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Al voto Kentucky, Louisiana e Mississippi: tre stati nel cuore del Sud scelgono il loro prossimo governatore

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Questo martedì 5 novembre in Kentucky e in Mississippi, il 16 novembre in Louisiana, si terranno le attese elezioni dei governatori del 2019. Una sfida che si gioca tutta nel Sud degli Stati Uniti, il cuore conservatore e repubblicano, negli Stati più “fedeli” ai Repubblicani.

La scorsa edizione, nel 2015, si era chiusa con un sostanziale pareggio: i Democratici strappavano la Louisiana ai Repubblicani, che a loro volta strappavano a questi il Kentucky, e il Mississippi che riconfermava il governatore uscente repubblicano per un altro mandato. Se quattro anni fa i sondaggi registravano un vantaggio dei Democratici (in Kentucky infatti era previsto vincessero loro) quest’anno la partita è tutta all’insegna dell’imprevedibilità, nell’indecisione più totale.

Kentucky

Nel Bluegrass State, o più comunemente noto per essere la patria del pollo fritto (sì, la nota catena di fast food KFC viene proprio da lì), si trova nel centro-sud degli Stati Uniti, tra le Virginie ed il Missouri. Per farsi un’idea delle proporzioni, il Kentucky ha quasi la popolazione del nostro Piemonte, solo immaginatevelo quattro volte più grande.

Il governatore repubblicano uscente Matt Bevin (R) dovrà sfidare per la riconferma il procuratore generale Andy Beshear (D). Queste elezioni arrivano dopo quasi quattro anni di tremendo conflitto tra il governatore repubblicano ed il procuratore democratico (può capitare laddove le due cariche appartengono ad esponenti diversi dei due partiti opposti, ma i due sono particolarmente litigiosi: infatti detengono il record di contrasti).

Bevin e Beshear hanno visioni e proposte ben diverse per il sistema sanitario dello Stato: Bevin vorrebbe imporre dei requisiti basati sull’occupazione lavorativa ai beneficiari di Medicaid, mentre Beshear vorrebbe introdurre delle protezioni sulla base dell’Affordable Care Act. L’istruzione è balzata al centro della scena a seguito di uno sciopero degli insegnanti nella primavera del 2018, che ha chiuso più di venti scuole in tutto lo Stato. Gli insegnanti stavano protestando contro i cambiamenti alle loro pensioni ed in favore del finanziamento dell’istruzione statale.

Alla carica di Lieutenant governor (lett. “tenente o luogotenente governatore” ovvero il “vicegovernatore”) Bevin non ha riconfermato la sua compagna di corsa di quattro anni fa, l’afroamericana Jenean Hampton, optando per il senatore Ralph Alvarado. Beshear ha scelto una vicepreside di liceo.

Questa elezione deciderà dello status di trifecta del Kentucky, che è attualmente repubblicano: ciò significa che sia il Governatore, sia le maggioranze parlamentari, alla Camera come al Senato, sono repubblicane.

Nonostante il Kentucky sia uno stato abbastanza fedele ai Repubblicani dai tempi di Reagan (sebbene abbia votato per Bill Clinton negli anni ’90), e che entrambi i suoi senatori siano repubblicani (Rand Paul ed il capogruppo degli stessi repubblicani al Senato, Mitch McConnell, vengono da qui) prima della vittoria di Bevin nel 2015 i Democratici hanno ricoperto la carica di governatore per sedici dei anni precedenti. Beshear è tra l’altro il figlio dell’ex governatore del Kentucky, Steve Beshear (D), che ha servito per 8 anni, dal 2007 al 2015. L’unico predecessore repubblicano di Bevin in tempi recenti è stato Ernie Fletcher, che ha governato lo Stato dal 2003 al 2007. Nessun governatore repubblicano è poi mai riuscito a farsi rieleggere (dall’abolizione del vincolo di mandato unico, nel 1992).

Le primarie dei repubblicani e dei democratici si sono tenute il 21 maggio e sono state abbastanza combattute. Netta la partecipazione a livello di elettori di quelle democratiche, oltre al fatto che il terzo arrivato tra i repubblicani ha dato il suo endorsement al rivale democratico.

Il repubblicano Bevin punta tutto sul lavoro svolto con il bilancio dello Stato per la sua rielezione, con il quale ha preso un impegno storico per il sistema pensionistico, qui in difficoltà, ed il ripristino della responsabilità fiscale nel governo statale, sulla riforma sanitaria e sul sostegno alle charter schools. Il democratico Beshear ha puntato tutto sull’istruzione pubblica, che dovrebbe essere una priorità per lo Stato, il sostegno ai limiti dei due mandati per tutti gli uffici elettivi e l’aumento dei salari per le famiglie del Kentucky.

Le elezioni per la Camera ed il Senato del Kentucky si terranno l’anno prossimo. Attualmente i Repubblicani hanno la maggioranza in entrambe.

Louisiana

Il Pelican State, la patria del jazz con New Orleans, si trova nel profondo-sud degli Stati Uniti, alla foce del grande fiume Mississippi. La Louisiana è appena poco più popolosa del Kentucky, ma di Piemonti, per rifare l’esempio di prima, ne riusciamo a metterne tranquillamente uno in più (e avanzerebbe ancora dello spazio).

La Louisiana (si può dire) è lo Stato più “europeo” tra quelli degli Stati Uniti: questo perché, oltre a conservare ancora le antiche influenze della colonizzazione francese, è l’unico tra gli Stati federati ad avere un sistema legale che è di “civil law”. Ed è anche l’unico Stato ad avere un sistema per l’elezione del governatore “tutto suo”: dal 1975, infatti, a differenza degli altri che eleggono il governatore prima attraverso un sistema di primarie e poi in un unico election day, in Louisiana si svolge un primo turno, in cui più candidati di entrambi i partiti corrono l’uno contro l’altro (le cd. Jungle Primary) e se nessuno di questi riesce ad avere la maggioranza assoluta, si passa ad un turno di ballottaggio (il cd. Run off) tra i due candidati più votati. Il primo turno si è già svolto il 12 ottobre, il ballottaggio si svolgerà il 16 novembre.

Se negli altri due stati i Democratici giocano all’attacco, è qui che sono in difesa: il governatore democratico uscente, John Bell Edwards (D), dovrà sfidare per la riconferma l’imprenditore Eddie Rispone (R). John Bell Edwards è l’unico governatore democratico nel profondo Sud, ed è anche l’unico democratico che detiene un incarico statale in Louisiana (il vicegovernatore è infatti repubblicano!). Ha sconfitto il senatore David Vitter (R) nel 2015 ed è succeduto a Bobby Jindal (R) all’ufficio di governatore – rompendo così la trifecta repubblicana nello Stato. La Louisiana è passata da una situazione di deficit ad un avanzo di bilancio durante il suo mandato. Ha rivendicato l’aumento dei finanziamenti per le scuole, gli aumenti alla retribuzione degli insegnanti e l’ampliamento di Medicaid. Il repubblicano Eddie Rispone si definisce un “outsider conservatore” ed un artefice di posti di lavoro, portando come prova il suo background come uomo d’affari. Rivendica il sostegno al presidente Donald Trump, che ha ricambiato endorsando sia lui che Ralph Abraham (R) in occasione del primo turno di voto. Rispone ha accusato Edwards di essere un “liberal ed un politico di carriera tassa-e-spendi” e ne ha criticato i risultati in economia, sicurezza, immigrazione ed assistenza sanitaria.

Il portavoce della DGA (la Democratic Governors Association), Jared Leopold, ha dichiarato che il governatore Edwards “è in una posizione favorevole per la rielezione” ed è uno dei governatori più popolari d’America. Il portavoce della Republican Governors Association (RGA), Jon Thompson, ha dichiarato invece che la gara è competitiva, per la “solida tradizione rossa dello stato” unita alla vittoria di 20 punti del presidente Trump nel 2016. La maggioranza dei voti degli elettori è andata ai candidati repubblicani, ma ciò non è sempre univoco nel dare poi al ballottaggio automaticamente la vittoria al candidato repubblicano, anche perché quattro anni fa le divisioni interne allo schieramento conservatore hanno giocato un ruolo decisivo per l’elezione del democratico John Bell Edwards (uno dei candidati repubblicani sconfitti al primo turno diede il suo endorsement proprio a quest’ultimo e venne poi cacciato dal partito).

Nonostante la Louisiana sia uno stato fedele ai repubblicani (ha votato per Eisenhower, Barry Goldwater, Nixon, Reagan e Bush padre – nonostante la deviazione verso Clinton negli anni ’90), ed entrambi i suoi senatori siano repubblicani, bisogna attendere l’inizio del XXI secolo per vedere i Repubblicani saldamente alla guida dello Stato anche a livello locale. Al secondo mandato di Bobby Jindal (R) risale invece la maggioranza repubblicana sia alla Camera che al Senato dello Stato.

La media dei sondaggi indica che la situazione di questa elezione è assolutamente incerta ed imprevedibile. Dopo il primo turno di voto, le agenzie di sondaggi hanno infatti declassato la Louisiana da Lean-dem (probabile vittoria del governatore democratico) a Toss-Up, cioè incertezza su chi può essere il probabile vincitore. E questo apre qualche speranza per Eddie Rispone di riportare la Louisiana ai repubblicani.

Le elezioni governative coincidono in Louisiana anche con le elezioni del Senato e della Camera dello Stato. I repubblicani hanno riconfermato la maggioranza sia alla Camera che al Senato il 12 ottobre, ed anzi, la sfida alla Camera è particolarmente importante in questa occasione, poiché, se i repubblicani vincessero tutti i seggi che sono andati al ballottaggio (sette, dei quali cinque li vedono in vantaggio), il partito arriverebbe a sbloccare la supermajority, quella a prova di veto. I membri del parlamento statale della Louisiana vengono eletti per un mandato di quattro anni, che inizia a mezzogiorno del secondo lunedì del mese di gennaio successivo alla loro elezione. Entrambe le camere hanno dei limiti di mandato, che impediscono a un parlamentare di prestare servizio per più di tre mandati, vale a dire non oltre i dodici anni, nella stessa camera.

Mississippi

Il Magnolia State, noto anche per essere la “patria della musica americana” (il blues è nato qui) si trova anch’esso nel profondo sud degli Stati Uniti, e con la Louisiana pure ci confina. Dei tre è lo stato meno popoloso: ha la stessa popolazione dell’Armenia; ma, per fare un confronto geografico, il Mississippi sarebbe di poco più piccolo della Tunisia.

Il governatore repubblicano uscente Phil Bryantn (R) è in carica dal 2012 e non può più correre per un terzo mandato. A sfidarsi saranno dunque il suo vicegovernatore uscente, Tate Reeves (R), ed il procuratore generale, Jim Hood (D).

Del Mississippi si possono dire tante cose, e certamente che è uno degli Stati più repubblicani d’America. Ma non è sempre stato così, anzi, non molti sanno che prima della famosa “inversione dei poli” (quel fenomeno per il quale i Repubblicani hanno sfondato al Sud mentre i democratici hanno spostato la base del consenso al Nord) il Mississippi era una roccaforte dei Democratici del Sud: non certo di quelli che siamo abituati a sentire oggi scannarsi a colpi di “politically correct” nelle primarie, ma anzi, di quelli che erano favorevoli alla segregazione razziale! I Repubblicani qui non avevano mai toccato palla: bisogna non solo aspettare la fine della segregazione razziale, ma anche che passi il sentimento di “offesa” per il fatto di averla abolita, prima di vedere, con Reagan, il Mississippi transitare verso i Repubblicani per poi, tra gli anni ’90 e i primi anni 2000, vedere dei Repubblicani governare lo stato. Certamente uno tra gli stati più conservatori in America, restio a qualsiasi influenza progressista, anche minima, in Mississippi sono addirittura gli stessi democratici a scappare dal Democratic Party perché “ormai è troppo progressista”: un esempio, tra i tanti, quello della senatrice Cindy Hyde-Smith, ex democratica passata nel 2010 ai Repubblicani per le sue convinzioni conservatrici, e anche la prima donna a rappresentare il Mississippi al Senato americano dal 2018, eletta tra i Repubblicani.

Unica tra quelle degli altri stati, la Costituzione del Mississippi prevede un sistema un po’ diverso per diventare governatore: infatti, un candidato deve ottenere, oltre alla maggioranza nel voto popolare, anche la vittoria nella maggioranza dei distretti elettorali della Camera del Mississippi. Se nessun candidato soddisfa entrambi questi requisiti, è la Camera stessa a sceglie il vincitore (attualmente i Repubblicani ne detengono la maggioranza). I Democratici hanno però opposto recentemente un ricorso per impedire che possa essere applicata questa previsione, che venne inserita nell’attuale Costituzione risalente al 1890, redatta dal Movimento segregazionista. I querelanti sostengono che la disposizione discrimini troppo i candidati neri e che dovrebbe essere abrogata anche sulla base del pregiudizio razziale. La disposizione effettivamente è stata applicata una sola volta, nel 1999: ad avvantaggiarsene fu però il candidato democratico (che fu, tra l’altro, anche l’ultimo).

Dicevamo che il Mississippi è uno degli stati più repubblicani d’America, ed infatti anch’esso è un trifecta repubblicano; tuttavia, il procuratore generale, il democratico Jim Hood, che ricopre la carica dal 2004 ed è l’unico democratico a ricoprire una carica elettiva nell’esecutivo statale, oltre a non aver ancora perso un’elezione, è sceso in campo, rendendo la gara insolitamente competitiva per questo stato. Tate Reeves, dal canto suo, era già stato eletto tesoriere del Mississippi all’età di 29 anni, allora il più giovane degli Stati Uniti, ed è stato anche il primo repubblicano a ricoprire tale incarico nel Mississippi.

Le primarie dei Repubblicani e dei Democratici si sono tenute il 6 agosto. Mentre i Repubblicani hanno dovuto fare un ballottaggio per scegliere infine il vicegovernatore uscente, Tate Reeves (R), come loro candidato, nel campo democratico non c’è stata partita, e Jim Hood ha stravinto la nomination con il 70 per cento (contro altri sette candidati). Le primarie repubblicane sono state comunque le più partecipate a livello di elettori.

Il repubblicano Reeves ha indicato nella creazione di posti di lavoro, nel conservatorismo fiscale, nelle tasse basse e nell’istruzione le sue priorità. Ha rivendicato il suo ruolo in una proposta di riduzione delle imposte sul reddito del 2016, che afferma aver ridotto il tasso di disoccupazione ed aumentato la crescita economica. Netto sostenitore delle istanze pro-life, è stato fin da subito un sostenitore del presidente Donald Trump nel 2016. Il democratico Hood invece si definisce come un “moderato”, pro-armi e pro-life, e dice che la gente ha potuto constatare come lavora per tutti i 16 anni in cui è stato procuratore, e questo darebbe agli elettori repubblicani un’occasione per “sbirciare” dall’altra parte della barricata. Le sue principali priorità saranno la crescita dell’economia, il miglioramento del sistema dell’istruzione pubblica, dell’accesso all’assistenza sanitaria per le persone povere (attraverso l’espansione di Medicaid).

Non serve dire che i due si odiano, e non si sono risparmiati colpi anche bassi: Reeves ha accusato il procuratore di aver abusato del suo ufficio e di aver condotto delle indagini contro di lui in piena campagna elettorale; Hood invece ha replicato al vicegovernatore di aver sostenuto le proposte di legge solamente in base alle priorità politiche dei suoi donatori e di essersi asfaltato la strada nuova nel suo quartiere facendo pressione sulle agenzie del governo.

Le elezioni governative coincidono in Mississippi anche con le elezioni del Senato e della Camera dello stato. I Repubblicani è previsto che riconfermino la maggioranza sia alla Camera che al Senato il 5 novembre. I membri del parlamento statale del Mississippi vengono eletti per un mandato di quattro anni, che inizia il martedì successivo al primo lunedì del mese di gennaio successivo alla loro elezione.

Conclusioni

Ci troviamo di fronte a tre sfide avvincenti a livello locale, anche per l’incertezza dell’esito, che probabilmente scopriremo solo al termine dello spoglio, all’ultimo voto, per il fatto che i Repubblicani, che qui raccolgono consensi importanti quando si tratta di elezioni presidenziali e senatoriali (tutti e tre gli stati esprimono entrambi i loro senatori come repubblicani) a livello locale non appaiono così inattaccabili. Questo anche perché qui, nel Sud, i Democratici non sono come quelli della East e della West Coast, ma molti di loro hanno un solido retroterra conservatore, il che non li rende così invotabili dall’elettorato di questi stati, tradizionalmente tra i più conservatori. Ma è anche il bello della politica americana, dove logiche a livello nazionale si intersecano con logiche a livello locale di cui non sempre è facile prevedere l’esito finale. Può infatti capitare che gli elettori americani votino un governatore espressione di un partito politico, salvo poi votargli una maggioranza parlamentare di segno opposto: il sistema funziona poiché, anche a livello locale, esiste quel sistema di divisione dei poteri che separa nettamente il potere esecutivo da quello legislativo (che negli Usa è molto più accentuato rispetto al Vecchio Continente) per cui i ruoli e le competenze di chi accede ad un ufficio pubblico sono ben delineati e predeterminati, e così anche le responsabilità.

Per chi è più cauto, consigliamo dunque di seguire queste elezioni tenendo presente che i Repubblicani potrebbero non incontrare particolari problemi solo in Mississippi, mentre la battaglia per il Kentucky e la Louisiana è aperta. Per chi invece ama esporsi un po’ di più, potrebbe profilarsi una “tripletta” dei repubblicani, che potrebbero confermarsi in Kentucky e in Mississippi e strappare ai democratici la Louisiana (ma, così anche, al contrario, una cocente sconfitta, che vedrebbero i Democratici affermarsi nuovamente in Louisiana e, anzi, riprendersi il Kentucky).

Per i più “ottimisti” ricordiamo che attualmente la maggioranza dei governatori è repubblicana (27 a 23) – anche se la maggioranza della popolazione americana vive sotto un governatore democratico, vincere nella maggioranza degli stati apre prospettive interessanti, soprattutto per il Senato degli Stati Uniti, dove ogni stato esprime due senatori: ciò mette i repubblicani in evidente vantaggio per il controllo di questa camera. Per i più “pessimisti”, anche la sconfitta dei repubblicani in questi tre stati (nello scenario peggiore) porterebbe ad un sostanziale “pareggio”. I Repubblicani hanno conservato la maggioranza dei governatori fino al 2018, quando hanno cominciato a perdere terreno: questo in virtù del fatto che molti governatori uscenti avevano completato il loro secondo mandato e non potevano dunque ricandidarsi (ad esempio, nei casi di Maine, New Jersey e Nuovo Messico).

Per quanto riguarda la situazione dei trifecta (Governatore, Camera e Senato dello stesso “colore”) i repubblicani anche qui controllano molti più Stati rispetto ai democratici: 22 contro 14. In rapporto alla popolazione di questi stati, emerge che sono in realtà di più gli americani a vivere in stati sotto il controllo completo di un’amministrazione repubblicana rispetto ad una democratica. In sostanza: sono di più i governatori repubblicani che possono contare su una maggioranza parlamentare loro favorevole rispetto ai colleghi democratici, che spesso si trovano a lavorare con una maggioranza parlamentare avversa. I Repubblicani controllano infatti anche la maggior parte delle assemblee legislative a livello statale. Se si sommano quindi gli stati che esprimono maggioranze repubblicane in entrambe le camere del proprio parlamento, l’attuale predominanza dei repubblicani a livello di governi locali è schiacciante (nonostante stiano affrontando un periodo non proprio favorevole per le riconferme dei governatori, dovuto più che altro all’accennato turnover degli uscenti e degli entranti).

In queste elezioni non va comunque sottovalutato l’“effetto Trump”: la presenza in campagna elettorale del presidente si è sempre più spesso rivelata decisiva per determinare l’esito positivo ai Repubblicani nello scenario di un’elezione incerta. A dimostrarlo anche le recenti elezioni speciali del Congresso in North Carolina, dove i due seggi in palio sono andati ai Repubblicani, con buoni margini di vantaggio sugli avversari democratici, anche grazie ad una campagna “a tappeto” e all’endorsement palese del presidente ai candidati del suo partito. Anche stavolta il presidente Donald Trump, abile nel compattare il voto degli elettori repubblicani, potrà giocare un ruolo decisivo?

Ricordiamo infine che in queste elezioni non si vota solamente il governatore (in ticket con il vicegovernatore) ma si votano anche altre figure interessanti degli esecutivi statali, come l’Attorney General, il segretario di Stato, lo State Auditor, il Tresurer e l’Agriculture Commissioner.