Economia

Il lavoro che c’è: cosa manca, la voglia di lavorare, o di assumere?

Ci sono certo i fannulloni, ma tanti disoccupati si “sbattono” tra un colloquio e l’altro trovando niente più che uno sterile “le faremo sapere”

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Una recente indagine del Censis mette in luce che il lavoro c’è e che, invece, a mancare sarebbero i lavoratori volenterosi. C’è da chiedersi come vengano effettuate certe analisi, probabilmente da chi neppure tocca con mano l’argomento, e tantomeno vive le varie situazioni di ricerca lavoro.

Vorrei per un attimo far provare sulla propria pelle cosa significa oggi la frase “Cerco lavoro” in un Paese dove a dettare legge sono cooperative che pagano 6 euro l’ora a tempo determinato, quindi senza alcuna garanzia di futuro, agenzie interinali che praticamente fungono da centri per l’impiego, ormai inesistenti.

Tanti disoccupati, per varie cause, non ultime le chiusure per fallimenti aziendali, si “sbattono” tra un colloquio e l’altro, senza prospettive se non uno sterile “le faremo sapere”. Mi chiedo, e chiedo se mai sia possibile che possa esistere un “mercato” del lavoro florido se le aziende non assumono (pur avendo agevolazioni e caratteristiche del profilo richiesto) e cercano escamotage convenienti perché un dipendente costa troppo.

Ecco quindi le proposte di lavoro: part time, e il resto delle ore “in cache”, contratti a chiamata, quindi “quando ho bisogno corri”, a tempo determinato, con periodi di prova tre mesi, “eventualmente” rinnovabili. E potrei continuare.

Quindi, dove sarebbe questa valanga di posti di lavoro? Lo chiedo al Censis, perché da indagine svolta direttamente non risultano questi successi. Al contrario di ciò che si legge, c’è chi vorrebbe eccome un impiego, ma non lo trova. E non perché non abbia referenze o capacità, anzi!, ma perché oggi si tende a volere “il meglio al meno”. A fare centinaia di selezioni cercando il pelo nell’uovo.

E allora cos’è che manca? La voglia di lavorare, o di assumere? Cosa si può fare concretamente per i tanti giovani e non che sono sull’orlo della disperazione? Non facciamo di qualche erba un fascio. C’è chi è fannullone, ma tanti sono solo desiderosi di indipendenza dallo Stato e dalle famiglie. Specie chi è a casa per cause altrui, e non proprie.

Proponiamo percorsi di reinserimento e formazione, agevolazioni concrete, ingressi finalizzati ad una stabilità. Insomma, basta con questa retorica che manca la voglia e la volontà di lavorare, c’è desiderio di non venire sfruttati e di essere valorizzati. Questo è quanto.

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