Il caso SVB, la caccia al colpevole e la scelta politica di Biden

Banca lasciata fallire, salvati i correntisti. La gestione Usa del collasso della Silicon Valley Bank dimostra che l’haircut Ue a Cipro non era l’unica via

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“Sono inevitabili misure pesanti e sacrifici diffusi, lo sanno tutti”. Così si espresse un funzionario della Commissione europea annunciando, nel 2013, quello che venne chiamato “haircut”: il prelievo forzoso del 40 per cento dei depositi dei clienti delle banche di Cipro.

Motivo? Occorreva “salvare le banche”, che avevano pensato bene di riempirsi di titoli di Stato emessi dalla Grecia. Le banche, secondo Bce, Commissione, Troika e compagnia non potevano fallire, meglio dunque sottrarre soldi ai loro clienti, i correntisti.

Lo stesso avrebbe potuto accadere a noi italiani, se non avessimo avuto il Draghi del whatever it takes. L’ipotesi non deve sembrare irreale, la abbiamo sentita avanzare da Mario Monti in persona alla tv francese (gli italiani hanno tanti risparmi, giusto che contribuiscano quando necessario a “salvare” il Paese). 

È il caso di ricordare questo episodio oggi, perché la gestione del collasso della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti dimostra che le cose non dovevano andare necessariamente in quel modo. E, per una volta, ci tocca apprezzare le scelte di Joe Biden

Il caso SVB

Riassumiamo succintamente quanto avvenuto alla Silicon Valley Bank, giusto per contestualizzare: tra giovedi 9 e venerdi 10 marzo, in meno di due giorni, la banca ha subito una corsa agli sportelli mortale.

Da qualche giorno, sui social giravano notizie sulle possibili difficoltà dell’istituto: poi giovedì mattina alcuni analisti hanno iniziato a suggerire ai principali clienti di mandare i propri soldi altrove, con il risultato di innescare un rapidissimo “bank run”.

I clienti ritirano o cercano di ritirare in un solo giorno 42 miliardi di dollari. Venerdì mattina la banca, nell’impossibilità di reperire i fondi dei propri clienti non apre neppure e il California Department of Financial Protection prende possesso dell’istituto. In pratica, fallisce.

La trappola dei bond

L’origine del problema è paradossale: la banca era inondata di liquidità. Liquidità fornita dai vari venture capital alle startup, che non avevano praticamente mai bisogno di farsi finanziare dalla banca. La quale decide “to play safe”, di mettere i soldi in un asset sicuro: i bond del governo Usa. Bond a lunga scadenza, anche ventennale.

Lo fa anche sulla base dei forecast (pre-conflitto in Ucraina) della Fed, che non prevedevano sostanziali mutamenti nella politica dei tassi per gli anni a venire. Poi le cose come sapete cambiano, la Fed aumenta i tassi, con la conseguenza che i bond in pancia alla banca perdono valore e non sono più in grado di bilanciare i depositi dei clienti.

Proviamo a fare un esempio portato all’estremo: la banca ha un solo cliente, noi, che due anni fa vi abbiamo depositato i nostri risparmi, 10 mila dollari. Anziché tenerli da parte questi vengono investiti, in questo caso in titoli di Stato Usa, perché così funzionano le banche.

Arriva marzo 2023: chiediamo indietro i nostri 10 mila dollari. Solo che nel frattempo i tassi sono saliti e sono stati emessi altri titoli con rendimenti ben migliori di quelli acquistati con i nostri soldi. Rivendendo i bond di due anni fa, meno convenienti di quelli attuali, la banca riesce a “ricavare” solo, per esempio, 8 mila dollari. Per trovare gli altri 2 mila è costretta a vendere proprie azioni o a indebitarsi.

Ovviamente, se anziché solo noi, la banca avesse altri 100 mila clienti, tutti decisi a recuperare i propri risparmi lo stesso giorno, non ci sarebbe modo di restituire nulla a nessuno. Questo quanto accaduto.

La caccia al colpevole 

A seconda della simpatia per il privato o il pubblico di chi ha commentato abbiamo letto due diverse versioni per il finger pointing, la caccia al colpevole: i manager della banca, rei di aver acquistato titoli di Stato e non aver previsto circostanze che avrebbero potuto indurre la Fed ad alzare i tassi (come hanno fatto altre banche), o la Fed, che con il suo rapido ed eccessivo aumento dei tassi ha causato i problemi a SVB e molte altre banche.

Senza dimenticare la Cnn, che immancabilmente ha trovato in Donald Trump il colpevole. In questo caso, addirittura in base alla sua decisione di non richiedere “stress test” sistematici alle banche con meno di 250 miliardi di dollari di asset.

Una favore agli amici?

Ma il punto che vogliamo evidenziare è un altro, è politico: l’amministrazione Biden ha deciso tramite la FDIC di “make SVB and Signature’s customers whole”: assicurare la disponibilità di tutti i fondi depositati dai clienti. Non appare molto chiaro come, visto che il presidente ha anche annunciato che i contribuenti non saranno penalizzati. Ma il fatto importante è a nostro avviso totalmente politico: la banca non viene salvata, viene lasciata fallire. Ma vengono salvati i suoi correntisti.

Ora è vero, come ben sa chi ha lavorato nella Valley, che con ogni probabilità la grandissima parte dei clienti di SVB era di simpatie “Democrat”: ben pochi, infatti, sono i venture capital di area diversa, anzi a ben vedere e ce ne vengono in mente solo due: il famoso Peter Andreas Thiel e Keith Rabois (che prediligono rispettivamente New York e Austin, in Texas).

Quindi, sì, Biden ha forse fatto un favore agli amici e resta da vedere se avrebbe fatto lo stesso nel caso del collasso di una banca del Texas.

Biden o Bce?

Ma resta il fatto che l’Europa, la nostra Europa ha fatto dieci anni fa una scelta totalmente diversa, favorendo banche e azionisti a scapito dei correntisti. E in questi dieci anni non ci pare ci siano mai stati segni di cambio di strategie.

Anche per questo, indipendentemente dalle amministrazioni in carica, continuiamo a preferire la nazione la cui Costituzione inizia con “We, the people”.

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