Ritorno al nucleare in Italia? Occhio ai guai francesi

La travagliata storia della centrale EPR “Flamanville-3”, una delle sei che stanno tanto a cuore a Macron: ritardo di dodici anni e costi moltiplicati

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Si parla spesso di un ritorno al nucleare. In Italia fa parte delle proposte contenute nel nuovo Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima), recentemente inviato dal governo alla Commissione europea (chi fosse interessato lo trova qui).

Ovviamente – segno dei tempi, cui nessuno pare sottrarsi – il nucleare è ora definito “sostenibile”. Il documento italiano contiene un’importante affermazione: “Secondo le ipotesi di scenario sviluppate, il nucleare da fissione, e nel lungo termine da fusione, potrebbero fornire al 2050 circa l’11 per cento dell’energia elettrica totale richiesta – con una possibile proiezione verso il 22 per cento”.

Cosa sta accadendo in Francia

È dunque il caso di fare il punto su quanto sta accadendo in Francia con la prima delle sei centrali che tanto stanno a cuore al presidente Emmanuel Macron. Parliamo della Francia in quanto, non avendo mai rinunciato a questa fonte di energia, operano in questo Paese un gran numero di specialisti che hanno accumulato esperienza reale nella progettazione e nell’esercizio di queste centrali. Non “powerpoint-ware-isti”, insomma.

La centrale in questione si chiama “Flamanville-3”. Cominciamo dai dati di base: Flamanville-3 è un reattore ad acqua pressurizzata di tipologia EPR, European Pressurized Reactor, situato nel dipartimento francese della Manica. Inizialmente previsto per entrare in funzione nel 2012, il collegamento di Flamanville-3 alla rete elettrica è ora programmato per la fine dell’autunno 2024, accumulando un ritardo di ben dodici anni. Per non parlare dello sforamento del budget. 

Caratteristiche previste: 

  • Potenza elettrica: 1650 MWe (il termine MWe indica la potenza massima che l’impianto può erogare istantaneamente, si pronuncia “mega-watt elettrico”. 
  • Produzione elettrica annuale stimata: 13 TWh 

Una gustosa nota riguardo alla sigla, “EPR”. Inizialmente significava “European Pressurized Reactor”, ma l’acronimo è stato recentemente ridefinito: EPR sta ora per “Evolutionary Power Reactor”: senza dubbio al fine di una maggiore “trasparenza”. O forse vista l’aria che tira in Europa “Evolutionary” è sembrato un termine meno controverso

Una storia travagliata

I lavori preparatori iniziano nell’estate del 2006. Getto del primo calcestruzzo dicembre 2007. Subito le prime anomalie: nel marzo 2008 l’ASN (l’Autorità per la sicurezza nucleare) rileva anomalie nell’armatura del solaio dell’edificio combustibile; poi, il 21 maggio 2008, EDF informa di altre anomalie nel rinforzo di una parte della zattera destinata a supportare la costruzione di uno dei quattro sistemi di salvaguardia del reattore. 

Inizio assemblaggio turbina: 8 dicembre 2010. Installazione della cupola dell’edificio del reattore a luglio 2013. Poi un primo rinvio: EDF annuncia a novembre 2014 un rinvio della messa in servizio fino al 2017 causa “nuova regolamentazione più severa per le attrezzature a pressione nucleare”. 

Parallelamente, nel maggio 2005 Enel aveva firmato una lettera di intenti con EDF per una partecipazione del 12,5 per cento nel progetto. Ma a dicembre 2012, Enel si ritira dopo l’annuncio di un nuovo ritardo e di un costo aggiuntivo per l’EPR di Flamanville. EDF corrisponde a Enel un risarcimento di 700 milioni di euro per costi già sostenuti. 

7 aprile 2015: rilevata un’anomalia nella composizione dell’acciaio in alcune zone del coperchio e del fondo del contenitore del reattore. 

Primo aggiustamento budget: il 3 settembre 2015, EDF aumenta i costi di costruzione a 10,5 miliardi di euro e prevede la fine dei lavori nel quarto trimestre del 2018. Il 18 dicembre 2017, iniziano i “test a freddo” del reattore; si tratta di verificare la resistenza, la tenuta ed il corretto funzionamento del circuito primario dell’impianto ad una pressione di 240 bar. 

Gennaio successivo. Vengono osservate “deviazioni di qualità” su 33 saldature del circuito secondario principale che garantisce il trasferimento a circuito chiuso del vapore prodotto dai generatori di vapore alla turbina. Aumentano di 400 milioni di euro i costi di costruzione previsti. Questo circuito è progettato utilizzando un approccio cosiddetto di “esclusione della rottura”, che consiste nel non studiare a fondo le conseguenze di una rottura completa di questi tubi, considerata estremamente improbabile. 

Ma secondo l’ASN l’eventuale rottura di tali saldature “non può essere considerata altamente improbabile”. Il suo presidente Bernard Doroszczuk respinge l’idea – avanzata crediamo da EDF – di una regolamentazione francese troppo meticolosa. Per lui il livello dei requisiti è “paragonabile” a quello “scelto e raggiunto” per gli EPR in Cina e Finlandia.

Dicembre 2022, EDF comunica che tutte le 33 riparazioni di saldatura sono completate e conformi, ma richiedono l’esecuzione finale di un trattamento termico consistente in un aumento della temperatura di saldatura fino a 600  °C. Conseguenza: nuovo rinvio del carico (inizio dell’attività) al primo trimestre del 2024 e costo totale che sale a 13,2 miliardi di euro

Maggio 2024: inizia il caricamento del combustibile nucleare, il giorno successivo all’autorizzazione alla messa in servizio del reattore rilasciata dall’ASN. Settembre 2024: annunciato il graduale avvio operativo della centrale e, che viene però bloccato dopo sole 24 ore da parte di un sistema di sicurezza. 

L’intervento della Corte dei conti 

Impietosa la Corte dei conti francese. A luglio 2020, la Corte stima il costo in 19,1 miliardi di euro. La differenza nelle stime dei costi tra l’EDF e la Corte dei conti si spiega principalmente con il fatto che quest’ultima tiene conto degli interessi pagati dall’EDF ai suoi creditori per aver preso in prestito le somme necessarie per finanziare i lavori.

La Corte dei conti ritiene inoltre che “la costruzione dell’EPR di Flamanville costituisce un fallimento operativo dalle molteplici cause, nonostante una scelta tecnologica ormai dimostrata in Cina e il miglioramento apportato alla gestione di questi grandi progetti, i guadagni finanziari e tecnici attesi dal progetto EPR2 devono essere confermati”.

Per fare un confronto, il costo di costruzione per kilowattora dell’EPR di Flamanville sarebbe il doppio di quello degli EPR di Taishan costruiti in Cina, ma inferiore del 20 per cento a quello dei reattori AP1000 della centrale nucleare di Vogtle negli Stati Uniti 176 . Il costo del megawattora prodotto dall’EPR di Flamanville (stimato tra 100 e 120 euro) sarebbe il doppio di quello degli impianti solari nel 2017. 

In sintesi, la costruzione dell’EPR di Flamanville ha visto i suoi costi aumentare di sei volte rispetto a quanto pianificato e la durata del progetto quadruplicata. 

Conclusioni 

E qui siamo in difficoltà. L’opposizione al nucleare viene per lo più dalla parte “conservatrice” della nostra società (la sinistra), mentre dai governi Berlusconi in poi i partiti “progressisti” (di centrodestra) hanno sempre guardato favorevolmente a una ripartenza del nucleare in Italia

Ma dobbiamo essere “data-driver”, guardare senza pregiudizi ai numeri. E – a meno che i francesi siano totalmente incapaci e privi di esperienza in materia di nucleare, e noi italiani ben più saggi – ci pare difficile immaginare che le cose possano andare diversamente. Se proprio vogliamo il nucleare, sarà prudente prevedere di spendere fino a quattro volte più di quanto i partiti favorevoli decideranno di inserire nelle varie leggi finanziarie. 

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