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Al via il 6 Nazioni: quando gli Azzurri ribaltarono la Common Law

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Stadio di Twickenham, Londra, domenica 26 febbraio 2017: in campo i padroni di casa inglesi affrontano l’Italia nella terza giornata del 6 Nations, alla quale gli Azzurri sono arrivati con una pressione particolare. Le dure sconfitte nei turni precedenti hanno riacceso il dibattito sull’ipotesi che possano giocare o meno nel torneo e i quotidiani britannici sono stati i primi a sollevare dubbi, mentre nell’ambiente rugbistico si millantano voci su un ritorno alle vecchia formula (5 Nazioni) o sull’ingresso di un avversario più competitivo, suggerendo la Georgia. Sembra una sfida da dentro o fuori che l’Italia perderà poi 36-16, ma facendo sbiancare l’Inghilterra per tutto il primo tempo con una trovata regolamentare.
La leggenda vuole che il rugby sia nato nel college dell’omonima cittadina del Warwickshire nel 1823 per l’estro dello studente William Webb Ellis che durante un incontro di football afferrò la palla con le mani e si mise a correre. Da lì la palla ovale si è evoluta e si è data dei codici che regolano le partite, aggiornati soprattutto negli ultimi anni per renderlo più veloce e più appetibile per le tv e più sicuro per chi lo pratica, cercando di porre un freno agli infortuni gravi, specie dalle spalle in su, anche alla luce degli impegni sempre più frequenti e prolungati. Ma l’essenza del gioco, al di là della retorica promozionale, è rimasta intatta, nonostante qualche polemica e qualche atteggiamento che i puristi non digeriscono da parte di giocatori, arbitri e dei tifosi stessi (in Galles hanno minacciato di levare la birra dal Principality Stadium perché i match della nazionale erano diventati una scusa per ubriacarsi e diventare molesti).

Così, regolamento alla mano, lo scorso 26 febbraio lo staff degli Azzurri si è inventato ciò che in realtà un’invenzione non era: ha interpretato diversamente dal solito la regola che contraddistingue la ruck, la fase di gioco in cui il possesso è conteso tra le squadre dopo che un uomo è stato placcato e portato a terra. La difesa italiana invece di impiegare alcuni giocatori nella contesa – cosa che avrebbe a quel punto tracciato un’immaginaria linea del fuorigioco – si schiera fuori dal raggruppamento consentendo così al proprio mediano di andare a mettere pressione direttamente sull’avversario pronto a far girare nuovamente la palla raccolta dal terreno. Gli inglesi perdono il bandolo della matassa, si lamentano con il fischietto francese Romain Poite che li invita a prenderne atto: non c’è alcuna infrazione e se non capite come comportarvi, chiedete alla vostra panchina (video).
Usi e tradizioni salde come un pilone che vengono ribaltate da un peschino, la Common Law del rugby stravolta dall’arrangiamento – legale – di chi se la ride in tribuna tra i componenti dello staff italiano: è Mike Catt, ex giocatore della nazionale inglese chiamato a dirigere l’attacco dall’irlandese Conor O’Shea dopo essere stato nominato c.t. dalla Federugby. L’idea del trabocchetto è da attribuire a lui e al collega che si occupa precisamente della difesa azzurra, il sudafricano Brendan Venter, volpone della tattica che già aveva utilizzato questo stratagemma quando allenava i London Saracens. Britannici o simili che fregano britannici: non poteva essere altrimenti.

Il coach inglese, Eddie Jones, un tipo dal curriculum ineccepibile e in grado di portare il Giappone a battere il Sud Africa nel Mondiale 2015, abilissimo nella battaglia psicologica pre-partita e nel gestire le comunicazioni con i media, a fine incontro è scuro in volto: questo non è rugby, afferma, provando così a distrarre stampa e sostenitori dall’opaca prestazione dei suoi con l’alibi nella strategia italiana, ma a questo giro non gli riesce granché.
Domenica Italia e Inghilterra si ritrovano all’Olimpico nella prima giornata del 6N 2018: Jones ha già detto che la sua nazionale si presenta con molti infortuni, mettendo a modo suo le mani avanti (i cambi non sono da meno rispetto ai titolari assenti) e spostando la pressione sull’Italia di O’Shea chiamata a darsi una forma ed una sostanza, soprattutto quest’anno che la Scozia, spesso indicata come rivale diretta per spartirsi il Cucchiaio di legno, si presenta con un gruppo cresciuto notevolmente in termini di gioco. Difficile attendersi una nuova mossa che stravolga le usanze del gioco, ma dopotutto un precedente c’è stato. Attendiamo.

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