Economia

Fusione nucleare: esperimento importante ma lontani da una centrale

Intervista a Umberto Minopoli: energia generata ancora poca per capire se potrà diventare una forma di produzione di elettricità. Non possiamo fermarci in attesa del Santo Gral

Economia

Il 13 dicembre 2022 i ricercatori della National Ignitron Facility del laboratorio statunitense di Livermore hanno annunciato di aver realizzato il primo esperimento di fusione nucleare con un guadagno di energia positivo, “spianando la strada per importanti sviluppi nella difesa nazionale e nella creazione di energia pulita”.

Ovviamente una scoperta “game changing” in grado di supportare gli obiettivi di neutralità carbonica del presidente Biden. Così recita l’annuncio ufficiale.

Fin da piccoli ricordiamo di aver letto che sì, l’energia nucleare odierna (che utilizza la fissione) è importante, ma il vero obiettivo, l’energia senza limiti e senza scorie, è quello della futura fusione nucleare, la stessa utilizzata dalla stella raffigurata nel logo storico dei Verdi.

Abbiamo quindi deciso di approfondire la questione con Umberto Minopoli (con il quale avevamo già parlato di energia nucleare), da sei anni presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, scoprendo numerose cose interessanti che raccontiamo in questa intervista.

La fissione

MARCO HUGO BARSOTTI: Innanzitutto può spiegare in modo semplice la differenza tra fissione e fusione nucleare?

UMBERTO MINOPOLI: Eh eh!! Ma certamente, proviamoci… La fissione è il processo oggi dominante nelle attività di generazione energia. Un nucleo atomico pesante (uranio) viene colpito da neutroni rallentati. In conseguenza si scinde, dando vita a elementi di tipo diverso (di diversa composizione atomica) e nello stesso tempo ad altri neutroni che colpiranno altri nuclei di uranio, determinando la famosa reazione a catena. Questo processo rilascia energia termica, che altre parti del reattore raccolgono per trasformarlo in energia elettrica (facendo bollire acqua che tramite il vapore muove una turbina).

La fusione

La fusione è il processo opposto. In questo caso non abbiamo a che fare con atomi pesanti come l’uranio ma abbiamo a che fare addirittura con i nuclei più leggeri esistenti nella tavola atomica: l’idrogeno e i suoi isotopi (le variazioni di questo). Anche in questo caso si crea energia termica che viene poi utilizzata per la generazione di energia elettrica.

Come avviene il processo? Ci sono attualmente due tecnologie, la prima è detta del “confinamento inerziale”, quella utilizzata appunto nel laboratorio di Livermore. L’altra si chiama del “confinamento magnetico”.

In entrambi i casi l’obiettivo è quello di realizzare in una macchina, un reattore, uno stato di plasma, una conformazione della materia atomica in cui gli atomi non sono più neutri ma separati dai loro elettroni e che in questo modo possono essere sottoposti al condizionamento di correnti elettriche e magnetiche.

In questo stato di plasma degli atomi di idrogeno e dei suoi isotopi (deuterio o trizio) i nuclei sono costretti a muoversi molto velocemente e sono destinati a unirsi tra di loro e fondersi. Questa fusione dà vita ad un gas nobile innocuo – l’elio – ma da soprattutto vita ad un rilascio di energia.

Enorme quantità di energia

La particolarità delle reazioni nucleari è dunque quella di liberare l’enorme contenuto di energia che è contenuto nell’atomo. Enorme perché nel nucleo di un atomo si raccoglie il 90 per cento della massa di un atomo, e noi sappiamo da Einstein che E = mc2, ovvero che la massa è un’altra forma di definizione dell’energia.

L’enorme quantità di energia è evidente se lei pensa che “c” è la velocità della luce, una quantità immensa che viene appunto moltiplicata per la massa nella famosa formula proposta dallo scienziato.

L’energia contenuta nel nucleo di un atomo è enormemente superiore a quella che è liberata dagli altri processi di creazione di energia tradizionali, quali la combustione.

MHB: Forse è proprio questo che spaventa gli oppositori all’utilizzo del nucleare?

UM: Eh, ma io la blocco subito! La grande quantità di energia in pochissimo spazio è data dalla equivalenza di massa e energia, ma questa – come lei immagina – è in tutto ciò che ci circonda. Anche noi stessi siamo fatti di atomi, anche noi abbiamo questa caratteristica.

Saldo positivo, davvero?

MHB: Giusto. Infatti a volte viene da pensare che noi umani siamo o facciamo cose spaventose. Questo esperimento storico… riesce a descriverlo brevemente e spiegarne l’importanza?

UM: Questo particolare esperimento è importante perché si è riusciti a realizzare un guadagno di energia rispetto a quella inserita nel sistema per attivare la reazione. L’esperimento di Livermore conferma che questo è possibile. L’output energetico è stato superiore all’energia generata dai laser per innescare la reazione. È uno straordinario risultato.

MHB: Però Marco Cattaneo, editor in chief di National Geographics e Le Scienze ha osservato che questo risultato “sarebbe epocale se avessimo ottenuto più energia rispetto a quella immessa nel sistema anche considerando quella utilizzata per alimentare i laser”.

In altre parole, se capisco bene, non abbiamo affatto generato energia ma ne abbiamo consumata e il saldo è positivo considerando solo una parte del sistema.

UM: Sì, in effetti è abbastanza intuibile: il risultato fondamentale, in vista della possibilità di trasformare la fusione da esperimento scientifico a fatto energetico utile ci sarà quando a livello delle potenze necessarie per avere un output utilizzabile in forma di energia elettrica, quando avremo la realizzazione pratica di un risultato della fusione nucleare in cui tutta l’energia utilizzata per far funzionare il reattore fornirà un output superiore.

Un esperimento, non una centrale

MHB: Appunto. Quindi non ci siamo ancora.

UM: Nell’esperimento americano siamo ancora al bilancio energetico tra quanto immesso dal laser e quanto creato. Un output positivo che dura pochissimi microsecondi. Siamo a livello di esperimento scientifico, le ricordo, non è una centrale.

Quanta energia si è prodotta

MHB: Chiaro. Proviamo ora a dare un contorno dimensionale alla cosa. Si è parlato di 3,15 megajoule (MJ), ma noi siamo poco abituati a valutare i consumi in joule, piuttosto conosciamo bene i Watt. Riusciamo a parlare in termine di Watt?

UM: Allora, per alimentare i laser si sono immessi 2,05 MJ, ottenendo un risultato di 3,15 MJ. I joule sono come lei sa l’unità di misura del lavoro fatto da una macchina. Siamo dunque lontanissimi dai guadagni che si devono realizzare per poter generare energia elettrica, ma anche lontanissimi dai valori che si renderanno indispensabili per capire se questa fusione potrà diventare una forma utile di generazione di energia.

[Ndr: poiché la risposta era incompleta, ma ce ne siamo accorti solo in fase di trascrizione, proviamo con parole nostre. Il joule come misura di energia corrisponde ad 1 watt/secondo. In altre parole, 1W = 1 J/s.

Come dire che una lampada Led da 10W consuma 10 joule di energia ogni secondo in cui è accesa. Pertanto, visto che i ricercatori di Livermore hanno annunciato di aver prodotto 3,15 MJ utilizzandone 2,05 il risultato netto dovrebbe essere 3,15 – 2.05 = 1,1 MJ, pari a 1,1 MW. Già, ma per quanto tempo?

Nel comunicato stampa non lo abbiamo trovato, ma l’anno scorso lo stesso laboratorio aveva ottenuto un risultato simile per “un cento trilionesimo di secondo”. E poco sopra Minopoli ha parlato di “pochissimi microsecondi”. Ci dovrebbe essere tutto il necessario per capire – ad esempio – quale percentuale della batteria di un iPhone 14 (3280 mAh) si potrebbe caricare con quanto prodotto. Ma occorre trasformare i MW secondo in mAh e lasciamo il compito a chi legge, invitando a scrivere il risultato nei commenti. Ma torniamo all’intervista.]

Lontani dalla produzione di energia

UM: A differenza di quanto si è letto sui giornali personalmente ritengo che gli esperimenti effettuati con l’altra macchina di cui parlavo all’inizio, la Tokamak utilizzata in molte altre parti del mondo, sono più vicini all’obiettivo vero di dimostrare un guadagno energetico.

MHB: Sono concorrenti! O sbaglio?

UM: Beh, in entrambi i casi si tratta di unire gli atomi, superando la barriera di repulsione. Quando le due particelle atomiche si incontrano aumenta la probabilità che si fondano tra loro. Come lei sa la misura di velocità delle particelle è la misura del calore, una temperatura altissima: nei reattori di fusione – entrambe le tecnologie – raggiungiamo i 150 milioni di gradi, superiore a quella presente nel centro del sole.

MHB: Da quanto lei ha spiegato passare dall’esperimento di laboratorio alla creazione di energia sembra un obiettivo molto lontano.

UM: Sì, le due macchine sono entrambe allo stato sperimentale. Devono completare il processo di verifica della fisica della reazione nucleare, la dimostrabilità che l’input di energia sia inferiore all’output energetico. Oggi tutti i reattori di fusione sono impegnati nel completamento del loro esperimento e per ora nessuno ha output positivo facendo il bilancio energetico totale, quindi…

MHB: Ma se lei volesse fare un’ipotesi, una prima piccola centrale nucleare a fusione quando la avremo… tra 10, 100 anni?

UM: Guardi non si tratta tanto di “piccole” centrali: il problema è il vero salto per dimostrare la fattibilità della fusione. Finora in altre parole occorrono sistemi che lavorino ai livelli di potenza utili per generare elettricità. Oggi siamo ancora a pochi joule (sia negli esperimenti inerziali che in quelli magnetici), ma noi dobbiamo puntare ai megawatt.

L’esperimento francese

UM: L’esperimento che si pensa più decisivo è quello per il quale si sta costruendo l’impianto Iter In Francia e che sarà terminato nel 2025, un grandissimo impianto – dove non lavoreremo più pensando ai megajoule, ma pensando ai megawatt.

Il reattore Iter si propone di verificare il guadagno di energia in una scala che è il rapporto tra 50 MW di energia immessa nel sistema per ricavarne 500 MW: un fattore 10. Solo questo valore di scala è considerato utile per generare energia.

Bombe a idrogeno

MHB: Durante la conferenza stampa di annuncio mi ha colpito il fatto che hanno parlato sempre di utilizzi militari e ben poco di quelli civili.

UM: Sì, il confinamento inerziale è nato come tecnologia a uso militare. Lei ha sentito parlare di bombe all’idrogeno, no? Sono le bombe più potenti che esistano. La ricerca è frutto degli studi finalizzati ad obiettivi militari. Infatti questa ricerca ha sofferto dei condizionamenti dell’uso militare. Poi si sono accorti nel corso degli anni che si poteva finalizzare la ricerca anche a scopi civili.

Diversa la situazione per la tecnologia concorrente: il Tokamak è nato subito come una tecnologia assolutamente civile.

Ma stia attento, a Livermore non stanno confezionando nuove bombe: stanno facendo ricerca per usi civili nati come conseguenza dell’investimento precedente nella tecnologia militare.

Oltretutto non ha senso costruire nuove bombe, quelle esistenti sono sufficienti a distruggere tutta la vita sul pianeta più volte. Piuttosto sarebbe interessante convertire l’uso del combustibile contenuto nelle testate ad usi civili. Questa è la vera grande opportunità che abbiamo davanti.

Quattro decenni

MHB: Ultima domanda. Non pensa che questi sviluppi nella fusione, da sempre considerata un’energia veramente pulita (senza scorie eccetera) possa essere utilizzata come scusa da chi è ostile alla rinascita del nucleare (attuale) di cui lei parla spesso?

UM: Sì, è un elemento propagandistico usato da persone che non conoscono lo stato della tecnologia ed i suoi tempi. Non è neppure ancora dimostrata la fattibilità fisica di una creazione di energia nella scala dei megawatt, quella di cui abbiamo parlato.

Addirittura gli stessi sperimentatori di Livermore parlano di quattro decenni. Ma non possiamo fermarci in attesa che arrivi il Santo Gral, dobbiamo fronteggiare subito la straordinaria crisi energetica che stiamo vivendo oggi.