Il lettore ricorderà Wolfgang Schäuble, onnipotente ministro delle finanze tedesco dal 2009 al 2017, poi presidente del Bundestag sino al 2021, infine protettore di Fredrich Merz, l’oppositore interno che ha preso il posto della ex cancelliera Angela Merkel come capo del partito democristiano tedesco.
“La reputazione della Germania è gravemente danneggiata”
Recentemente, Schäuble ha concesso un’intervista, ad Handelsblatt. Il punto di partenza è questo: “non dobbiamo girarci intorno: il fatto è che la reputazione della Germania è gravemente danneggiata”.
E spiega: “Dovremmo comportarci in modo meno arrogante e più credibile … come cancelliere, devi mostrare leadership e responsabilità. Ciò significa … non andare avanti da soli senza coordinamento”. Laddove l’enfasi è sul coordinamento. Secondo lui: la Germania sbaglia quando agisce da sola, non sbaglia quando si tira dietro gli altri.
Si badi bene: il punto è il metodo, non il merito. Per spiegarlo, Schäuble fa tre esempi di “errori”, che egli considera tali per aver Berlino agito da sola, isolatamente: con una Alleingang, come si dice in tedesco.
(1) Nord Stream 2
Primo esempio: “abbiamo provato a far passare il Nord Stream 2 contro tutti gli altri europei e contro gli americani”.
Nel merito, Schäuble non ammette alcuna colpa personale. Anzi, asserisce di aver “sempre considerato che Nord Stream 1 e 2 fossero sbagliati”. E scarica la responsabilità su Merkel, implicitamente quando la accusa di non aver condiviso l’atto di dolore, già offerto dalla ex segretaria della CDU Kramp-Karrenbauer. Pur scusandola, in ragione di una asseritamente sopravvenuta assenza di “razionalità” in Putin.
Tale citazione di Merkel ha fatto particolare rumore, ed è l’unico passaggio dell’intervista riportato nelle sintesi dei grandi quotidiani, per esempio FAZ, Welt, Corriere, Spiegel. Ma, invero, è solo un modo – per Schäuble – di scaricare parte delle responsabilità proprie personali, tenendo indebitamente lustra la memoria della propria carriera politica.
L’unica colpa che Schäuble ammette, è nel metodo: non esser riuscito a convincere gli altri Stati, in particolare i polacchi. Cioè, di aver agito isolatamente. Cioè, un errore di metodo.
(2) L’accordo Ue-Cina
Secondo esempio: a Merkel, sembrava “imperativo che l’accordo Ue-Cina entrasse in vigore due settimane prima che Joe Biden si fosse insediato, piuttosto che aspettare e discuterne con lui”.
Il riferimento è al 30 dicembre 2020, quando Merkel e Macron presenziarono ad una famigerata cerimonia telematica con Von der Leyen, Michel e Xi Jinping. Fra le proteste della amministrazione Biden che stava entrando.
Pure qui, Schäuble non ammette alcuna colpa personale. Anzitutto, dei molti episodi che hanno costruito la comunanza sino-tedesca lungo tutti gli anni nei quali lui stesso era saldamente al governo … di tutti questi episodi, guarda caso, egli ne sceglie uno risalente a quando ormai era fuori dal governo e presiedeva il Bundestag.
In secondo luogo, è come se accusasse Xi Jinping della stessa asseritamente sopravvenuta assenza di razionalità, della quale già aveva accusato Putin: “la grande forza dei cinesi era la loro pazienza … Xi Jinping ormai ha cambiato approccio, vuole a tutti i costi espandere il potere della Cina durante la propria vita. Corre il rischio di reagire in modo eccessivo”.
Ma, nel merito, Schäuble non si lamenta di tali specifiche scelte tedesche. L’affermazione avremmo dovuto aspettare che Joe Biden si insediasse e discuterne con lui significa solo che Berlino avrebbe dovuto convincere Washington. Non cambiare la propria posizione.
Per la seconda volta, l’errore che egli denuncia è di aver agito isolatamente. Cioè, un errore di metodo.
(3) Francia
Terzo esempio: “su molte questioni avremmo dovuto essere più generosi con i nostri partner europei, soprattutto con la Francia”.
Specifica quattro punti di frizione: la politica energetica, la politica verso la Cina, la unione fiscale, l’esercito europeo. Dei primi due ha già parlato. Quindi si concentra sui due restanti.
Dice: “Macron avrebbe gradito una risposta del governo tedesco alla sua iniziativa politica europea nel 2017. Quella ce la siamo lasciati sfuggire”. Il riferimento è al gran discorso di Macrone, alla Sorbona il 26 settembre 2017. Nel quale egli aveva chiesto, appunto, la unione fiscale, l’esercito europeo.
Alla prima, la Berlino di Merkel e Schäuble aveva risposto Nein e costretto Macron a subire la dichiarazione di Meseberg del 19 giugno 2018: un compromesso umiliante, che conteneva quanto di peggio l’austerità fiscale teutonica abbia saputo concepire, non ultimo i punti cardine dell’orrido Nuovo Trattato MES.
Alla seconda, Merkel e Schäuble avevano risposto firmando un nugolo di dichiarazioni di intenti, concernenti lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma. Che avrebbero dovuto essere franco-tedeschi. Salvo che, in tutti questi anni, sostanzialmente non se ne è fatto niente e oggi, regnante il cancelliere Scholz, la Welt può oggi chiosare che “sono finiti in un fiasco”.
Di tali specifiche scelte tedesche, Schäuble non si lamenta. Certo, fa mostra di voler rilanciare, ma lo fa tirando in ballo argomenti francamente provocatori. Il primo, “costruire una capacità di difesa europea, della quale Germania, Francia e Polonia su un piano di parità prenderebbero la guida” … laddove la Polonia è l’alleato di ferro degli Usa, ovvero l’antitesi dell’esercito europeo che Parigi vuole.
La seconda, l’acquisizione dell’arma nucleare francese: “potremmo offrire ai francesi di finanziare parte del loro deterrente nucleare, diciamo il 50 per cento più x … l’autorità decisionale rimane a Parigi, integrata nella strategia della Nato” … il che vorrebbe dire sottrarre a Parigi il suo estremo strumento di sovranità.
Come si vede, qui Schäuble non cerca nemmeno di scaricare le responsabilità proprie personali. Anzi, le rivendica. Per lui l’affermazione “avremmo dovuto essere più generosi con la Francia” significa solo che Berlino avrebbe dovuto convincere la Francia. Non cambiare la propria posizione, giammai.
Per la terza volta, l’errore che egli denuncia è di aver agito isolatamente. Cioè, un errore di metodo.
(4) Rifugiati siriani
Segue un quarto esempio: i rifugiati siriani. Dei quali Schäuble è spinto a parlare dall’intervistatore. Risponde: “continuo a pensare che la decisione del 4 settembre [2015, ndr] di far entrare i profughi dall’Ungheria in Germania sia stata quella giusta. Ciò che è mancato nei giorni successivi è stato un chiaro messaggio al mondo: le porte della Germania non sono aperte. Ancora oggi, altri europei ci rimproverano di non aver inviato questi segnali”.
Di nuovo, il contenuto della decisione (cui Schäuble stesso ha preso parte) viene difeso. Mentre ne viene criticata la successiva unilateralità: l’aver Berlino agito da sola, senza tirarsi dietro gli altri, la Alleingang.
Qui il terreno è un poco scivoloso, in quanto pure la prima apertura dei confini fu un atto unilaterale. Infatti Schäuble non ha fatto lui l’esempio e non insiste: gli basta aver tenuto il punto generale.
(5) Grecia
Ma l’esempio più clamoroso è il quinto: la Grecia. Pure di esso Schäuble non intendeva parlare, salvo esservi costretto da una domanda dell’intervistatore. Risponde: “ho sempre avuto una netta maggioranza sulle mie posizioni, tra i ministri delle finanze europei, non c’era alcun isolamento [keine Alleingänge]”.
E questo a lui basta ed avanza, lo aveva spiegato in premessa: la Germania sbaglia quando agisce da sola, non sbaglia quando si tira dietro gli altri.
L’intervistatore non ha capito bene, è scosso: “ma lei era tutt’altro che popolare, in Grecia, quando era ministro delle finanze”. E Schäuble gli risponde che la colpa non è né sua, né dei ministri delle finanze vassalli che gli obbedivano … ma dei greci:
Ho avvisato i miei colleghi greci fin dall’inizio: serve lo strumento della svalutazione esterna per rendere l’economia di nuovo competitiva. Ecco perché dovreste lasciare temporaneamente l’unione monetaria, certo potete tornare. Tale consiglio non è popolare, ma era economicamente corretto. Una svalutazione interna attraverso i salari è politicamente insostenibile.
In alternativa, la Grecia avrebbe dovuto accettare la Troika. Come aveva avuto modo di spiegare ad un quotidiano greco, pochi mesi fa e come in realtà è accaduto: “ma quella fu la decisione dei greci, non degli altri europei”.
L’intervistatore è in imbarazzo, non ha capito che il punto è il metodo, non il merito: “la Grecia ce l’ha fatta ed è ancora nella zona euro”. Alché Schäuble: “ma la Grecia ha pagato un prezzo alto, il danno sociale è grande”. Per poi chiudere con un secco “ora la Grecia non è più al centro dell’attenzione”. Il che significa (come aveva specificato al quotidiano greco citato) che “la crisi non è ancora finita”.
Come si vede, Schäuble non inseriva la Grecia nel catalogo degli errori, perché qui Berlino è riuscita a portarsi dietro tutti gli altri (persino i greci). È lui stesso ad ammettere che nel merito è stato un disastro … ma il punto è il metodo, non il merito. Nel metodo, egli si vanta di aver mostrato “leadership e responsabilità; nel merito, la Grecia ne è morta … ma pianga sé stessa.
Qualunque protesta è anti-democratica
Ed ecco squadernato il mondo fatato del vecchio trombone friburghese. Cui l’intervistatore oppone un dato di realtà: il disastro presente.
Schäuble risponde che le persone sono abituate troppo bene: “la democrazia non è un affare economico. Dovremmo chiedere di più alle persone … i politici hanno sempre ceduto alla tentazione di promettere troppo alla gente. È sbagliato … dovremmo chiedere di più alle persone”. Tradotto: ogni protesta è anti-democratica.
E lo è due volte: “forse la più grande crisi che stiamo attualmente vivendo, è la crisi della democrazia … compaiono invece populismo e bugie sfrenate, fake news. Credo che il rapido cambiamento della comunicazione sia la causa principale che ha portato a questa crisi”.
Cioè, la successione di lancinanti crisi economiche è democrazia … che vi fossero alternative è fake news … e chi si lamenta è populista e autoritario.
Una intervista demenziale
Adoriamo quest’ultimo passaggio, perché fa irruzione nella intervista, dedicata a sostenere che il punto è il metodo, non il merito … a smentirla per intero.
Perché è ovvio che – fuori dal mondo fatato del vecchio trombone friburghese – il punto è il merito: il merito delle politiche demenziali che Berlino da decenni porta avanti. Demenziali come aver costruito i due Nord Stream, essersi legati mani e piedi a Pechino, non aver dato un contentino a Macrone, aver spalancato le porte ai migranti, aver distrutto la Grecia.
E che siano demenziali, non è una fake news.
Ed è ovvio che, ad averle generate, non è il populismo, ma lui stesso Schäuble e quelli come lui. Seguendo il metodo che in tutta l’intervista difende.
Conclusioni
Insomma, Schäuble non rinnega (quasi) alcunché. E invita i propri successori a Berlino a continuare – nel merito – i disastri che ha fatto lui, solo curandosi – nel metodo – di guadagnare prima il consenso delle proprie vittime, come ha (quasi) sempre fatto lui.
Carta canta. Il nuovo governo di Roma non dica di non essere stato avvisato.