Economia

L’ipocrisia dei Democratici con la ricchezza: colpire tutti per favorire gli amici

Il classico giochetto di tutte le sinistre: tasse che affossano tutti, sussidi per favorire i soliti ricchissimi amici, in barba a competitività ed equità

Biden gaffe © 0fjd125gk87 tramite Canva.com

È già stato ampiamente detto in tempi non sospetti, ma occorre rimarcare di nuovo l’ipocrisia della presidenza Biden nei confronti della ricchezza e delle cosiddette big corporations. L’attuale amministrazione vorrebbe proseguire nell’intento di colpire le grandi imprese, dopo aver al contempo aumentato i sussidi federali rivolti proprio a una parte di loro. Con l’effetto deleterio di punire il sistema imprenditoriale sia aumentando gli oneri fiscali, sia distorcendo ulteriormente il mercato favorendone alcuni attori piuttosto che altri.

È la classica giravolta economica del Partito Democratico: impugnare il bastone contro la ricchezza in astratto (in funzione puramente elettorale), ma porgere la carota ai propri ricchissimi e arcinoti amici nel mondo delle grandi imprese. Un approccio punitivo che colpisce il resto dei business, ma che nasconde una generosa elargizione di risorse dei contribuenti ai miliardari a loro più vicini.

Tasse e sussidi

Nell’anno conclusivo di questo mandato presidenziale, per cercare di ridurre il deficit e rendere più equo il sistema tributario, l’amministrazione Dem prevede di aumentare di nuovo la corporate tax, dopo aver inspiegabilmente incrementato le corporate tax expenditures, ovvero le agevolazioni fiscali. Queste ultime sarebbero aumentate annualmente del 92 per cento (da 109 a 209 miliardi di dollari), come riporta Chris Edwards del think tank libertario CATO Institute.

Utilizzando le parole di Edwards, questi “non sono tagli fiscali trasversali volti a semplificare il sistema, ma al contrario sono un complesso di scappatoie fiscali (loopholes) e trattamenti speciali rivolti a settori privilegiati”. Non si tratta perciò di una riforma fiscale “across-the-board”, storicamente vituperata dalla sinistra e promossa dai Repubblicani (ad eccezione dei tagli di Kennedy), e di cui beneficiano tutti trasversalmente, come accaduto con i tagli fiscali del 2001 e del 2003 attuati da George W. Bush e quello reso esecutivo da Donald Trump nel 2017.

Per tornare alle agevolazioni, sia nell’Infrastructure Investment and Jobs Act del 2021 che nell’Inflation Reduction Act del 2022, il governo federale ha aumentato i sussidi federali rispettivamente di 548 miliardi di dollari e di 868 miliardi di dollari. I sostanziali beneficiari di questo flusso di denaro pubblico sono per la gran parte big corporations del mondo dell’energia, in particolare delle rinnovabili, tra le più vicine agli interessi strategici del Partito Democratico. Nei pochi ambienti rimasti del conservatorismo fiscale si è giustamente parlato di “Niagara Falls of subsidies flooding from Washington to the president’s favored industries”.

L’ipocrisia dei Democratici

A fronte di un’evidente ipocrisia ideologica per cui si fa credere di punire i colossi economici per poi invece creare corridoi preferenziali ad alcuni di loro, si aggiunge anche una forte discrepanza fra intenti e risultati. Joe Biden e i Democratici vogliono rendere più equo il sistema fiscale americano aumentando le distorsive tax expenditures che, si è dimostrato, riducono proprio il grado di equità del sistema tributario, in quanto sono i soggetti più ricchi a beneficiarne in maggior misura a discapito degli altri, creando un clima di favoritismo.

Lo stratagemma è ovviamente già noto e non dice nulla di nuovo rispetto all’incoerenza retorica dei progressisti, ma è utile ricordare il modus operandi dei Democratici proprio a coloro che vedono nel Partito dell’Asinello l’agente politico capace di placare quella che per il mondo progressista è l’inaccettabile presenza della disuguaglianza nella realtà americana.

È bene ribadire la singolarità di un approccio di questo tipo, per distinguerlo dalle posizioni fiscali degli avversari Repubblicani. Ad onor del vero, la prassi consolidata di introdurre furbamente nei propri programmi corridoi preferenziali per favorire partner o finanziatori caratterizza l’intera classe politica, senza grandi distinzioni fra uno schieramento e l’altro. Allo stesso modo, con questa analisi non si vuole presentare un quadro politico che dipinga i Repubblicani come esenti da sbagli e occasioni perdute in materia fiscale o di spesa, quando sono loro a detenere il potere.

Semmai, si è cercato di mettere in luce quanto spesso i Democratici riescano a provocare gravi danni collaterali a fronte di una retorica meschina. Affossano tutti nel tentativo di affossare pochi, con aumenti fiscali punitivi, rivelandosi invece i veri maestri del corporate welfare per i propri amici, in barba alla competitività e all’equità. A pagarne il prezzo sono sempre gli altri, compresi gli stessi elettori convinti di votare per qualcuno che non sta dalla parte dei ricchi.