Mentre a Bruxelles si discute di auto, in arrivo la tempesta perfetta sulle navi

Insufficienti le ipotesi biocarburanti e congelamento delle sanzioni per salvare l’automotive, mentre sul trasporto marittimo incombe dal 1° gennaio 2025 l’inasprimento della normativa ETS

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È notizia di oggi apparsa sui quotidiani: Ursula Von der Leyen starebbe pensando di cambiare rotta nel settore automotive. Stando alle indiscrezioni di stampa, infatti, le misure allo studio per far fronte alla crisi gravissima in cui versa l’intero settore sarebbero due: congelamento delle sanzioni per le case automobilistiche a partire dal 1° gennaio 2025 e riammissione dei carburanti cosiddetti “green” – biocarburanti ed e-fuel – per salvare i motori endotermici a partire dal 2035.

Congelamento delle sanzioni

La prima delle due misure su cui si è concentrata l’attenzione della Commissione è quella delle sanzioni che scatteranno a partire dal 1° gennaio 2025 per quelle case automobilistiche che non riusciranno a ridurre le emissioni di CO2 del mix delle nuove auto vendute al di sotto di 95 gCO2/km, il 10,9 percento in meno rispetto ai 106,6 gCO2/km in vigore dal 2023.

La sanzione prevista è di 95 euro per ogni grammo in più di CO2 del mix di auto vendute nel 2025 rispetto ai 95 gCO2/km, moltiplicato per il numero di auto vendute. Si tratta per intenderci di sanzioni miliardarie se teniamo conto che, ad esempio, stando agli ultimi studi in merito, Volkswagen oggi si posizionerebbe intorno ai +29 gCO2/km del mix delle sue auto nuove rispetto al target e che, quindi, dovrebbe pagare il prossimo anno una sanzione all’Ue pari a 29×95 = 2.755 euro per ogni nuova auto venduta: una pura follia!

Nel corso dei due anni della sua applicazione, infatti, questa folle norma autoinflitta ha provocato come conseguenza l’aumento artificioso della produzione di auto elettriche per mitigare il mix di produzione di gCO2/km, sperando che l’accresciuto volume di auto elettriche prodotte fosse poi recepito dal mercato sospinto dagli incentivi statali.

Invece così non è stato: nonostante il martellante battage pubblicitario e i generosi incentivi previsti, i consumatori hanno preferito tenersi alla larga da una tecnologia che offre autonomia effettiva di percorrenza limitatissima, che necessita di tempi di ricarica della batteria biblici e che non ha alcun mercato dell’usato.

Di conseguenza, se da qui al 31 dicembre non interverranno provvedimenti di segno contrario da parte di Bruxelles, l’unico modo che le case automobilistiche avranno per non incorrere nelle sanzioni sarà tagliare la produzione di auto a motore endotermico.

Le conseguenze sarebbero fatali: pochissime auto elettriche vendute e produzione ridotta di auto a motore endotermico determineranno una macelleria sociale in termini di perdita di posti di lavoro, un aumento vertiginoso dei prezzi per la ben nota legge della domanda e dell’offerta e la conseguente desertificazione industriale. In poche parole, un disastro annunciato che porta la firma di Ursula Von der Leyen. Sarà la stessa Ursula capace di andare contro se stessa? Lo scopriremo solo vivendo, come cantava il grande Battisti.

Neutralità tecnologica

Un’altra “concessione” che Ursula avrebbe in mente di fare per salvare le auto a motore endotermico anche a valle della data fatidica del 1° gennaio 2035 sarebbe quella di far passare il principio della cosiddetta “neutralità tecnologica”; cioè, a parità di follia finto-green, non importa che tipo di tecnologia di trazione vi sarà a partire dal 1° gennaio 2035, purché essa garantisca in ogni caso emissioni zero di CO2.

Questa concessione stempererebbe in effetti il vincolo vigente di auto a emissioni zero di CO2 allo scarico a partire dal 1° gennaio 2035, vincolo attualmente soddisfacibile solo con le auto elettriche e le auto a idrogeno, queste ultime contandosi oggi tuttavia sulle dita di due mani in Italia. La neutralità tecnologica amplierebbe il concetto di “emissioni zero” all’intero ciclo di vita del carburante e quindi rimetterebbe in corsa i motori endotermici purché alimentati o con biocarburanti o con e-fuel che garantiscono entrambi emissioni nette zero “from the cradle to the grave”, dalla culla alla tomba (cioè, nell’intero ciclo di vita).

Una vittoria di Pirro

Tutti contenti quindi? Nemmeno per idea perché, checché ne dicano le associazioni di categoria (parti in causa fortemente interessate alla promozione del loro business), il costo di produzione dei biocarburanti e dell’e-fuel è almeno un ordine di grandezza superiore rispetto a quello dei carburanti tradizionali.

Inoltre, mentre l’e-fuel potrebbe essere teoricamente producibile su vasta scala derivando solo dall’idrogeno verde e dalla CO2 catturata dai processi industriali (materie prime semplici e reperibili in vaste quantità), la produzione di biocarburanti presenta una serie di problematiche aggiuntive legate alla loro scarsità.

Biocarburanti

I biocarburanti di prima generazione sono quelli ottenuti da coltivazioni agricole dedicate, come ad esempio l’etanolo ottenuto dalla canna da zucchero coltivata nelle vaste piantagioni del Brasile o l’olio di girasole che per un certo periodo fu, più o meno legalmente, utilizzato come biodiesel. Il principale fattore limitante alla produzione intensiva di biocarburanti di prima generazione è quindi l’inaccettabile consumo di suolo sottratto alle coltivazioni per l’alimentazione umana ed animale.

I biocarburanti di seconda generazione sono invece quelli ottenuti mediante valorizzazione e sfruttamento dei residui e degli scarti delle lavorazioni agricole. Attraverso sofisticati processi industriali (pirolisi, ecc.), da questi scarti è possibile sintetizzare i prodotti intermedi etanolo e metanolo che sono alla base della successiva sintesi rispettivamente di biobenzina e biodiesel.

Tuttavia, le rese di uscita sono molto limitate rispetto ai quantitativi dei prodotti in ingresso, di modo che le quantità effettivamente producibili sono di gran lunga inferiori alle esigenze di mercato. Pertanto, ammesso e non concesso che il costo industriale di produzione riesca in futuro ad aggirarsi in un intorno ragionevole dell’equivalente costo industriale di produzione dei carburanti tradizionali, seguendo le dinamiche di mercato della domanda e dell’offerta esso schizzerebbe inevitabilmente in alto a cifre inaccessibili ai più.

Pertanto, seppur la neutralità tecnologica consentirà di salvare le auto a motore endotermico, i costi dei carburanti saranno così proibitivi da rimanere appannaggio delle classi più abbienti. E il popolo? In quest’ottica, il popolo andrà a piedi, in bicicletta o dovrà usare i mezzi pubblici.

Esplosione dei prezzi dei trasporti marittimi

Mentre a Bruxelles si discute quindi di porre rimedio agli stessi problemi autoinflitti sull’automotive, nel mondo reale stanno arrivando alle aziende le lettere da parte delle compagnie di navigazione, come Grimaldi Euromed, che preavvisano i clienti degli imminenti adeguamenti al rialzo dei prezzi dei trasporti. Perché? Perché, come avevamo già preannunciato lo scorso anno in questo articolo, ad aprile 2023 il Parlamento europeo ha votato l’allargamento del sistema dei crediti del carbonio EU-ETS (EU-ETS2) anche ai settori dei trasporti privati, del riscaldamento degli edifici, dello smaltimento dei rifiuti e del traffico marittimo, nonché la cancellazione delle quote assegnate fino ad allora a titolo gratuito.

Più in particolare, a partire dal 1° gennaio 2025, tutte le compagnie armatoriali dovranno compensare le emissioni di CO2 prodotte dalle loro navi attraverso l’acquisto delle quote EUA (European Union Allowance equivalente a 1 tonCO2 emessa) sul mercato europeo della CO2.

Ricordiamo brevemente che l’ambito geografico di applicazione del regolamento EU-ETS2 copre il 100 per cento delle emissioni per le tratte intra-Ue ed il 50 per cento delle emissioni per le tratte extra-Ue. L’applicazione del regolamento EU-ETS2 stabilisce inoltre l’obbligo di restituzione delle quote EUA da parte di tutte le compagnie di navigazione, con un’introduzione graduale come segue:

• 40 percento per le emissioni prodotte a partire dal 1° gennaio 2024,

• 70 percento per le emissioni prodotte dal 1° gennaio 2025,

• 100 percento per le emissioni prodotte dal 1° gennaio 2026

Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2025 l’incremento della compensazione delle emissioni sarà di un ulteriore 30 per cento, passando dal 40 al 70 per cento.

Ma le sorprese non finiscono qui: a partire dal 1° gennaio 2025 entrerà in vigore anche il Regolamento “Fuel EU Maritime” che impone, per tutte le navi con stazza superiore a 5000 GT che faranno scalo in almeno un porto Ue, i seguenti limiti sulle emissioni di CO2 nei combustibili marittimi:

• – 2 percento: a partire dal 1° gennaio 2025;

• – 6 percento: a partire dal 1° gennaio 2030;

• -14,5 percento: a partire dal 1° gennaio 2035;

• -31 percento: a partire dal 1° gennaio 2040;

• -62 percento: a partire dal 1° gennaio 2045;

• -80 percento: a partire dal 1° gennaio 2050.

Ciò imporrà a tutte le compagnie di navigazione l’acquisto di combustibili a contenuto di biocarburanti via via crescenti che, come abbiamo visto, hanno un costo molto più elevato rispetto agli attuali carburanti, pena il pagamento di una penale. Naturalmente, tutto ciò si tradurrà in maggiori costi ai clienti, i quali scaricheranno a loro volta i maggiori costi del trasporto sui beni trasportati e, in definitiva, sui beni al dettaglio.

Possibili rimedi

Si possono immaginare possibili mitigazioni anche nel settore dei trasporti marittimi ma, come per il settore automotive, si tratterebbe solo di trovare rimedi a problemi autoinflitti. L’unico rimedio possibile che possa impedire la desertificazione industriale e gli aumenti incontrollati dei prezzi al dettaglio è abbandonare definitivamente ogni follia finto-green.

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