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A Conte non conviene compiacersi dei sondaggi, la popolarità di oggi potrebbe rivelarsi effimera

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Gli italiani non hanno ancora visto un euro. E tale è la confusione, l’incertezza, che la Fase 2 sembra far paura quasi quanto il lockdown

Pare che a livello di popolarità e gradimento il premier Giuseppe Conte stia guidando la classifica dei leader politici italiani, mentre sul fronte dei partiti non si assiste al momento a grandi stravolgimenti, a parte la renziana Italia Viva che scende per alcuni istituti addirittura sotto il 3 per cento. Questo è perlomeno il quadro generale che emerge dai sondaggi più recenti. Il consenso per il premier, se naturalmente può far piacere a chi simpatizza per questo governo o comunque lo vede come l’unica soluzione possibile in questa stagione politica, lascia perplessi tutti gli oppositori e i critici della maggioranza giallo-rossa, ma esiste un’interpretazione logica di tutto ciò. I sondaggi non sono certo infallibili, ma ammettiamo pure che il premier Conte stia davvero piacendo a molti italiani. Ebbene, il coronavirus rappresenta uno tsunami di proporzioni tali da aver spaventato e spaventare ancora moltissimo l’intero Paese a livello sanitario, da un punto di vista economico-sociale e sul piano delle libertà personali, perciò un popolo comprensibilmente impaurito può stringersi attorno alla guida politica del momento, qualunque essa sia, attribuendo importanza ad una sola cosa, ovvero che la tempesta passi presto e si possa tornare alla normalità. Se si è stremati dopo un viaggio sfortunato in treno o in aereo, magari costellato da ritardi e cancellazioni, e si deve fare ancora un pezzetto di strada prima di rientrare a casa, non interessa chi sia l’autista dell’eventuale taxi o autobus, perché ciò che preme è raggiungere l’agognata meta. Le crisi più devastanti, siano esse sanitarie, economiche o pericolose per la sicurezza nazionale, possono travolgere i governi in carica oppure rafforzarli, sebbene la maggiore autorevolezza possa essere in molti casi di breve durata. L’eventuale fiducia in Giuseppe Conte può essere interpretata soltanto attraverso il clima di emergenza e la voglia degli italiani di riprendersi la loro vita, anche perché sarebbe difficile trovare delle spiegazioni in risultati concreti e soprattutto positivi. Se il governo degli aperitivi e degli abbracci ai cinesi, invece di deriderle o considerarle razziste, avesse accolto subito le proposte dei governatori di Lombardia e Veneto (controlli ai passeggeri, anche italiani, dei voli provenienti dalla Cina e quarantene), probabilmente il virus sarebbe entrato comunque in Italia, ma oggi elencheremmo molti meno contagiati e, soprattutto, meno morti.

Oltre alle numerose conferenze stampa e dirette Facebook del premier, non c’è un orizzonte, una certezza per famiglie ed imprese al collasso, le quali peraltro vengono informate da Conte di importanti stanziamenti di denaro, la cosiddetta “potenza di fuoco”, ma continuano a non ricevere un centesimo. È così palese l’assenza di un piano per la ripartenza, nonostante le mille task force messe in piedi, che la Fase 2 sembra far paura quasi quanto il lockdown. Il governo è arrivato tardi sul contenimento del contagio e continua ad essere in ritardo nelle misure per contrastare la crisi economica e per riavviare il Paese. A Conte non conviene crogiolarsi più di tanto nei sondaggi, perché la popolarità di oggi potrebbe rivelarsi effimera in un tempo molto breve, e c’è una ragione se si parla di governi di unità nazionale, di Draghi o di Colao. Qualcuno, non si sa se lo stesso Conte o i consiglieri a lui più vicini, sembra essere tentato dal fondare il partito del premier, magari ispirato da qualche sondaggio benevolo. Suggeriamo di non fantasticare troppo, di ricordare l’esperienza politica di Mario Monti. Anche l’attuale senatore a vita ottenne inizialmente una qualche fiducia, perché ci si voleva liberare in qualche modo della crisi finanziaria, ma il suo partito, quella Scelta Civica oggi defunta, non riuscì nemmeno a ritagliarsi un ruolo da terzo polo.