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A Salvini un “invito” a farsi da parte. Per chiamare la Troika, bisogna prima assicurarsi un’opposizione fantoccio…

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Che ha scritto Mieli? Che ha lasciato scrivere Giorgetti? Cosa può fare Salvini? La forza elettorale della destra è intatta. Nonostante mesi di fandonie di Stato sul Recovery Fund. Ma, “di qui alla primavera prossima”, la bolla del Recovery Fund sarà scoppiata e così lor signori chiameranno la Troika. Solo, per farlo hanno bisogno di coinvolgere l’opposizione di destra dalla forza elettorale intatta. E perché? La risposta è facile: lorsignori hanno bisogno di un regime politico sostanzialmente autoritario, privo di opposizione… Conseguentemente, Salvini è pregato di fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea. In cambio lo candidano sindaco di Milano… Ma se Salvini non ci casca?

Giovedì pomeriggio, Paolo Mieli ha rilasciato una curiosa intervista all’Huffington Post. Riassumibile in queste sue parole: “se c’è la seconda guerra mondiale e l’Europa cambia fra il 1939 e il 1945, uno che nel 1945 si riaffacciasse con le stesse convinzioni che aveva nel ’39, non sarebbe coerente ma solo stupido”.

In ordine, [1] la guerra mondiale, Mieli: “questo anno del Covid è stato un Big Bang che cambia la storia, che la cambia in modo radicale, come Pearl Harbor, il dicembre del ’41, le Torri Gemelle. Sono quegli eventi imprevisti che cambiano la storia”. In che senso? [2] L’Europa è cambiata, Mieli: “nei cambiamenti l’Europa è un soggetto che cambia radicalmente, cioè da matrigna che sorveglia col dito indice alzato i conti dei Paesi che a essa aderiscono ed è diventata invece una specie di zattera – non di più, eh – dove ci si rifugia e a cui si guarda senza ostilità”. La zattera. Conseguentemente, [3] Salvini deve cambiare convinzioni: “bisogna fare una rivoluzione … dentro un contesto di rivoluzione culturale … devono fare una rivoluzione culturale … sennò inseguire i miti che hanno inseguito quest’anno, che furono i miti dell’estate del 2019, non servirà a niente … cambiare radicalmente l’atteggiamento nei confronti dell’Europa”. La rivoluzione. Anzi, [4] se non lo fa, Salvini è uno stupido: “la via su cui si sono incamminati è una via di dissipazione”, nel senso di fare la fine di Renzi, “la politica è una cosa complessa, ha i suoi tempi e come acciuffi un’occasione di vittoria allo stesso modo la perdi … L’elettorato è stato fin troppo generoso, alla lunga se la destra non cambia si genererà sconcerto ad esempio per un partito, la Lega, che si presenta come il partito dell’avventura. E quando il mondo è in emergenza, nessuno si fa affascinare in maniera definitiva dall’avventura”. L’avventura.

A suo onore, Mieli, non ventila al povero Salvini disgrazie giudiziarie, non è un Claudio Tito qualunque. Ne parla solo perché sollecitato dall’intervistatrice e come di un rischio generale della politica; lo difende, addirittura: “a Salvini gli capita una clamorosa ingiustizia, che viene trascinato a processo senza che il capo del governo a nome del quale si muoveva nelle scelte che ha fatto sia neanche lambito dalle stesse accuse”. Però, non è Meloni che a Mieli interessa: “guardando i numeri, Salvini, è a lui che tocca. La Meloni in alcune sfumature sembra più cauta e Salvini più radicale, ma al momento l’idea di un centrodestra guidato da altri che non siano Salvini non ci credo”; mentre: “di Berlusconi non parlo perché è ridotto ai minimi termini”. Salvini.

Quindi è Salvini, a dover fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea.

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Va bene ma, concretamente? “Viene prima il cambiamento di cui parla Giorgetti”. Il quale Giorgetti, in effetti la mattina stessa aveva consegnato a Verderami un attacco all’arma bianca alla delegazione della Lega al Parlamento europeo, con la scusa di “non aver votato la mozione contro il dittatore Lukashenko”, piuttosto comica al tempo in cui la Germania completa indefessa Nord Stream 2; scusa che Mieli pure, accodandosi, richiama: “che senso ha, ce lo hanno mai spiegato i leghisti, spingersi in putinismo fino a quel punto?”. Poi, però, Giorgetti aveva pure aggiunto (in un vigolettato): “se vorremo in futuro governare, Matteo dovrà incontrare Draghi e poi chiedere l’iscrizione al Ppe”; ciò che Mieli riprende solo in parte: “devono … definirsi con un partito che chieda l’iscrizione al Partito popolare europeo”, omettendo Mario Draghi.

A compenso di tale vistosa omissione, Mieli introduce due elementi: al principio della rivoluzione, Salvini dovrà aver agito “eliminando i personaggi che sono i più connotati da quelle politiche anti-europee” e, portatala a compimento, potrà finalmente eliminare pure se stesso: “Salvini e Meloni dovrebbero candidarsi rispettivamente a sindaco di Milano e sindaco di Roma”.

Quindi, Salvini deve fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea e potersi candidare a sindaco di Milano. Ciumbia!

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Il lettore si interroga, non può essere tutto qui, dev’esserci dell’altro. Beh, sì, anzitutto uno scenario politico del tutto incongruente con quanto sopra. [1] Mieli non blatera di una sconfitta della destra alle elezioni di domenica, anzi: “hanno un patrimonio elettorale quasi intatto, non hanno perso e non sono stati sconfitti”, “la destra italiana non è stata sgominata”. [2] Eppoi, “questa legislatura potrebbe saltare per aria per un incidente, anzi, penso che sia probabile che di qui alla primavera prossima salti per aria per un imprevisto, un incidente (…) ritengo probabile un accidente, uno di quelli che cambiano la storia”. Insomma, si chiede il lettore, se la forza elettorale della destra è intatta, a Salvini basterebbe mettersi cheto sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere della maggioranza, no?

Eh beh, no. Perché “di qui alla primavera prossima” non ci aspetta un incidente qualunque, bensì “un accidente di quelli che cambiano la storia”. Mamma mia, e che può essere? Mieli non lo dice, ma lo bisbiglia. [1] L’Europa sarebbe “un’entità che lascia liberi i Paesi di spendere i propri soldi ed eventualmente gliene dona anche una parte”: cioè ha sospeso l’applicazione del Fiscal Compact, fatto; e in futuro farà il Recovery Fund, ma solo “eventualmente”. Il lettore noterà l’eleganza con la quale il gran Direttore ci sta facendo sapere che il Recovery Fund è una bufala: non esiste oppure, se esiste, è una mera partita di giro che non serve ad alcunché. [2] Sul Mes, cioè la Troika, “è triste … vedere loro [i leghisti, ndr] che spalleggiano l’ala più dura dei 5 stelle. Quelle erano idee che erano nate prima del Covid e che ora meriterebbero di essere riviste”. Qui l’elegante Mieli si fa sfrontato: vuole il Mes. Ma già i lettori di Atlantico lo sanno: il vero piano di lorsignori è accedere al Mes-Sanitario, per farsi poi traghettare nel Full-Mes e lì chiedere accesso al programma OMT. [3] “Il clima perché avvenga” la conversione di Salvini, è “quello da unità nazionale”; cioè, a chiamare la Troika servono i voti della Lega … detto così, papale papale.

Insomma, la forza elettorale della destra è intatta. Nonostante mesi di fandonie di Stato sul Recovery Fund. Ma, “di qui alla primavera prossima”, la bolla del Recovery Fund sarà scoppiata e così lorsignori chiameranno la Troika. Solo, per farlo hanno bisogno di coinvolgere l’opposizione di destra dalla forza elettorale intatta. Conseguentemente, Salvini è pregato di fare una rivoluzione, abbandonando la strada dell’avventura, per raggiungere la zattera europea. In cambio lo candidano sindaco di Milano. Ecco cosa ha detto Mieli.

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Vediamo pure i non detto: perché, per chiamare la Troika, lorsignori hanno bisogno di allontanare Salvini da Roma? Evidentemente vogliono recare la sua testa in dono agli Europei, alla maniera di Tolomeo XIII Filopàtore con la testa di Pompeo Magno. E perché, per chiamare la Troika, lorsignori hanno bisogno di coinvolgere l’opposizione di destra? La risposta è facile: non si può imporre la ristrutturazione del debito pubblico, quindi il bail-in di massa, in presenza di una opposizione politica forte ed organizzata, dotata dei menzionati “personaggi che sono i più connotati da quelle politiche anti-europee”. Per farlo, lorsignori hanno bisogno di un regime politico sostanzialmente autoritario: privo di opposizione. It’s as simple as that.

Giorgetti, lui, si distingue da Mieli per aver suggerito a Salvini di accordarsi con Draghi. Solo per evitargli il rimpatrio a Milano? Forse sì, visto che, su La Repubblica di venerdì, ha dichiarato: “il lockdown ha cambiato l’Europa” e crede al Recovery Fund, addirittura. Oppure perché Draghi gli ha detto di vederla diversamente, magari alla maniera del governatore della Banca d’Olanda? Ah, saperlo … Un ultimo dubbio: e se Salvini non ci casca? Se Salvini non ci cascasse, allora niente Troika: giunto “di qui alla primavera prossima” l’“accidente, uno di quelli che cambiano la storia”, la legislatura provvederebbe finalmente a “saltare per aria”, un nuovo governo di destra (chissà pure a guida Draghi) gestirebbe il controllo movimenti dei capitali, l’Italia liberata sarebbe saziata. Incidentalmente, la sua testa non farebbe la fine di quella di Pompeo. Beato l’uomo che persevera nella prova.