 gli aventi diritto di voto possono chiedere di sottoporre a votazione popolare una loro proposta di modifica della Costituzione. Per la riuscita formale di una “iniziativa popolare” sono necessarie le firme di 100 mila aventi diritto di voto, raccolte entro il termine di 18 mesi. Il Consiglio federale (vale a dire il Governo) e il Parlamento raccomandano di accettarla o di respingerla. E poi si vota. Le “iniziative” non sono emanate dal Parlamento o dal Governo, ma dai cittadini. Sono un elemento motore della democrazia diretta. Con l’iniziativa popolare i cittadini possono chiedere una modifica della Costituzione, non però di una legge. Per approvare nuove leggi o per modificarle ci sono i “referendum facoltativi”, per i quali bastano 50 mila firme. Questi referendum facoltativi valgono anche per i trattati internazionali. Le 50 mila firme devono essere raccolte in 100 giorni. Per la validità delle votazione basta la maggioranza semplice, senza quorum. I referendum facoltativi sono stati introdotti nel 1874.

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