Ieri, Federico Punzi ha offerto l’inquadramento geopolitico della questione dei “dazi di Trump”. Oggi, cercheremo di offrire un inquadramento negoziale, presentando le categorie di temi delle quali è fatto il confronto commerciale in corso.
A) Gli ostacoli Ue al commercio internazionale
Trump accusa l’Ue di ostacolare il commercio, in sei modi diversi, rispettivamente attraverso:
- barriere tariffarie (dazi veri e propri)
- barriere tariffarie (dazi mascherati)
- barriere non tariffarie (Dop-Economy, animalismo, salutismo)
- barriere non tariffarie (gretinismo)
- politiche economiche mercantiliste (svalutazione interna)
- manipolazione valutaria (moneta unica)
Vediamoli uno per uno. Avendo prima ben sottolineato come si tratti sempre di normative introdotte dall’Ue ben prima dei “dazi di Trump”. A dimostrazione che non è l’Ue a dover rispondere a Trump, bensì Trump ad aver risposto all’Ue.
A.1 Barriere tariffarie (dazi veri e propri)
I dazi di Trump sono barriere tariffarie: tasse alla frontiera. In generale, nel 2023, l’aliquota tariffaria media applicata dall’Ue è stata del 4,1 per cento per i prodotti non agricoli; così dice il Dipartimento del Commercio Usa che la definisce “bassa”.
La lagnanza, semmai, riguarda i prodotti agricoli: in media il 10,8 per cento, ma crescente in funzione del contenuto di proteine e grasso del latte, amido e zucchero (cd Meursing). E ciò solo su quella parte delle produzioni statunitensi che l’Ue accetta di far entrare, molto piccola, come vedremo dappresso.
A.2 Barriere tariffarie (dazi mascherati)
Barriere tariffarie sono pure quei dazi mascherati che l’Ue si è ultimamente inventata: vere e proprie tasse alla frontiera, anche se Bruxelles non lo ammetterebbe manco sotto tortura.
Il principale, di tali dazi mascherati, passa sotto la denominazione di CBAM, (Carbon Border Adjustment Mechanism). Ufficialmente presentato come uno strumento “per incoraggiare una produzione industriale più pulita nei Paesi terzi”; invero tale CBAM costituisce “un prezzo per le emissioni di carbonio incorporate generate nella produzione di determinati beni importati nell’Ue”. Cioè, un dazio.
Noti bene il lettore che, qui, il gretinismo è solo una scusa: la scusa usata da Bruxelles per tassare le importazioni, facendo mostra di non tassarle. Qui è materia di incassare soldi e disincentivare l’import, non di impedirlo.
A.3 Barriere non tariffarie (Dop-Economy, animalismo, salutismo)
L’Ue conosce pure tre categorie di barriere non tariffarie: esse pure volte a limitare le importazioni, ma stavolta semplicemente impedendole. Una prima categoria è quella delle regole d’origine: la Dop-Economy che piace tanto a Mattarella e della quale già abbiamo scritto.
Una seconda categoria è quella del benessere animale. Si va da norme minime sulla protezione delle bestie in allevamento, a norme minime sul loro trasporto, giù giù fino a norme sulla loro tracciabilità. E che l’Ue pretende di applicare pure ai prodotti importati.
Una terza categoria è quella della salute umana ed animale. Ad esempio, i limiti massimi di residui di insetticidi. Ufficialmente volti a proteggere le api, invero destinati a bloccare alla frontiera prodotti agricoli letteralmente da tutto il resto de mondo.
A.4 Barriere non tariffarie (gretinismo)
Una quarta categoria è quella dell’intera legislazione gretina, peraltro in impetuosa crescita. Ex-multis, segnaleremo tre esempi. Il primo esempio, è la normativa Ue sui motori endotermici. Ufficialmente volta a ridurre la Co2, invero essa impedirà l’immatricolazione – quindi, l’importazione – di nuove automobili diesel o benzina, dal 2035.
Il secondo esempio è il regolamento Ue sulla filiera a deforestazione zero (EUDR). Ufficialmente volto a fermare la deforestazione altrui, invero esso sottopone l’importazione di sette prodotti a requisiti (due diligence e tracciabilità, geolocalizzazione e benchmarking) talmente gravosi da renderla diseconomica, quindi di fatto impedirla. E si tratta pure di capitoli importanti della produzione statunitense: carne bovina, soia, legno e prodotti derivati.
Il terzo esempio è la normativa Ue sugli imballaggi. Ufficialmente volta a promuovere l’economia circolare, invero esso impedisce l’ingresso di merce imballata con plastica vergine, ovvero non riesportata post-consumo verso impianti di riciclaggio che seguano essi stessi la norma Ue. Di fatto caricando di nuovi costi l’ingresso di qualunque categoria merceologica, giacché tutto è imballato.
A.5 Politiche economiche mercantiliste (svalutazione interna)
Oltre a barriere tariffarie e non tariffarie, l’Ue conosce pure una particolare forma di politica economica, che pratica da decenni, espressamente volta a disincentivare le importazioni. Cosa significa? Lo ha spiegato Draghi, con parole aventi valore confessorio:
Noi rispondiamo alla crisi finanziaria del 2010, restringendo le regole sul credito bancario più degli Stati Uniti … questa è la prima cosa che è successa. La seconda, noi abbiamo contratto i bilanci pubblici, abbiamo sacrificato la spesa pubblica, abbiamo compresso i nostri salari. Anche perché noi, in quegli anni, pensavamo che eravamo [sic] in competizione con gli altri Paesi europei e, quindi, tenevamo i salari più bassi come uno strumento di concorrenza. Quindi, austerità e salari bassi; e questo ha creato una compressione della domanda.
Ciò che gli americani sanno benissimo. Tanto da aver messo proprio tale politica economica leuropea nel proprio mirino.
A.6 Manipolazione valutaria (moneta unica)
Infine, l’Ue conosce pure una particolare forma di manipolazione valutaria, che si chiama Euro. Manipolatore valutario è quello Stato, il quale manipola il tasso di cambio tra la propria valuta e il dollaro, allo scopo di impedire efficaci aggiustamenti della bilancia dei pagamenti. Il che può essere vero, direttamente od indirettamente: direttamente, nel caso della Cina; indirettamente, nel caso della Germania.
Ciò che spiegò Peter Navarro, già nel lontano 2017: “Lo squilibrio strutturale tedesco nel commercio con il resto dell’Ue e gli Stati Uniti sottolinea l’eterogeneità economica all’interno dell’Ue”; cioè, nei commerci con gli Usa, la enorme distanza fra l’avanzo tedesco di 84 miliardi ed il deficit spagnolo di 2 miliardi.
Eppoi, continuava Navarro, “la Germania continua a sfruttare altri Paesi dell’Ue e gli Stati Uniti con un marco tedesco implicito, grossolanamente sottovalutato”; cioè, la constatazione che un ritorno al marco tedesco comporterebbe un ridimensionamento drammatico dell’avanzo commerciale tedesco, anche verso gli Usa.
B) La risposta leuropea
Come si comprende, i dazi di Trump sono, a tutti gli effetti, contro-dazi: non un’offesa portata, bensì una risposta all’offesa subita. Per evitarli di sicuro, l’Ue dovrebbe 1- togliere i dazi ai prodotti agricoli, 2- abbandonare il CBAM, 3- abbandonare Dop-Economy, animalismo e salutismo, 4- abbandonare il gretinismo, 5- rilanciare la domanda interna, 6- smontare la moneta unica.
Dopodiché, è plausibile che la risposta si articolerà su un terreno intermedio: l’Ue proverà a soddisfare qualcuno dei sei punti. Ma non tutti, almeno non da subito.
B.1 L’approccio Von der Leyen
La prima ad aver parlato è la Von der Leyen, la quale ha sostenuto di non voler affrontare alcuno dei sei punti. Così la baronessa:
Siamo pronti a negoziare con gli Stati Uniti. In effetti, abbiamo offerto tariffe zero-per-zero per i beni industriali, come abbiamo fatto con successo con molti altri partner commerciali.
Risposta certamente del tutto insufficiente, visto che la questione delle barriere tariffarie sui beni non agricoli, è l’unica della quale gli Usa non si lamentano.
B.2 L’approccio Draghi
Il secondo ad aver parlato è Draghi, il quale ha suggerito di soddisfare un solo punto: il rilancio della domanda interna. Così Sua Competenza:
Vorrei fare un punto generale di percorso: siamo sicuri che vogliamo mantenere questo gigantesco surplus con il resto del mondo? O, piuttosto, non è meglio sviluppare la domanda interna, non trascurare le nostre infrastrutture, spendere per la ricerca per l’innovazione, per il clima?
Come si vede, tale proposta contiene una unica concessione (5-rilanciare la domanda interna), ma esplicitamente al prezzo, per Trump, di accettare di continuare a subire parecchio altro (2-CBAM e 4-gretinismo) … ed implicitamente pure tutto il resto. Detto altrimenti, la componente della domanda aggregata che egli propone di lasciar crescere è quella gretina: cioè, quella che serve solo ad aumentare le importazioni dalla Cina, come ha dimostrato l’infame Pnrr.
Risposta certamente del tutto insufficiente, a fronte delle descritte richieste statunitensi.
B.3 L’approccio Meloni – entry position
La terza ad aver parlato è Meloni, la quale par essere disposta a soddisfare molto di più. Per cominciare, facendo propria la proposta di “tariffe zero-per-zero per i beni industriali”, ella si mette in coda alla baronessa.
Risposta del tutto insufficiente, come abbiamo appena detto. Ma talmente insufficiente da sembrare una provocazione: la entry-position italiana, che Meloni porterebbe a Washington il prossimo 17 aprile, solo per farsi rispondere che non basta … e poter tornare in Leuropa con l’elenco di ciò che realmente basterebbe.
B.4 L’approccio Meloni – the real game
All’elenco di ciò che realmente basterebbe, Meloni si è già riferita, facendo tre osservazioni. Anzitutto, chiedendo all’Ue di “rivedere” il Patto di Stabilità. Il che potrebbe parere un modo di mettersi in coda a Sua Competenza. Ma forse solo apparentemente, considerato che sarebbe poi Bce a dover poi finanziare la maggior spesa pubblica e questo i tedeschi non lo accetteranno mai.
Checché continui a fantasticarne Draghi e dimostrando qui come Meloni abbia una consapevolezza monetaria ben superiore a quella del proprio predecessore a Chigi. Perciò, tale proposta potrebbe contenere una importante concessione (6-smontare la moneta unica), da far seguire da una seconda (5-rilanciare la domanda interna).
Eppoi, chiedendo all’Ue di “allargare l’export a nuovi mercati, dal Mercosur al Vietnam, dal Messico all’India”, Meloni da mostra di essere disposta ad aprire i mercati agricoli. Proposta che potrebbe contenere importanti concessioni (1-togliere i dazi ai prodotti agricoli, 3-abbandonare Dop-Economy, animalismo e salutismo).
Infine, chiedendo all’Ue di “rimuovere gli effetti del Green Deal”, Meloni pare disposta alle concessioni più rilevanti (2-abbandonare il CBAM, 4-abbandonare il gretinismo). Alla fine, Meloni sembra stia proponendo di voler venire incontro a Trump su tutto ciò che egli chiede. Sicché, non c’è da stupirsi ella venga ricevuta a Washington: se son rose, fioriranno.
Conclusioni
L’inquadramento negoziale della questione dei “dazi di Trump”, ci ha consentito di comprendere quanto sideralmente distanti siano le posizioni di Bruxelles e Washington. Ma pure quanto vicine siano le posizioni di Washington e Roma.
Alla luce dell’inquadramento geopolitico offerto ieri da Federico Punzi, non possiamo che augurarci – fervidamente e di tutto cuore – che Bruxelles soccomba e che soccomba in fretta. Accendiamo un cero alla Madonna.