Caos Mes, ecco perché la lettera del Mef inganna il Parlamento

Tutte le omissioni e affermazioni non veritiere. Ma il ministro Giorgetti ed il suo capo di gabinetto, lo hanno mai letto il nuovo Trattato Mes?

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La lettera del capo di gabinetto del ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti a Giulio Tremonti, presidente della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, avente ad oggetto le interrogazioni 712 De Luca e 722 Marattin, offre uno squarcio sull’abisso in cui tanta parte dell’alta dirigenza repubblicana è sprofondata.

Come vedremo, a redigerla non è stato un economista, ma un tesoriere (piuttosto miope), un europeista (molto entusiasta), un giurista (parecchio impreciso).

Non parla un economista

Anzitutto, non è la lettera di un economista. Complice la domanda vaga del presidente Tremonti: “chiedeva elementi informativi … con particolare riguardo agli effetti diretti e indiretti sulle grandezze di finanza pubblica derivanti dalla ratifica dell’accordo oggetto delle suddette proposte e dall’eventuale attivazione”.

Laddove, non veniva chiesto conto degli effetti sull’economia, ma solo sulla finanza pubblica. Come se il Mef fosse ancora il Ministero del bilancio. Come se il Mef non fosse pure il Ministero dell’economia.

Come se, di una ristrutturazione del Btp, interessassero solo gli effetti sull’ammontare del debito pubblico; non l’esproprio del risparmio, non il conseguente bail-in di massa, non la conseguente crisi economica epocale.

Certo, latu sensu, questi ultimi avrebbero potuto rientrare fra gli effetti indiretti sulle grandezze di finanza pubblica. Ma, né Tremonti ha voluto precisare, né Giorgetti rispondere.

Parla un tesoriere

Non è la lettera di un economista, ma è la lettera di un tesoriere. Non del tesoriere di uno stato, ma di un patrimonio. Citiamo: “non si rinvengono nell’accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio legato a suddetta istituzione”. Intendesi, del rischio di perdere il capitale investito.

A scrivere, è qualcuno che considera il Mes alla stregua di una partecipazione azionaria: si domanda se perderà i soldi investiti, e si risponde di no.

Né potrebbe rispondersi diversamente, visto che il nuovo Trattato prevede l’irrigidimento delle condizioni per l’accesso alle linee precauzionali, così sottoponendo i futuri possibili debitori (inclusa Roma) a condizioni assai più pesanti … il creditore è molto più felice.

Eppoi prevede la facilitazione alla ristrutturazione del debito: col nuovo Trattato, il Mes farà credito a gente con meno debito, poiché i vecchi creditori (famiglie, imprese, banche) saranno stati nel frattempo espropriati. Con grande soddisfazione del nuovo creditore (lo stesso Mes).

Un punto di vista appropriato ad un Paese che certamente non chiederà mai soldi al Mes: l’Olanda, per esempio. Ma che dire del candidato numero uno a chiedere soldi al Mes: l’Italia?

Sottoporre il debitore a condizioni ben più pesanti e magari pure ad una ristrutturazione, aiuterà pure Roma in quanto azionista del Mes per 14 miliardi … ma la danneggerebbe in quanto debitrice del Mes per 400 (o chissà quanti) miliardi. Ci conviene, oh ministro Giorgetti? Quanto fa 400 meno 14? Forse a quelli del Ministero è morta la maestra in seconda elementare.

Parla un europeista

Dopo il tesoriere, parla l’europeista idealista. Livello +Europa: “è possibile che la riforma del Mes, nella misura in cui venga percepita come un segnale di rafforzamento della coesione europea, porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia”.

E qui chiediamo: dove mai si evincerebbe che il nuovo Trattato Mes sia un segnale di rafforzamento della coesione europea?!

Al Ministero, risponderebbero in automatico: backstop bancario. Come se esso non intervenisse solo in ultima istanza, cioè nell’impossibile caso che servano ancora soldi dopo che, di una banca in difficoltà, siano già stati espropriati per intero capitale, obbligazioni e correntisti medio-grandi. Roba che manco al circo. Andiamo avanti.

Il nuovo Trattato trasforma il Mes in un Fondo di Investimento, slegato dalla Commissione. Cioè, distribuisce potere che prima era concentrato: ciò persino a valere nei due momenti decisivi della concessione e della sospensione di una linea di credito. Da una autarchia si passa ad una poliarchia … che è il contrario del rafforzamento della coesione. La coesione diminuisce, non aumenta.

Non è un caso che, fatta la propria professione di fede leuropea, la lettera rifiuti qualunque stima di quantificazione: “quanto questo comporti in termini di possibile riduzione del costo di indebitamento del nostro Paese è, tuttavia, molto difficile da prevedere ex-ante”. E per forza: se coesione equivale a minori interessi, allora il nuovo Trattato che diminuisce la coesione tali interessi li farà aumentare.

Parla un giurista

Dopo il tesoriere e dopo l’europeista idealista, parla un giurista. E le cose si fanno, se possibile, ancor più imbarazzanti. La lettera recita:

Per quanto riguarda gli effetti sulle grandezze di finanza pubblica derivanti dall’eventuale attivazione del supporto finanziario fornito dal MES, occorre precisare che il costo per lo Stato membro beneficiario dell’attivazione dipende da una serie di variabili tra cui: [1] il costo che il Mes sosterrebbe sui mercati per finanziarsi (cost of funding), [2] l’entità della raccolta di capitali operata dal Mes, [3] un insieme di elementi previsti dalle linee guida per la fissazione del costo (pricing) dovuto per l’assistenza finanziaria, [4] il tipo di strumento cui lo Stato membro accederebbe, che sono decise dal Consiglio dei Governatori del Mes.

Tutte cose che la lettera implicitamente afferma non essere conoscibili, ad oggi. E va bene per le prime tre … ma come possa scrivere di non conoscere la quarta, è incomprensibile. Infatti, il tipo di strumento cui l’Italia accederebbe è perfettamente noto: la ECCL, o linea a condizioni rafforzate, quella che include pure la ristrutturazione del debito. Ciò di cui il Ministero avrebbe dovuto informare il Parlamento … e invece non lo fa.

Continua la lettera, “Consiglio dei governatori del Mes, che ha anche la facoltà di modificarle in qualsiasi momento all’unanimità”. E va bene, ma perché non aggiungere che tale modifica dell’Allegato III al nuovo Trattato non sarebbe istantanea, bensì richiederebbe una procedura di ratifica. Quindi, nel caso migliore, molti e molti mesi. Quindi, inattuabile a crisi finanziaria scoppiata. Quindi inutile anche solo da menzionare.

Continua la lettera: “Unico requisito posto dal Trattato che il Mes sia in grado di coprire interamente i costi operativi e di finanziamento sostenuti per ciascuna operazione di sostegno più un margine adeguato”. E qui siamo in presenza di qualcosa di ben più grave: non di una omissione, ma di una affermazione non veritiera.

Come sa chiunque abbia gettato anche solo una occhiata al nuovo Trattato, i requisiti per la concessione di una linea rafforzata (l’unica accessibile all’Italia) sono ben più di uno: sostenibilità del debito, capacità di rimborso del prestito, condizioni politiche, etc, etc, etc. Perché mai il Ministero trasmette al Parlamento delle informazioni non veritiere? Perché mai il Parlamento lo accetta?

Agenzia di rating

V’è, infine, una ultima omissione. La lettera non fa alcun cenno al ruolo di agenzia di rating che il nuovo Trattato assegna al Mes. Con le parole del Servizio Studi del Senato: “tale attività si svolgerebbe in via preventiva, indipendentemente da richieste di sostegno … Rispetto a tali proposte di modifica si segnala che, nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Ue per il 2019, il Governo affermava che ‘l’Italia … si opporrà all’affidamento al Mes di compiti di sorveglianza macroeconomica degli Stati membri’”.

Invece, il Ministero manco lo nota. Veramente strano, visto che pure questa innovazione certamente produrrebbe “effetti diretti e indiretti sulle grandezze di finanza pubblica” … e pure belli grossi. Forse non ne è a conoscenza? Verrebbe da chiedersi: ma il ministro Giorgetti ed il suo capo di gabinetto, lo hanno mai letto il nuovo Trattato Mes?! Sembrerebbe di no.

Conclusioni

Insomma, Giorgetti farebbe bene ad inviare una lettera nuova. Scritta da qualcuno che abbia almeno letto il nuovo Trattato, meglio se assistito da qualcun altro dotato di cognizioni di economia. Con la vecchia lettera, che abbiamo commentato, ci può incartare il pesce.

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