Occhio ai droni/2: le molte regole che non fermeranno i malintenzionati

Pochi gli strumenti di difesa contro l’uso improprio dei droni civili. I misteriosi avvistamenti in New Jersey? Non ci vuole molto a saperne di più, sempre che si voglia rendere pubblico

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Come abbiamo visto nella prima parte, al di là delle sigle e acronimi usati per identificare i veicoli a pilotaggio remoto, che in questa sede preferiamo denominare semplicemente come “droni militari” e “droni civili“, questi straordinari apparecchi radiocomandabili e programmabili hanno aperto una via pressoché sconosciuta nel campo dell’utilizzo di mezzi aerei di pronto utilizzo.

Armi convenzionali

Se i droni militari presentano caratteristiche di assoluta eccellenza operativa e un rapporto costi/benefici molto favorevole, essi sono, comunque, armi convenzionali e, in quanto tali, hanno lati deboli che ne rendono l’approvvigionamento e l’utilizzo abbastanza tracciabile dai servizi di intelligence avversari.

Non sono molti i produttori di armi – prevalentemente tattiche – basate sulla tecnologia dei droni e tenere sotto sorveglianza gli stabilimenti di produzione e i canali di distribuzione – ufficiali e clandestini – di dette armi vere e proprie non presenta novità di rilievo rispetto alle attività di screening e intelligence particolari o diverse da quelle impiegate finora dalle potenze militari internazionali.

Seguire il traffico di armi internazionale, con le sue peculiarità e complicazioni, è attività ormai talmente consolidata da costituire una routine per i servizi di spionaggio di ogni schieramento. Stavo per scrivere “di ambo gli schieramenti” ma sarebbe stata un’imprecisione: oggi ci confrontiamo con ben più di due schieramenti ideologicamente e storicamente attestati nell’ambito russo e in quello americano.

Consideriamo, quindi, i droni militari come armi convenzionali, sia pure fortemente innovative e in corso di sviluppo dagli imprevedibili risultati operativi.

L’uso improprio dei droni civili

La vera novità, che s’accompagna ad un enorme problema di analisi e studio delle contromisure adottabili, è quello dell’utilizzo, che potremmo definire “improprio” dei piccoli droni civili. Proprio perché piccoli, e certamente non comparabili per dimensioni con quelli militari, sono poco o nulla visibili – anche dai radar – estremamente agili e d’immediato utilizzo.

Queste caratteristiche di base basterebbero, da sole, a definirne l’estrema pericolosità potenziale. Considerando un qualsiasi drone commerciale dal valore inferiore ai mille euro come possibile “arma impropria” o, perlomeno come un vero mezzo aereo potenzialmente letale, proiettiamo un potente cono di luce a rischiarare un settore finora rimasto avvolto nella penombra.

La storia militare di ogni conflitto armato, diffuso o parcellizzato che fosse, ci dovrebbe insegnare che vi sono stati episodi di guerra nei quali Davide ha messo in ginocchio o del tutto atterrato un Golia a lui immensamente superiore per mole, potenza, capacità offensiva.

Dalla Cavallo di Troia in poi, le guerre in genere hanno visto episodi, talvolta decisivi, nei quali l’ingegno e l’inganno hanno ampiamente battuto le armi vere e proprie e sconfitto eserciti interi.

Verso la fine del Medioevo si diffuse l’uso dell’elsa della spada a forma di conchiglia, grandemente più protettiva rispetto all’impugnatura a forma di croce delle spade e spadoni dell’antichità, un rimedio semplicissimo, quasi banale, ma che prolungò la durata in battaglia dei combattenti, proteggendo proprio la mano armata dai colpi dell’avversario. Moltissimi altri esempi di semplici accorgimenti innovativi e coraggiose nuove soluzioni costellano tutta la storia militare del mondo.

Nello specifico, l’utilizzo a fini offensivi di un quasi-giocattolo come un quadricottero radiocomandato ha impiegato meno tempo a diventare realtà consolidata che a essere attentamente studiata dagli alti comandi delle grandi potenze militari, a dimostrazione che, non di rado, l’ingegno e la fantasia, la vincono rispetto alla potenza muscolare dei più temuti combattenti.

Vorrei sottolineare, sul punto, l’opportunità di ragionare utilizzando la cosiddetta matrice stocastica. Moltissimi elementi a limitata dannosità comportano un rischio elevato quanto quello causato da pochi elementi di potenzialità dannosa elevata. Stiamo parlando di possibili “armi improprie”, in libera vendita e facilmente modificabili a trasformarli come oggetti offensivi.

La normativa

Non per niente, la normativa europea, ma soprattutto quella italiana, hanno regolamentato l’utilizzo dei droni civili, dopo un lungo studio preparatorio in cui ha tracciato la rotta l’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) che, con le disposizioni normative specifiche del 2020 e 2023 ha, di fatto, ipotizzato l’estrema pericolosità nell’utilizzo non regolato dei droni commerciali.

Le norme in questione contengono assai più divieti e sanzioni che aperture al libero utilizzo, anche puramente ludico di tali apparecchi. È un approccio regolatore della materia assai articolato e persino giudicato troppo severo da larga parte degli utenti non professionali di piccoli droni commerciali, ma questo è.

Per la normativa vigente, esistono due categorie principali di mezzi aerei a pilotaggio remoto (non si faccia confusione tra le tante sigle adottate dai regolamenti: si parla sempre di droni): quelli di peso superiore ai 250 grammi, per i quali è richiesto un patentino specifico, e quelli di peso inferiore ai fatidici 250 grammi, per operare i quali non è richiesta l’abilitazione.

Comuni ad entrambi i tipi di droni sono alcune regole di base, tra le quali ricordiamo il divieto di volare in zone prossime agli aeroporti e altre zone sensibili, il divieto di sorvolare centri abitati e gruppi di persone. L’utilizzo di modelli omologati, l’assicurazione obbligatoria contro i danni che si possono arrecare in caso d’incidente.

Tuttavia, nonostante una normativa piuttosto stringente, bisogna ulteriormente considerare un duplice utilizzo dannoso dei droni. Il più frequente è derivante da imperizia, impreparazione tecnica o scarso allenamento all’utilizzo del radiocomando: il drone va dove non dovrebbe andare o sfugge al controllo dell’operatore.

Uso criminale

Ma vi è pure il pericolo derivante da un comportamento scientemente doloso, per i quali, l’effetto deterrente della possibile sanzione è modesto ed ogni regolamentazione tecnica del tutto inutile. Chi intenda commettere dei crimini con l’uso di droni civili, non si preoccupa minimamente di essere in regola coi regolamenti, così come si è dimostrato di modesto effetto deterrente l’inasprimento delle sanzioni contro la detenzione e l’uso di armi.

Diritto penale e criminologia c’insegnano che persino la pena capitale non dispiega un pieno effetto di deterrenza, tale da ridurre ai minimi termini il numero dei più gravi delitti. Per dirla in parole povere, le regolamentazioni sono fatte per le persone attente e perbene, ma chi se ne frega bellamente del loro rispetto non si pone nemmeno il problema.

Non penso che gli spacciatori che, come ci dimostra la cronaca, sempre più spesso effettuano consegne di droga – addirittura all’interno delle carceri – con i droni, si pongano il problema di avere o meno il patentino di operatore di sistemi aeromobili a pilotaggio remoto e difficilmente l’emanazione di norme ancora più stringenti – come possiamo prevedere accadrà presto – potrà evitare gli usi più gravemente illegali.

In uno stato di diritto, non si potrà mai vietare del tutto l’utilizzo dei droni civili: servono a troppi fini di sicurezza, assistenza e soccorso per far pesare di più, sulla bilancia del legislatore, il piatto dei possibili utilizzi illeciti rispetto a quello dei grandi benefici del loro impiego secondo la legge e di questa sia, addirittura, un potente mezzo per farla rispettare. Dovremo sempre più convivere coi droni, questo è certo.

Apparati anti-droni

Dal punto di vista delle contromisure tecniche per impedire di raggiungere il loro scopo, sia esso di semplicemente sorvolare un dato territorio o installazione o di colpire qualcosa o qualcuno, oppure ancora come mezzo di trasporto diretto dei più svariati (piccoli) carichi, non vi sono molte tecniche, anzi, in sostanza, soltanto due.

La prima consiste nel loro abbattimento (ad esempio sparando verso con un fucile caricato a pallettoni) o con tecniche che possiamo definire “costrittive”. A questa prima categoria, dovendosi scartare per praticità l’ipotesi di colpirli a fucilate, sono stati realizzati molti tipi di “lanciatori di reti“, imbracciabili come un lanciarazzi, che, se usati con perizia e in presenza di un buon rapporto visibilità/distanza sono abbastanza efficaci, ma soltanto in quelle precise condizioni e soltanto nel caso di pochi oggetti volanti a ridotta distanza da un (abilissimo) lanciatore.

Una seconda categoria di apparati anti-droni è ben più vasta e flessibile di quelli a costrizione meccanica delle loro eliche e si basa sull’emissione di segnali radio di disturbo (tecnicamente jamming ) che possano interferire o con il sistema di radiocomando da terra (qualora il drone sia operato da un agente fisico dotato di visore FPV – vedi prima parte) oppure coi segnali di ritorno – ad es. flussi video – che dal drone vengano trasmessi a terra.

Pro e contro del radiodisturbo

Esistono, e sono pure in commercio non ristretto, appositi zainetti, contenenti apparecchiature di radiodisturbo che potrebbero inibire del tutto l’operatività di droni (forse non soltanto civili) in un vasto raggio, diciamo… di qualche centinaio di metri. Ma resta l’effetto indesiderato di inibizione quasi certa di altri tipi di comunicazioni radio di assoluta necessità e importanza in quella zona, per cui l’efficacia operativa potrebbe rivelarsi di dubbia utilità, se non controproducente.

Si ricordi che i droni civili rispondono a comandi radio emessi su frequenze condivise con altri servizi pubblici, per cui formare una cortina di disturbo che danneggi unicamente i droni e non altri servizi è piuttosto utopistico. Un conto è annullare tutte le comunicazioni radio in una vasta zona di guerra, cosa che egregiamente possono fare aerei attrezzati per la guerra elettronica, ben altro è fare guerra elettronica su scala limitata, mettiamo sia un quartiere cittadino, per abbattere o rendere inoperativi eventuali droni “cattivi”.

È stranoto che durante gli spostamenti di alcuni importanti capi di Stato, nel corteo di scorta, vi siano mezzi attrezzati opportunamente per zittire ogni comunicazione radio nel raggio di qualche centinaio di metri, ma il corteo presidenziale viaggia veloce e la “nuvola di silenzio radio” si sposta altrettanto velocemente. Assai probabilmente, installare su qualche edificio d’importanza strategica apparecchiature fisse di jamming anti-drone avrebbe più effetti negativi che vantaggi, proprio perché, soprattutto i droni civili, operano su frequenze affollate da molti altri servizi utili.

Parliamo soprattutto di droni civili, perché quelli militari, come vediamo nelle tristi cronache di guerra ogni giorno, si abbattono o, quantomeno, si cerca di abbatterli e basta, più che indirizzare verso di loro segnali di radiodisturbo o altri sistemi di contrasto.

Proprio in tema di radiosegnali, s’incentra sempre più la guerra moderna e i sistemi di difesa nazionali, con un determinante ruolo per i satelliti – geostazionari oppure orbitanti – che li supportano e dirigono verso qualsiasi area del pianeta. Questa la sfida tecnologica dei prossimi anni. Viviamo l’epoca della comunicazione wireless, su quella rete non cablata viaggia ormai tutto il bene e tutto il male dell’umanità.

Accesso libero

I droni, militari, civili, modificati, e persino auto-costruibili da un hobbista di media capacità, non sono che l’aspetto più appariscente di un inarrestabile processo di conoscenze scientifiche open source dagli imprevedibili sviluppi pratici.

Se, una volta, tra scienza e vita quotidiana si contrapponeva la barriera della determinatezza dei ruoli sociali, della ragion di Stato, dell’impossibilità di essere al corrente di quasi tutto, oggi scienza e società civile interagiscono e si contaminano a vicenda, con le derivanti ricadute positive in termini di vivibilità e comfort, ma con un inquietante rovescio della medaglia: oggi chiunque, o quasi, può avere accesso a tecnologie storicamente riservate agli scienziati e ai militari, per cui anche un “innocuo” drone acquistato online può diventare uno strumento di guerra. Non dimentichiamolo.

Nei cieli del New Jersey

Cosa, di preciso, succeda nei cieli del New Jersey chiedetelo a chi è pagato per rispondere alle legittime domande degli americani. Qualcuno si chiederà: cui prodest? Altri daranno la colpa a Trump o a Putin, ma difficilmente vedremo pubblicate le schermate degli analizzatori di spettro più sofisticati, sui quali questi benedetti droni devono pure lasciare una traccia, che potrebbe indirizzare le risposte verso ben specifiche direzioni.

Oppure se ne abbatta qualcuno (non è così difficile) e si esamini attentamente il contenuto delle sue memorie. Parleranno come libri stampati e si capirà moltissimo su quale possa essere la loro finalità (non penso si tratti di una colossale burla, anche se non lo si può escludere ad oggi). Vediamo dei droni (e sembrano pure commerciali) nelle foto. Non ci vuole molto a saperne di più. Sempre che lo s’intenda fare. Qui, abbiamo semplicemente spiegato ai meno “tecnici” tra i lettori cosa sono i droni e come funziona la maggior parte di essi.

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