Allarme anche da Renault: con queste regole idiote chiusura di 10 fabbriche

Con limiti di Co2 attuali e auto elettriche che non si vendono, conto salatissimo per i produttori: fino a 15 miliardi di sanzioni. Zero investimenti o chiusure. Parla il dg De Meo

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“Se l’Europa non rivede le regole, saremo costretti a chiudere fino a 10 fabbriche”. Questo ha dichiarato l’italiano Luca de Meo, direttore generale di Renault e presidente dell’Associazione Costruttori Europei, nell’intervista a BFM Business di lunedì 14 ottobre, durante il Paris Motor Show (“Mondial de l’Auto”), aperto al pubblico fino a domenica 20 ottobre a Parigi.

Cominciamo con il dire che l’intervistatrice francese, Hedwige Chevrillon, pone sempre domande come vorremmo tanto facessero i giornalisti italiani: dirette, dure e senza giri di parole. Ad esempio, intervistando poco prima Carlos Tavares di Stellantis ha chiesto “Come ha fatto a far cadere tutte le teste dei suoi dirigenti ma a salvare la sua?” (al che Tavares ha risposto con un enigmatico “lei pone domande molto esagonali”).

Regole idiote

Noi sappiamo che in realtà neppure la sua testa è salva, visto che John Elkann sta “attivamente cercando(ne) il sostituto”, ma questo è un altro discorso. In ogni caso, poco dopo Tavares ha espresso un parere che è stato poi ripreso da De Meo: “Le regole europee sull’elettrico? sono idiote, ma dobbiamo sopportarle”.

Si riferiva, come poco dopo Luca de Meo, alle norme Corporate Average Fuel Economy (CAFE), nella versione in vigore in Europa. In base a queste, i produttori presenti nel continente dovranno impegnarsi, a partire dal 2025, a non superare gli 81g di emissioni di CO2 per km e per auto venduta. Un vero grattacapo, soprattutto perché se un produttore non rispetta questa quota riceverà una sanzione pecuniaria. Ogni grammo in più, infatti, costerà 95 euro.   

Concretamente, se un produttore vuole compensare per rientrare nella soglia buona, deve vendere un’auto elettrica per ogni quattro auto termiche. Un obiettivo che solo pochi mesi fa sembrava alla portata, con i dati di vendita di allora.

Tuttavia, la situazione sul mercato è cambiata radicalmente. In Francia il calo nell’ultimo semestre relativamente alla vendita di vetture elettriche è dell’11 per cento, ma il fenomeno è esteso all’intera Europa.

Un conto salatissimo

Se l’attuale tendenza continuerà, il conto per i produttori di automobili sarà molto salato. Gli esperti hanno quantificato la somma totale per tutti i produttori in un delta tra i 7,5 e i 15 miliardi di euro. Secondo una simulazione presentata al salone, Renault e Stellantis dovrebbero da sole versare all’Unione europea una somma di un miliardo di euro ciascuna. E questo nel momento in cui massimo è il bisogno di investimenti per fronteggiare l’invasione delle marche cinesi. 

In ogni caso, parlando a nome dell’Associazione Costruttori Europei di cui è presidente, De Meo ha usato il suo consueto tono signorile ed elegante: “Sì, dobbiamo sopportare queste regole europee, ma possiamo anche cercare di cambiarle”.

A suo avviso, le regole sono state pensate in un altro contesto, prima del Covid, basandosi su dati di anche sette anni prima: sulla base delle preoccupazioni ambientali, sono stati richiesti progressivi abbassamenti delle emissioni di CO2 che prevedono la quota zero in tempi troppo rapidi

Ora, però – ha continuato – le condizioni del mercato non ci permettono di rispettare queste regole. Il mercato dell’elettrico, parole di De Meo, sta avanzando alla metà della velocità necessaria per raggiungere gli obiettivi, sia in termini di accettazione da parte dei consumatori sia in termini di capacità di vendere i modelli prodotti. Un modo elegante per dire che i consumatori stanno rifiutando il 100% elettrico.

Mantenere attiva l’industria europea implica dunque continuare a costruire vetture a combustione interna, ha continuato, utilizzando i processi produttivi esistenti: ma ciò comporterebbe il pagamento complessivo di oltre 15 miliardi di euro in ammende all’Ue. Inoltre, per rispettare le regole europee, i produttori tradizionali sarebbero costretti ad acquistare crediti carbonio da Tesla e dai produttori cinesi. Dagli Usa e dalla Cina.

Chiusure necessarie

Un’alternativa esiste, ha fatto capire il dg di Renault: per mantenere intatto il rapporto vetture termiche vs vetture elettriche è sufficiente arrestare la produzione di vetture a combustione interna, anche a fronte di una reale richiesta di mercato. Questa scelta comporterebbe la (inutile) chiusura, a livello europeo, di circa 10 fabbriche. Con relative perdite di posti di lavoro. 

E in ogni caso, se non verrà garantita flessibilità da parte dell’Europa fin da subito, i produttori saranno costretti a rinunciare agli investimenti per poter mettere da parte i soldi necessari a pagare ammende e crediti carbonio.

Sarà in grado l’Europa, la non nazione delle belle anime ecologiste, di capire il messaggio di De Meo?  

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