Economia

Materie prime

L’Ue sta già perdendo la guerra dei metalli, ma ancora non se ne è accorta

Economia

Il monopolio della Cina nella estrazione e nello stoccaggio dei metalli, la “lezione” ancora incompresa della crisi energetica, le politiche green da rivedere e la necessità di investimenti nelle fonti fossili, l’inefficace paradigma per il contenimento dell’inflazione. Di tutto questo ci ha parlato Gianclaudio Torlizzi, esperto di materie prime, fondatore di T-Commodity ed autore di “Materia rara. Come la pandemia e il green deal hanno stravolto il mercato delle materie prime” (Guerini e Associati).

Il prossimo fronte di crisi

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Dott. Torlizzi, la Cina detiene di fatto il monopolio dell’estrazione, della lavorazione e dello stoccaggio di materie prime e metalli, fattore che rende l’Europa dipendente da Pechino in questi mercati. Cosa dovrebbe fare per rendersi autonoma?

GIANCLAUDIO TORLIZZI: Gli spazi di manovra per l’Europa nel breve termine sono molto limitati, a causa della tempistica necessaria per acquisire una totale indipendenza nell’ambito minerario. I piani per raggiungere una simile autonomia sono pluriennali e necessitano di prospettiva politica ed economica, di cui l’Ue è sempre stata priva.

Inoltre, il modo in cui è scoppiata la crisi energetica è una delle tante prove dell’incapacità europea di prevenire e, soprattutto, fronteggiare crisi e difficoltà.

Ad oggi, l’unico Paese che si sta attivando per provare ad operare in maniera autonoma nel settore è la Germania, probabilmente l’unica nazione ad aver compreso la “lezione” della crisi energetica, che sta stipulando accordi di fornitura con alcune importanti società di trading internazionali per l’approvvigionamento di metalli.

L’Italia non sta affrontando la questione e questo rappresenterà un problema non di poco conto, dato che i metalli rappresenteranno il prossimo fronte di crisi europea negli anni futuri.

L’incompetenza sulle materie prime

TADF: Ritiene che a Bruxelles manchi ancora una reale consapevolezza del livello di controllo e predominio cinese in questo comparto? Leggerezza politica o una voluta accondiscendenza verso Pechino, nell’illusione che non si sarebbero mai più verificate crisi energetiche e geopolitiche?

GT: Non so se ci sia stato un “disegno” dietro le nostre scelte sbagliate, sicuramente però posso denunciare la totale incompetenza delle istituzioni europee nel capire e di conseguenza gestire il mercato delle materie prime.

L’abbraccio stretto tra alta finanza e burocrazia europea è certamente esistente, capace di impedire lo sviluppo di un dibattito sano sulle modalità di uscita che potrebbero esserci dalla crisi energetica.

Infatti, ancora oggi si crede che per allentare la carenza sul fronte energetico bisognerebbe semplicemente aumentare gli investimenti sulle rinnovabili, soluzione parziale che dovrebbe procedere di pari passo con gli investimenti in energia fossile, onde evitare l’impossibilità di gestire i fenomeni di intermittenza.

Politiche green da rivedere

Inoltre, assistiamo ad un evidente problema di legittimazione delle leadership attuali, che hanno promosso per anni politiche climatiche che andrebbero interamente riviste. Questo non viene ammesso perché non si vuole dichiarare di aver commesso degli errori gravi.

Tuttavia, nell’ambito dei metalli l’incompetenza si allarga ulteriormente, dato che non bastano i piani banali e ripetitivi della Commissione europea sulla criticità relativa all’offerta.

Servirebbero delle soluzioni volte ad aumentare l’offerta per il mercato dei metalli stessi, magari riducendo le politiche green, quadrandole in un contesto di sostenibilità climatica che comprenda l’assoluta necessità dei combustili fossili, oltre a mappare i giacimenti di litio e minerali in Europa e, se possibile, estrarli, utilizzandoli poi nell’ambito del mercato energetico interno.

Paradigma sbagliato sull’inflazione

TADF: Per contenere l’inflazione l’Ue si sta concentrando solo su nuove politiche di austerity fiscale, piuttosto che sull’ampliamento della capacità produttiva. Cosa pensa al riguardo? Se non cambia approccio a quali rischi andremo incontro?

GT: L’Europa basa sulla compressione dei salari il suo paradigma economico: non essendo altro che una mera piattaforma produttiva, ha lo scopo di contenere quanto più possibile i costi. Sul piano strategico e strettamente politico l’Ue è assolutamente inesistente.

Pertanto, in un contesto dove l’inflazione cresce a causa di ragioni soprattutto esogene, l’Unione europea entra in profonda crisi.

La Bce non riuscirà a riportare l’inflazione al 2 per cento e, se non modifica il proprio paradigma fiscale ed economico, l’Unione europea rischia di diventare teatro di scontri e tensioni sociali dettati dalle difficoltà socio-economiche delle classi popolari. Purtroppo, per apportare serie modifiche a questa unione servirebbero statisti e politici lungimiranti, purtroppo ad oggi assenti.