Al voto! Al voto! Al voto! Senza tanti giri di parole, senza trucchetti di convenienza, senza sbattere in faccia al popolo l’ennesima certificazione di quanto poco esso conti. Per quanto la maggior parte degli italiani abbia dimostrato ultimamente poca prudenza e scarso giudizio critico nel scegliersi i rappresentanti al Parlamento, la via maestra è quella, almeno in democrazia. E, invece, cosa accade? Che proprio quelli che finora ci hanno fatto la morale con le insopprimibili esigenze della democrazia, con relativa e periodica attribuzione o ritiro della tessera di “buon democratico”, stanno letteralmente facendo di tutto per impedire l’esercizio del primo e più determinante strumento dello Stato democratico, ossia il voto.
Ciò che sgomenta è l’analisi che, con sfacciataggine e presunzione di avere a che fare con una massa bovina di inetti, ci stanno proponendo delle motivazioni che giustificherebbero ulteriori ritardi al ritorno alle urne. Taluni affermano tranquillamente che votare adesso vorrebbe dire consegnare l’Italia al centrodestra, come se solo la sinistra fosse legittimata a governare, mentre altri ci riscaldano ulteriormente la pessima minestra con la regola (mai scritta) che sconsiglierebbe di cambiare i comandanti decisori durante una crisi nazionale (ma in questo caso, anche sovranazionale) perché sarebbe sempre dannoso e controproducente. Quelli dimenticano che moltissime volte, ed in tutto il mondo, lo si è fatto addirittura in tempo di guerra o in corrispondenza di gravi calamità e le cose non andarono affatto peggio. Ma se anche non si scomodasse la memoria del generale Diaz, il quale sostituì Cadorna in piena Prima Guerra Mondiale, riscattandoci da Caporetto e portandoci alla vittoria, non si possono sottacere alcune evidenti contraddizioni.
Se molti politici che compongono l’attuale maggioranza parlamentare, per quanto basata su risultati elettorali ampiamente smentiti più volte nelle seguenti tornate amministrative, non intendano presentarsi alla conferma del voto perché temono che vincerebbero “le destre”, per usare un termine caro a comunisti ed intellettuali di sinistra, allora vuol dire che già sanno che la maggioranza degli italiani non è più con loro e proprio in ciò sta il vulnus inferto alla nostra democrazia: si continua pervicacemente a governare pur sapendo di non rappresentare più la volontà della maggioranza degli elettori. Tutto ciò è inammissibile. Avessero almeno la decenza di non dare per scontata la loro sconfitta alle prossime elezioni, con quella minima aliquota di buonafede di chi ancora spera almeno di vincere. No, sanno benissimo che perderanno in modo netto e bruciante ed inscenano ridicoli balletti, giravolte, salti carpiati con avvitamenti vari degni del miglior Klaus Di Biasi dei tempi d’oro. Fossi un direttore di giornale o di rete televisiva, proverei vergogna a confezionare ogni giorno articoli e servizi che vorrebbero spiegare agli italiani l’inspiegabile e l’inammissibile. Basta prenderci per i fondelli!
A completare il quadro dello spettacolo indecoroso che stiamo offrendo al mondo, si aggiunga che la riduzione del numero dei parlamentari (questa sì che è stata un’enorme sciocchezza votata recentemente dalla maggioranza degli elettori) sta scatenando l’incatenamento alla poltrona di intere schiere di inetti senza mestiere alcuno e senza provate capacità professionali, i quali, mandati a casa col voto, tornerebbero ad essere dei perfetti “signori nessuno”, con la non trascurabile aggravante del non potere più contare sul lauto stipendio attuale. Mutui, mogli esigenti, figli spendaccioni, e mettiamoci pure lo stile di vita del parlamentare, che non è certo da spesa al discount… A tanta, verificabile, miseria si somma la cifra della massa dei renitenti al voto, alla faccia della democrazia e del buonsenso.
Ammettessero di farlo per il loro personale interesse, potrebbero almeno guadagnarsi il grado di caporale, risicato sul campo della minima coerenza, ma invece no: pretendono di presentarsi pure da generali e salvatori della Patria. Premesso che la Patria si salva benissimo da sola, perché è un ideale e costoro fin troppo fatti di fisicità, non salveranno un bel niente, condannandoci, al contrario, alla incessante trasmutazione da stato di diritto a confusa entità geografica, dove il primo che passa può comandare e fare a pezzi secoli di regole e tradizioni che mettevano la politica ben sopra al mercato delle vacche ed al postribolo.
In quest’ultimo processo degenerativo, tuttavia, non possiamo non recitare un qualche mea culpa. Abbiamo fortemente voluto smontare i privilegi dei politici (che peraltro costavano all’erario meno di un decimo di qualunque scemenza, più o meno a rotelle, di uno degli attuali ministri fai-da-te; abbiamo dichiarato guerra alle auto blu (senza minimamente far caso a chi vi fosse seduto dentro); abbiamo fortemente voluto fuori dal Parlamento le categorie degli avvocati, dei professori, dei ricconi (che di solito non hanno bisogno di rubacchiare); abbiamo gridato a squarciagola che esperienza di vita, nel proprio lavoro, conoscenza della sintassi e della grammatica non contano nulla, che basta l’onestah. Ebbene, questi sono i risultati. Addio ai bei tempi in cui un politico fattosi da parte o non rieletto tornava serenamente alle sue occupazioni precedenti senza che questo significasse una rovina per la sua famiglia. Di tutto ciò abbiamo una gran colpa pure noi, perché lo abbiamo voluto, ed il solo pensiero è sconfortante. Quali altre prove vogliamo di averlo costruito con le nostre manine questo mostro politico che ci sta portando a conseguenze estreme?
A proposito di estremi: fame, mancanza di lavoro, mancanza di serenità per il futuro e paura sono i componenti di un cocktail mortale, che peraltro mai abbiamo assaggiato negli ultimi secoli trascorsi. Possibile che nessuno metta in conto quale potrebbe essere la conseguenza dell’assunzione continua di questa bevanda? Non sarà mica che qualcuno pensi di mitridatizzarci a piccoli sorsi quotidiani per portarci al punto di non sapere nemmeno più cosa stiamo bevendo… Invece che discettare sul peso del debito pubblico che lasceremo ai nostri figli, si preoccupino piuttosto dei debiti che le persone oneste e volenterose si accollano ogni giorno già oggi, e non fra qualche anno, e si preparino a reazioni anche scomposte ed esagerate da parte di chi la ragione l’abbia persa.
La storia offre precisi avvertimenti che un decisore ha l’obbligo giuridico ed il dovere civile di considerare, prima che sia troppo tardi. Oltretutto, questa non è gente che, qualora occorra, sappia affrontare con risolutezza, competenza ed esperienza un grosso casino che possa scoppiare nel Paese. Ce lo dimostrano ogni giorno. Rimetterebbero tutto a posto coi loro commissari estemporanei, come quelli visti finora? Che Dio ce la mandi buona, anche se sarebbe giustificato a punirci per avere convintamente votato molti di loro e per esserci preoccupati più di quello che faceva Trump che di quello che c’imponeva un presidente del Consiglio non eletto che non fa altro che ripetere che resterà fino al 2023, comunque vadano le cose. Al voto!