Il 9 novembre si è tenuto il Nato Youth Summit, evento destinato a giovani provenienti dai Paesi parte dell’Alleanza Atlantica. Tra i vari spunti interessanti, due cose mi hanno particolarmente colpito: un costante richiamo al cambiamento climatico e all’uguaglianza di genere/promozione della diversità e una frase pronunciata dal segretario di Stato statunitense Mike Pompeo. In particolare, singolare è l’interazione tra i due punti.
Pompeo, nel suo intervento, ha affermato quello che dovrebbe essere l’ovvio ma che sembra sempre meno tale nella realtà attuale: “Analizzate il mondo per quello che è, e non per quello che vorreste fosse”. In sostanza, cercate di non farvi guidare da false ideologie o illusioni ma dalla realtà dei fatti. Difendete principi e valori ma siate anche realisti. Una considerazione che, in altri tempi, sarebbe stata bollata come ovvia, scontata; non dovrebbe certo essere necessario rimarcarla.
In varie circostanze durante l’evento, però, è stato affermato che la minaccia più grande che la Nato – alleanza politico-militare! – si troverà ad affrontare nei prossimi dieci anni è il cambiamento climatico. Non la Cina, non la Russia, non il terrorismo. Non il ritorno della competizione tra grandi potenze, le armi chimico-batteriologiche-nucleari e ipersoniche, le migrazioni incontrollate, la polarizzazione crescente delle nostre società. È il cambiamento climatico che, in alcune dichiarazioni, è emerso come la principale minaccia, o comunque una delle più rilevanti. E non nei prossimi quarant’anni ma nei prossimi dieci.
Inoltre, nell’ambito del sondaggio sottoposto ai partecipanti relativo alle principali sfide alla sicurezza nel 2030 per la Nato – e, sottolineo, per la Nato, non in generale per l’essere umano – le risposte “climate change” e “growing global great power competition” sono risultate appaiate. Ma è realistico pensare che il cambiamento climatico rappresenterà per la Nato una sfida impegnativa tanto quanto quelle poste dalla Cina, dal ritorno della Russia, dall’ascesa di nuovi attori sulla scena globale? Il sospetto che non sarà così non è legato solo alla diversa magnitudine delle sfide in valore assoluto, ma anche relativo: l’Alleanza Atlantica, per sua natura, difficilmente potrà essere il foro prioritario di riferimento per affrontare il cambiamento climatico. Tra l’altro, le sue risorse sono già tutte richieste nel contrastare le minacce più classiche alla sicurezza. Eppure, la percezione sembra essere differente.
In aggiunta a questo, alla domanda su cosa dovrebbero fare gli alleati per assicurare anche in futuro l’efficienza militare della Nato, la risposta “spendere di più nella difesa” è risultata appaiata con “rendere una priorità l’uguaglianza di genere e favorire la diversità nelle Forze Armate” (17 per cento – 15 per cento). Certo, massima rilevanza è stata attribuita al “focalizzarsi sull’applicazione di cyber e nuove tecnologie in ambito militare” (65 per cento), tuttavia è sorprendente rilevare come l’ideologia mainstream impedisca di vedere che l’uguaglianza e la diversità sono importanti ma non possono certo avere una rilevanza pari alla necessità di maggiori investimenti nel comparto difesa, settore che, tra l’altro, in Paesi come l’Italia è fortemente penalizzato. Eppure, a quanto pare, diversità e spesa nella difesa hanno lo stesso peso secondo i giovani selezionati appositamente per l’evento.
Ecco che, allora, l’affermazione di Pompeo assume una certa valenza. Viviamo in un mondo in cui, sempre più, i giovani osservano la realtà attraverso la propria bolla. Nel caso specifico, essi sono costantemente martellati sulla prossima fine del mondo a causa del cambiamento climatico o su quanto ingiustizia e disuguaglianza pervaderebbero le società più eguali mai apparse sul pianeta Terra. Di conseguenza, anche di fronte a minacce alla sicurezza oggettivamente più rilevanti rispetto a cambiamento climatico o gender balance un riflesso incondizionato porta a rispondere in maniera predeterminata. Temo che soltanto un brusco ma prevedibile risveglio sarà ciò che riporterà tutti alla dura realtà.