Economia

Come rispondere ai dazi di Trump: è tempo di rifondare il nostro modello economico

La risposta non può limitarsi a negoziati o contro-dazi che rischiano di innescare guerre commerciali. La vera sfida è trasformare questa crisi in opportunità per riequilibrare la nostra economia

Ursula Trump © batak1 tramite Canva.com

La nuova politica commerciale americana, con l’introduzione dei nuovi dazi voluti dal presidente Donald Trump, rappresenta un punto di svolta per l’economia europea che non può più essere ignorato. Non è tempo di recriminazioni o di sterili “l’avevamo detto”, ma di pragmatismo e azione concreta per rifondare un modello economico troppo sbilanciato sulle esportazioni.

La fine di un’era

Per decenni l’Europa ha prosperato grazie a un modello economico fortemente orientato all’export, specialmente verso il mercato americano (ma anche cinese). Germania in testa, l’Unione europea ha costruito la propria forza produttiva sulla capacità di vendere all’estero prodotti di qualità. Questa strategia ha funzionato finché il sistema commerciale globale è rimasto aperto e relativamente privo di barriere.

I nuovi dazi americani segnano però la fine definitiva di questo paradigma. Non si tratta di una semplice turbolenza passeggera, ma di un cambiamento strutturale delle regole del gioco. La risposta non può limitarsi a negoziati diplomatici o contromisure daziarie che rischiano solo di innescare pericolose guerre commerciali.

Riscoprire il mercato interno

La vera sfida per l’Europa è trasformare questo momento di crisi in un’opportunità per riequilibrare la propria economia. Il mercato interno europeo, con i suoi 450 milioni di consumatori, rappresenta una risorsa ancora largamente sottoutilizzata. È qui che dovremmo concentrare i nostri sforzi, creando un ecosistema favorevole alla produzione e all’imprenditoria domestica.

Questo non significa chiudersi al commercio internazionale, ma costruire un’economia più forte, meno vulnerabile agli shock esterni e capace di generare prosperità anche in un contesto globale più frammentato e protezionistico.

Liberare le energie produttive

Per realizzare questa trasformazione servono misure concrete e coraggiose. Lotta senza quartiere al Moloch burocratico europeo. Bruxelles ha generato negli anni un mostro burocratico vorace che divora energia, tempo e risorse delle imprese europee.

Ma l’Italia soffre di un doppio fardello: alla già opprimente burocrazia europea si aggiunge una sotto-burocrazia domestica, un labirinto di norme, regolamenti e adempimenti che spesso vanno oltre quanto richiesto dall’Ue. Ogni direttiva, ogni regolamento, ogni circolare dovrebbe essere valutata con spietato pragmatismo: favorisce o ostacola la creazione di valore? Tutto ciò che non supera questo test va eliminato senza esitazioni o semplificato radicalmente.

Taglio delle tasse a chi crea ricchezza. Il carico fiscale sulle imprese produttive europee è tra i più elevati al mondo. Una riduzione significativa della pressione fiscale su chi investe, assume e produce non è un regalo ai “soliti noti”, ma una necessità vitale per stimolare la crescita interna. Le risorse possono essere recuperate eliminando sprechi nella spesa pubblica e incentivi improduttivi.

Politica industriale moderna. È tempo di superare l’ideologia che vede ogni intervento pubblico come una distorsione del mercato. Serve una politica industriale pragmatica che sostenga i settori strategici, favorisca l’innovazione e garantisca l’autonomia tecnologica dell’Europa.

Investimenti in infrastrutture. Strade, ferrovie, reti energetiche, digitali: un massiccio piano di investimenti in infrastrutture moderne non solo migliorerebbe la competitività del sistema produttivo, ma creerebbe immediatamente lavoro e domanda interna.

Italia alla guida del cambiamento

I dazi di Trump sono il catalizzatore che può finalmente scuotere il Continente dal torpore burocratico. L’Italia, che più di altri ha sperimentato il peso soffocante della doppia burocrazia (europea e nazionale), ha oggi l’opportunità storica di guidare una rivoluzione continentale.

Con il suo patrimonio imprenditoriale e la sua tradizione di creatività, il nostro Paese può e deve farsi promotore di uno smantellamento senza precedenti degli apparati normativi che paralizzano l’Europa. Non è più tempo di mezze misure o di compromessi al ribasso.

Il futuro appartiene a chi avrà il coraggio di liberare le forze produttive dal giogo burocratico. L’Italia può essere l’avanguardia di questa trasformazione, mostrando la via verso un’Europa dove chi crea ricchezza è finalmente libero di prosperare.

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