Commenti all'articolo Milano no, Pechino sì: il cortocircuito del governo che apre alle auto cinesi
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16 Commenti
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Silvio Destro
17 Aprile 2024, 18:09 18:09
Articolo completamente non condivisibile. Se vuoi l’appeal dell’italia nel prodotto lo produci in Italia e bene ha fatto il ministro. Chi produce in Italia ha tutto il diritto di dichiararlo made in Italy, che siano italiani, cinesi o francesi. Se è da incentivare un’auto, incentivo
Haldo
17 Aprile 2024, 15:00 15:00
Il problema degli investimenti esteri è la burocrazia e la giustizia
Un processo civile in germania dura 180 giorni, in italia 3 anni ed è solo il primo grado.
In germania sono 10 anni che viene utilizzata la prova video negli incidenti stradali, qui boh…ora si ora no a seconda del giudice
Flavio Pantarotto
17 Aprile 2024, 10:56 10:56
Grande, Punzi.
Che follia. Cosa sarebbe Minarelli senza Yamaha, Ducati senza Audi?
Come FIAT senza i soldi dei Contribuenti: un vecchio ricordo.
“No, no, gli investimenti da fuori NATO sono da vietare! Dobbiamo combatterli fino all’ultimo Ucraino, fino all’ultimo Italiano, whatever it takes!”
Flavio Pantarotto
17 Aprile 2024, 10:55 10:55
No, grazie.
Per l’Impresa è vitale avere più committenti, possibilmente in concorrenza; idem per la creatività italica, da prima che “Italia” esistesse.
Produrre automobili a marchio cinese farebbe saltare commesse militari a Leonardo? Può essere.
Flavio Pantarotto
17 Aprile 2024, 10:53 10:53
Chi offre più occupazione? Costi-vantaggi, è il mercato, bellezza! Se torna Trump -o chi per lui- e riporta in casa certe produzioni, ciao ciao P.I.L. con segno +!
S’ha da lavorare, ho guidato ALFA Romeo Montreal, moto Guzzi Le Mans, Lancia Montecarlo. Ferrari Daytona no.
Flavio Pantarotto
17 Aprile 2024, 10:51 10:51
Chissenefrega del nome, facciamo un passo avanti.
No, indietro: nel 1933, 24 idrovolanti Savoia-Marchetti…a Chicago c’è ancora Italo Balbo Avenue! Nel ’29 Odessa, nel ’31 Rio de Janeiro.
Quello è il nostro posto.
Sopra a tutti.
Coi soldi cinesi, americani o di chissà chi.. Poco cambia.
Articolo completamente non condivisibile. Se vuoi l’appeal dell’italia nel prodotto lo produci in Italia e bene ha fatto il ministro. Chi produce in Italia ha tutto il diritto di dichiararlo made in Italy, che siano italiani, cinesi o francesi. Se è da incentivare un’auto, incentivo
Il problema degli investimenti esteri è la burocrazia e la giustizia
Un processo civile in germania dura 180 giorni, in italia 3 anni ed è solo il primo grado.
In germania sono 10 anni che viene utilizzata la prova video negli incidenti stradali, qui boh…ora si ora no a seconda del giudice
Grande, Punzi.
Che follia. Cosa sarebbe Minarelli senza Yamaha, Ducati senza Audi?
Come FIAT senza i soldi dei Contribuenti: un vecchio ricordo.
“No, no, gli investimenti da fuori NATO sono da vietare! Dobbiamo combatterli fino all’ultimo Ucraino, fino all’ultimo Italiano, whatever it takes!”
No, grazie.
Per l’Impresa è vitale avere più committenti, possibilmente in concorrenza; idem per la creatività italica, da prima che “Italia” esistesse.
Produrre automobili a marchio cinese farebbe saltare commesse militari a Leonardo? Può essere.
Chi offre più occupazione? Costi-vantaggi, è il mercato, bellezza! Se torna Trump -o chi per lui- e riporta in casa certe produzioni, ciao ciao P.I.L. con segno +!
S’ha da lavorare, ho guidato ALFA Romeo Montreal, moto Guzzi Le Mans, Lancia Montecarlo. Ferrari Daytona no.
Chissenefrega del nome, facciamo un passo avanti.
No, indietro: nel 1933, 24 idrovolanti Savoia-Marchetti…a Chicago c’è ancora Italo Balbo Avenue! Nel ’29 Odessa, nel ’31 Rio de Janeiro.
Quello è il nostro posto.
Sopra a tutti.
Coi soldi cinesi, americani o di chissà chi.. Poco cambia.