Il “pacchetto” di Meloni è quello del FMI, ma Berlino risponderà sempre “Nein”

L’approccio a pacchetto delineato della premier in aula non è quello dei Trattati, né dei tedeschi: stabilità dei prezzi anche a scapito della stabilità finanziaria

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Nel precedente articolo abbiamo offerto una lettura critica di un discorso di Madame Lagarde, pronunciato il 23 giugno a Parigi. Giungendo alla conclusione che Bundesbank abbia inflitto una sconfitta sonora al tentativo francese di usare il gretinismo per cambiare l’interpretazione dei Trattati senza cambiare i Trattati.

Oggi osserveremo le conseguenze di tale sonora sconfitta. Attraverso due discorsi pronunciati il 27 giugno a Sintra: il primo della stessa Lagarde, il secondo della vicedirettrice generale del FMI Gita Gopinath. L’occasione era offerta dal congresso annuale organizzato da Bce, dunque fra le più formali possibili.

Il discorso di Lagarde: Greta non c’è più

Il discorso di Lagarde non fa il minimo cenno al gretinismo in generale: il cosiddetto cambiamento climatico è del tutto assente dal ragionamento, come non esistesse (e, in effetti, non esiste).

Inoltre, esso non fa il minimo cenno ad alcun obiettivo secondario di Bce, tanto meno a quello di “un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”.

Casomai il silenzio non fosse abbastanza assordante, il discorso si conclude con una affermazione perentoria: “la politica monetaria ha attualmente un solo obiettivo: riportare tempestivamente l’inflazione al nostro obiettivo di medio termine del 2 per cento. E ci impegniamo a raggiungere tale obiettivo qualunque cosa accada”. Greta ci ha lasciati. Non la rimpiangeremo.

Le imprese, brutte e cattive

Vediamone le conseguenze. Lagarde comincia prendendo atto dell’esistenza dell’inflazione. La dice causata da “sovrapposti shock inflazionistici, sin dalla fine della pandemia”: non spiega quali, ma in nota lascia un riferimento ad un proprio precedente discorso, nel quale dava la colpa a laqualunque tranne che alla precedente politica monetaria di Bce.

Di tali “shock inflazionistici” hanno profittato le imprese: “hanno reagito al forte aumento dei costi dei fattori di produzione difendendo i propri margini e trasferendo l’aumento dei costi sui consumatori”.

Consumatori che non hanno potuto difendersi, in quanto “le condizioni speciali che abbiamo sperimentato l’anno scorso … hanno dato alle imprese più spazio per testare la domanda dei consumatori con prezzi più alti”.

Ora verrà il turno dei lavoratori i quali, da qui alla fine del 2025, otterranno aumenti salariali tali da compensare l’inflazione. Ma Lagarde pretende ciò accada interamente a spese delle imprese, cioè senza che le imprese possano compensare aumentando ulteriormente i prezzi.

Affinché ciò accada, Bce deve garantire una politica monetaria “che abbassa la domanda aggregata … in modo tale che le imprese non possano continuare” a difendere i propri margini.

Insomma, il nemico sono le imprese, che sono brutte e cattive.

Maledetti balneari

Di tutte, le più brutte e cattive sono le imprese dei servizi: “gli shock di politica monetaria sono trasmessi più rapidamente e con maggior forza al settore manifatturiero, riflettendo la maggiore sensibilità di tale settore ai tassi di interesse, mentre c’è un impatto più contenuto e ritardato sui servizi. La domanda chiave oggi è se il settore dei servizi … sarà isolato dagli effetti dell’inasprimento delle politiche più a lungo rispetto al passato, data la forza di domanda e occupazione nel settore”.

Noti bene il lettore: il problema di Lagarde è che le imprese dei servizi non sono ancora fallite. Lo aveva spiegato pure Draghi, al MIT: Bce continuerà ad aumentare i tassi sino ad ammazzare i settori che ancora non calano (“tassi più elevati stanno ora filtrando attraverso l’economia … tuttavia i servizi e soprattutto il turismo nell’Europa meridionale rimangono forti”). Maledetti balneari: Leuropa avrà il vostro scalpo.

Maledetti proprietari di casa

La seconda categoria di vittime sono le famiglie proprietarie di casa. Esse mostrano una capacità di resistenza altrettanto forte di quella mostrata dal settore dei servizi. Del che, Lagarde esplicitamente si lamenta: “ci vorrà più tempo prima che i cambiamenti di politica monetaria si trasformino in oneri per interessi … poiché una quota maggiore di famiglie ha mutui a tasso fisso, rispetto alla metà degli anni 2000”.

Ma poco male, prima o poi riuscirà a far male pure a loro: “una volta che i mutui saranno stati rivalutati, l’effetto restrittivo può essere maggiore: i rapporti debito/reddito lordo, che indicano la capacità di servizio del debito, sono più alti rispetto ai precedenti cicli di innalzamento dei tassi, mentre la quota di proprietari di case con un mutuo è aumentata”. Maledette famiglie proprietarie: Leuropa vi costringerà a vivere in affitto.

Maledetta manifattura e maledetta edilizia

La categoria di vittime peggio messa è la terza: le imprese di “manifattura e edilizia, che sono più sensibili alle variazioni dei tassi di interesse. Di fronte alla combinazione del calo dei costi dei fattori e della domanda, abbiamo assistito a un marcato rallentamento della crescita dell’utile unitario nel primo trimestre di quest’anno”.

Noti bene il lettore: manifattura e edilizia non sono il problema di Lagarde (perché le imprese di questi settori stanno già fallendo), ma vittime collaterali della caccia al balneare. Le loro sofferenze dureranno “per tutto il tempo necessario … a consentire che si concretizzi il pieno impatto” della politica monetaria restrittiva sulle imprese dei servizi. Dunque, ben oltre il punto di crisi di manifattura e edilizia.

Finché, un giorno, compreremo tutti solo prodotti cinesi e vivremo tutti dentro capanne di paglia. Infine, Leuropa sarà felice.

Il discorso della Gopinath: dello Stato parla il FMI

Sin qui il discorso di Lagarde. Che descrive un mondo nel quale non esiste cambiamento climatico, ma esistono le imprese (manifattura, edilizia e servizi) e le famiglie (lavoratori e consumatori). Un mondo nel quale manca il terzo attore: lo Stato … al quale Lagarde non fa il minimo cenno.

A inserire lo Stato nel ragionamento provvede Gita Gopinath, vicedirettrice generale del FMI. Ella parte da una analisi aderente a quella di Lagarde: perché l’inflazione scenda, le imprese debbono rinunciare ai propri margini, cioè morire.

Ma poi aggiunge che, “per l’Eurozona, una politica monetaria più restrittiva potrebbe anche avere effetti diversi a seconda della giurisdizione, con spread che aumentano maggiormente in alcune economie ad alto debito”. Ciò che Lagarde ha accuratamente taciuto. Ed ecco entrare nel ragionamento il terzo attore che mancava: lo Stato … italiano.

Austerità

Continua la Gopinath, se “le tensioni finanziarie minacciano di trasformarsi in una crisi sistemica … banche, imprese o famiglie insolventi devono essere gestite dai governi e ciò richiederebbe ingenti risorse fiscali”. Ma che accade “quando i governi mancano di spazio fiscale”? Ebbene accade che “le banche centrali … tollerino un ritorno un po’ più lento all’obiettivo di inflazione”.

Il che sarebbe meglio che lasciar fallire i governi, ma comunque male in quanto, così facendo, le banche centrali rischierebbero di commettere lo stesso errore della Fed “quando, a metà degli anni ’60, decise di allentare la propria politica monetaria a causa dei timori di una stretta creditizia, anche se le pressioni inflazionistiche stavano salendo”. Un classico second best.

Perciò, la soluzione migliore è che i governi dell’Eurozona non manchino di spazio fiscale. Il first best. E come si fa? La Gopinath presenta le sette soluzioni del FMI. Le presentiamo in ordine logico.

(1) Nella recessione che sta arrivando, “come minimo, è fondamentale che i governi dell’Eurozona” continuino a ridurre i propri deficit di bilancio secondo quanto previsto prima della recessione. Perciò, “è essenziale e assolutamente necessario garantire percorsi prudenti del debito pubblico, anche portando a termine la riforma” del Patto di Stabilità e Crescita. Non specifica come, ma si sa che il FMI propone una ricetta diversa da quella giustamente difesa dal governo italiano. Ma pure da quell’altra difesa dai tedeschi i quali, dunque, non accetteranno. Palla al centro.

Stabilità finanziaria

Segue quella che al FMI chiamano “stabilità finanziaria”: a Roma avrebbero detto pacchetto per la stabilità finanziaria. La Gopinath lo descrive come “altri passi che Bce e Ue possono fare e che si baserebbero su misure diverse da quelle che queste istituzioni hanno già adottato”.

(2) Per evitare ricapitalizzazioni pubbliche, nella recessione che sta arrivando le banche debbono “rafforzare ulteriormente le riserve di capitale”. Questo è un consiglio routinario … molto più interessanti i seguenti tre.

(3) Se proprio qualche banca dovesse saltare, sarebbe meglio fosse già a disposizione l’assicurazione unica sui depositi (EDIS).

(4) Inoltre, sarebbe meglio aver già riformato la unione bancaria. Già il FMI aveva chiesto di “estendere la portata degli strumenti di risoluzione alle banche più piccole” … quelle escluse per volere del vecchio ministro tedesco Schäuble. La Gopinath insiste sulla necessità di “rendere più flessibile il quadro dell’Ue per la gestione delle crisi e la risoluzione delle banche, possibilmente includendo un’eccezione per il rischio sistemico” … laddove, siccome tale eccezione per le grandissime banche già c’è, la richiesta deve essere intesa come di estensione a tutti gli istituti.

(5) Infine, si dovrebbe “rafforzare le istituzioni pan-europee, come il Mes, che possono fornire un rapido sostegno finanziario agli Stati e al Fondo di risoluzione unico”. Rafforzare il Mes non significa esplicitamente ratificarlo, ma altri testi del FMI consentono di accettare tale interpretazione.

Ciò che la Gopinath non dice, ma già aveva detto il direttore del dipartimento europeo del FMI, Alfred Kammer, è che le ultime tre riforme (EDIS, riforma dell’unione bancaria, ratifica del nuovo trattato Mes) debbono andare insieme: “è un pacchetto di tre, il Nuovo Trattato Mes è uno di loro, tutti e tre sono importanti per completare l’unione bancaria”.

Chi scrive non è affatto contento di tale approccio, considerando che il nuovo Trattato Mes non andrebbe comunque ratificato, a causa delle troppo grandi oscenità in esso contenute. Ma deve comunque ammettere che i tedeschi non accetteranno mai né EDIS, né riforma dell’unione bancaria. Dunque, il pacchetto per la stabilità finanziaria del FMI potrebbe anche essere un fin de non-recevoir: un modo per propiziare il Nein di Berlino. Nel qual caso, ritireremmo le nostre umili obiezioni.

Altri cazzabubboli

(6) Poi, Leuropa deve fare “progressi nella Capital Markets Union” (CMU). Un cazzabubbolo leuropeo evergreen. Come l’araba fenice: che vi sia, ciascun lo dice, cosa sia, nessun lo sa. Qui avranno riso pure a Bruxelles.

(7) Infine, Bce deve attivare il TPI. Come la Gopinath non sapesse che, ad una richiesta di attivazione, Bce risponderebbe contro-proponendo di attivare lo OMT. Per la semplice ragione che quest’ultimo è subordinato ad un programma del Mes (aka Troika), che (secondo il nuovo Trattato) includerebbe una mega-patrimoniale sui conti correnti e/o una ristrutturazione del Btp, cioè il fallimento delle banche, cioè un bailin di massa. Berlino non accetterebbe nulla di meno.

Stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria

Insomma, il FMI ha il merito di aver introdotto lo Stato nel mondo descritto da Lagarde, con costrutto conoscitivo. Giungendo a definire un insieme di proposte che, almeno, ha il pregio di avere un senso compiuto.

L’aspetto curioso è che tale insieme di proposte somiglia a quanto abbozzato da Giorgia Meloni in Parlamento, in vista del vertice Ue del 29 e 30 giugno: “non reputo utile all’Italia alimentare, in questa fase, una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il Mes … un approccio a pacchetto, nel quale le regole del patto di stabilità, il completamento dell’unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutano nel loro complesso, nel rispetto del nostro interesse nazionale”. Tale somiglianza lascia sospettare da dove venga la inaspettata forza negoziale di Meloni, da dove i suggeritori.

Purtroppissimo, i tedeschi sembrano non sentirci. Sicché (continua la Gopinath) se le tensioni finanziarie si trasformeranno in una crisi sistemica, a Bce non resterà che “tollerare un ritorno un po’ più lento all’obiettivo di inflazione”.

Ma, pure qui, i tedeschi sembrano non sentirci. Deve rendersene conto pure il FMI, visto che la morale del discorso è che: “le tensioni finanziarie potrebbero rendere difficile bilanciare la stabilità di prezzi e finanziaria”.

Cosa dicono i Trattati

Quanto difficile, però, neppure il FMI sembra rendersi conto. Visto che la Gopinath attribuisce a Bce “obiettivi di stabilità finanziaria e dei prezzi”. Mentre le cose non stanno proprio così: nei Trattati e nello Statuto di Bce, la stabilità dei prezzi prevale sulla stabilità finanziaria.

Più precisamente, Bce ha la funzione di assicurare che sia assolto il compito di contribuire ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la stabilità del sistema finanziario, agendo in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse, rispettando i principi direttivi di prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile, con l’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi.

Assegnare a Bce il compito di contribuire alla stabilità finanziaria, significa che il sistema finanziario può essere pure instabile e che, quindi, esistano dei rischi sistemici. Così definiti nel regolamento 1092/2010, istitutivo del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS): “un rischio di perturbazione del sistema finanziario che può avere gravi conseguenze negative per il mercato interno e l’economia reale”. Nonché dal regolamento 2019/2176: “un rischio di perturbazione del sistema finanziario che può avere gravi conseguenze negative per l’economia reale dell’Unione o di uno o più dei suoi Stati membri e per il funzionamento del mercato interno”.

Sempre, la instabilità finanziaria deve minacciare il funzionamento del mercato interno, sennò non è affare dell’Unione. Infatti, l’appiglio giuridico che legittima l’esistenza del CERS è un articolo generale che prevede che la Ue possa adottare le misure necessarie “per la realizzazione degli obiettivi dell’articolo 26” (114 Tfeu), cioè “le misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno” (26 Tfeu, C-66/04, C-217/04).

La stabilità dei prezzi prevale sulla stabilità finanziaria

Che accade quando l’obiettivo della stabilità dei prezzi può essere perseguito solo al prezzo di accettare la instabilità del sistema finanziario? Ebbene, ciò che accade è che la stabilità del sistema finanziario deve, senz’altro, soccombere. In altri termini, pur di perseguire l’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi, Bce dovrà rinunciare a perseguire il compito di contribuire ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la stabilità del sistema finanziario.

Ed è per questo che Bce non ha il compito diretto di condurre politiche di stabilità del sistema finanziario, bensì solo di contribuire ad una loro buona conduzione: compito che essa svolge prendendo parte alle riunioni del detto CERS, il cui fine è “prevenire o attenuare” i rischi sistemici (altrimenti detta, vigilanza macroprudenziale) … non curarli.

Ed è per questo che l’attività del CERS è limitata alla emissione di segnalazioni e raccomandazioni, al servizio della Unione (Consiglio dell’Ue, Commissione Ue e rispettive autorità) e degli Stati membri (e rispettive autorità), che poi prendono eventuali decisioni.

I precedenti di Grecia e Cipro

Tanto è vero che Bce non intervenne nemmeno nei due casi particolarmente notevoli di Cipro e Grecia. Se avesse continuato a comprare titoli ciprioti e greci, avrebbe ottenuto la stabilità finanziaria dell’Unione. Ma Bce non ha il potere di agire per la stabilità finanziaria (bensì solo di contribuire ad una buona conduzione). Se pure lo avesse fatto, avrebbe compromesso l’obiettivo della stabilità dei prezzi. Perciò non lo fece, non poteva farlo, glielo impedivano i Trattati.

Avrebbe potuto agire Bruxelles. Infatti, le due crisi avevano manifestamente avuto “gravi conseguenze negative per l’economia reale dell’Unione”. Ma Bruxelles preferì definirle come crisi esclusivamente dei due sistemi finanziari nazionali, con ciò scaricando la responsabilità della azione sui due governi nazionali interessati.

I quali resistevano, probabilmente sperando di forzare Bce a mettersi a comprare. Tant’è vero che, per convincerli, se per Cipro bastò il consenso della Commissione e la non-opposizione di Bce, per la Grecia fu necessario trapelasse la sollecitazione informale di Bce.

Così, fu formalmente di propria iniziativa che Nicosia ed Atene imposero il controllo movimenti capitali: “al fine di prevenire il significativo rischio di un incontrollabile deflusso di depositi, che porterebbe al collasso degli istituti di credito e al rischio immediato di completa destabilizzazione del sistema finanziario di Cipro” e, per la Grecia, “il mantenimento della stabilità finanziaria è la sfida principale e immediata per il Paese”.

In tal modo creando un importante precedente: il controllo movimenti capitali è strumento di stabilità finanziaria lecito; attivabile dai governi nazionali; non confliggente né con l’obiettivo della stabilità dei prezzi, né con il funzionamento del mercato interno. Piuttosto che compromettere l’obiettivo della stabilità dei prezzi, Bce deve accettare il controllo movimenti capitali.

Alla fine, tutti rispettarono i Trattati. E i Trattati non sono cambiati.

Conclusioni

Allora, chi ha ragione: Lagarde che allo Stato non fa il minimo cenno? o il FMI che inserisce lo Stato nel ragionamento? In un mondo normale, avrebbe ragione il secondo. Ma non nel magico mondo de Leuro. Nel magico mondo de Leuro, vigono i Trattati. E i Trattati fanno come se lo Stato non ci fosse. Dunque, ha ragione Lagarde e il FMI ha torto.

Nel magico mondo de Leuro, tutto ciò che Bce può fare, è attendere serenamente che le tensioni finanziarie si trasformino in crisi sistemica, per poi lasciare che i Paesi impongano il controllo movimenti capitali. A norma dei Trattati.

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