Economia

Sciogliere Mediobanca per tenere lontani i francesi dal risparmio italiano

La partita MontePaschi-Mediobanca (e Generali) è davvero molto grossa. E a Parigi sono tutt’altro che domi. Un attore silente alla finestra: BancaIntesa

Donnet Generali

Diamo un’occhiata alla scalata in corso, di MontePaschi a Mediobanca. La quale, a sua volta, è il maggiore socio delle Generali.

Generali e i francesi

Dalle Generali conviene partire. L’ad, Philippe Donnet, ha presentato e fatto approvare dal cda il progetto di contribuire il proprio asset management anche assicurativo e ben 15 miliardi di euro di risorse proprie, dentro una società comune con la francese BcpeNatixis, che contribuirebbe solo il proprio asset management. Onde raggiungere dimensioni critiche.

Abbozzando patti di gestione oltremodo vaghi, vista l’assenza assoluta di riferimenti a qualsivoglia forma di risoluzione delle controversie, della società comune e dei contratti di gestione. Progetto che molti vedono come eccessivamente dispendioso e rischioso. Perciò, come una minaccia alla destinazione nazionale dell’enorme parte del risparmio italiano, gestita dal gigante assicurativo.

Ad esempio, il professore e manager di BancaIntesa Rony Hamaui, con riferimento ai patti di gestione, intravede “la premessa per un disastro”; per poi dar voce a chi teme “che dietro l’accordo ci sia un qualche altro patto che potrebbe finire per mettere il risparmio italiano nelle mani dei francesi, che nel passato si sono dimostrati molto aggressivi e determinati”.

Ed anche un po’ sfacciati, aggiungeremmo noi, vista una frase dello stesso Philippe Donnet: “Woody Bradford, Philippe Setbon, Nicolas Namias e me [Philippe Donnet]. Il nostro paese d’origine, l’Italia” [sic]. Notare pure il francesismo “e me” = “et moi”, al posto dell’italiano “ed io”.

Progetto ancora in fieri, tanto che ieri l’ad delle Generali non lo ha incluso nella presentazione del proprio piano industriale, limitandosi a definirlo “un’opportunità unica e trasformativa”, ma ancora allo stadio di “nostra proposta”. Auspicabilmente, rendendosi conto che una proposta trasformativa, non può fare a meno del consenso dell’Assemblea dei Soci, eventualmente pure straordinaria.

Ma resta che il tema della italica indipendenza delle Generali, è ciò di cui si discute, oggigiorno. E non è ancora escluso che il progetto con BcpeNatixis venga bloccato direttamente nella prossima assemblea di Generali … attraverso la non-riconferma degli amministratori che lo hanno proposto. Nel qual caso, l’Ops su Mediobanca, della quale ora discuteremo, diverrebbe un side-show.

Il conglomerato Mediobanca

Venendo a Mediobanca, essa è un conglomerato. Un conglomerato finanziario, per la precisione, cioè la somma di tante parti che si occupano, ciascuna, di un genere di affari diverso. Che sono la gestione patrimoniale (Wealth Management), i servizi creditizi e di consulenza finanziaria alle imprese (Corporate & Investment Banking), il credito al consumo (Consumer Finance).

Naturalmente, il management non è della stessa opinione, sostenendo “un approccio olistico e sinergico [!] tra le attività del gruppo” e promettendo “un modello unico di private & investment banking”. Qui, le nostre perplessità sono moltissime.

Anzitutto, se già è difficile immaginare sinergie di scopo fra gestione patrimoniale e credito (un imprenditore non lascia i propri soldi da gestire, a chi fa credito alla sua azienda), figurarsi fra queste ultime ed il credito al consumo (chi compra a prestito i mobili di casa, non ha soldi da lasciare in gestione).

Lo stesso management, che vuole “affermarsi come operatore leader” nella gestione patrimoniale … allo stesso tempo appoggia l’opposta strategia della propria partecipata Generali di andare alla ricerca di infinitamente maggiori dimensioni critiche. Perciò, sarebbe obbligo dedurre che, per gestione patrimoniale, Mediobanca intenda la mera distribuzione. Il che ridurrebbe le sinergie col Corporate & Investment Banking ai soli prestiti lombard o poco più. Pure qui, niente di olistico e sinergico.

Senza contare il dubbio più grande: cosa vi sia di olistico e sinergico fra tutte queste attività e la partecipazione nelle Generali. Alla quale, incidentalmente, Mediobanca deve un dividendo pari al 39,5 per cento dell’utile netto totale a giugno e, ad oggi, il 46,7 per cento della propria capitalizzazione. Si potrebbe ipotizzare ne derivino incarichi e commissioni … ma Mediobanca dice di no [sic].

Mediobanca e Generali

Quindi, niente di olistico e sinergico. Ma un conglomerato: un conglomerato finanziario con la partecipazione Generali intorno.

Orbene, tipicamente cosa si fa con un conglomerato? Lo si compra, per poi separarlo in pezzi diversi e trasferire ciascun pezzo a rispettivi concorrenti. I quali li useranno per costruire nuove aggregazioni, caratterizzate da maggiori dimensioni e, finalmente, da un proprio core business.

Perciò, la somma dei valori delle singole parti trasferite tende sempre ad essere maggiore del valore originario del conglomerato. È la finanza, bellezza. Sicché, la domanda non è “perché Mediobanca venga acquisita ora?”, bensì “perché, sinora, Mediobanca non sia stata già acquisita e scomposta?”.

Immaginiamo, per il suo ruolo di guardiano alla italica indipendenza delle Generali, svolto attraverso la detta partecipazione. Ma il progetto con BcpeNatixis è sostenuto pure da Mediobanca. La quale, quindi, avrebbe abdicato al proprio ruolo di guardiano. Abbassando sé stessa, in tal modo, alla propria naturale condizione di mero conglomerato. Che si può comprare e scomporre.

Il piano industriale di MontePaschi

Naturalmente, l’acquirente MontePaschi non la racconta affatto così. Proclama, anzi, di voler tenere tutto insieme. Affermazione sulla quale conviene soffermarsi.

Certamente, il credito al consumo starebbe molto meglio nella nuova collocazione che nella vecchia.

Quanto alla gestione patrimoniale, sovvengono certe (non troppo vecchie) parole dell’ad di BancaIntesa, Carlo Messina: “l’unico modello sostenibile per una banca oggi, è quello che prevede l’innesto del wealth management su una rete retail”. E non v’è dubbio che la rete MontePaschi, unitamente a Banca Widiba, sarebbe adatta ad alimentare la raccolta, assai meglio della sola Mediobanca Premier.

Più difficile il caso della integrazione dei servizi creditizi, vista la diversa stazza della base clienti … anche se capiamo la suggestione di resuscitare l’antico modello di “istituto di medio credito” con alle spalle una banca retail. E rammentiamo le altre parole dello stesso Messina, a proposito della propria Banca Imi (oggi una divisione), “che fa più utili di tutti i competitor in Italia. Compresa Mediobanca, per intenderci”.

Al contrario, letteralmente impossibile il caso della integrazione dei servizi di consulenza finanziaria, altrimenti detti advisory: già se ne odono i primi segnali, non casualmente dalla Francia. E che dire della partecipazione nelle Generali, che MontePaschi afferma di volersi tenere pacificamente in pancia? O non finirà piuttosto ceduta? Magari ai nuovi azionisti … certo tenendo conto di tutti i limiti e paletti che le autorità di vigilanza (Ivass e Bce) hanno posto e vorranno porre.

Insomma, se l’Ops andasse in porto, Montepaschi guadagnerebbe tre fabbriche prodotto: credito al consumo, gestione patrimoniale, servizi creditizi. Ma il resto del conglomerato, è più facile finisca davvero per essere smontato. In forme e verso destinazioni tutte da immaginare, ma asseritamente attente a salvaguardare l’italica indipendenza delle Generali.

Ne vedremo ancora delle belle

C’è, però, anche il caso che l’Ops non vada in porto. Su questo sembra puntare il cda di Mediobanca, attirando l’attenzione su una vicenda processuale, destinata a svolgersi in corso di pubblicazione e valutazione dei Prospetti. Vicenda sulla quale esso già martella: “difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione della Banca MPS che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi)”. Il cda di Mediobanca martella come un fabbro.

Né conviene, di quel cda, sottovalutare la determinazione a perpetuare la propria indipendenza. Al punto da non poter del tutto escludere il caso estremo di un suo voltafaccia, in tema di sostegno al management Generali e, dunque, al progetto con BcpeNatixis. Imprevedibile ma non impossibile.

E vi è pure l’altra eventualità che qualche istituzione finanziaria francese intervenga presto su Mediobanca oppure, pure un poco più tardi, sulle Generali. Lo stesso Philippe Donnet, ieri, ha ricordato che “tutte le società sono contendibili”, per poi aggiungere che “la capacità di proteggere i nostri clienti non è in discussione” e chiosare “spero di avere dato una risposta italiana alla sua domanda italiana” … come se proteggere i clienti – e non la destinazione dei loro investimenti, l’indipendenza e le risorse delle Generali – fosse l’unica preoccupazione legittima in giuoco.

L’attore silente

Nel qual caso tanto più, la vicenda potrebbe anche arricchirsi dell’intervento di un attore silente: BancaIntesa, che ha ben detto di non poter crescere per acquisizioni nel credito, ma potrebbe sempre resuscitare il vecchio tema della grande bancassicurazione … chissà mai.

Mentre UniCredit ha solo da rallegrarsi, di avere finalmente strada libera per comprarsi BBPM. E per negoziare il rinnovo del contratto Amundi, assai meglio di appena qualche giorno fa: un altro colpo alle ambizioni francesi sul risparmio italiano.

Quel che è certo, è che la partita è davvero molto grossa. Che a Parigi sono tutt’altro che domi. E che ne vedremo ancora delle belle.

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