Non votate a destra – e neppure al centrodestra, e forse neppure al centro – se volete salvare il pianeta. È il messaggio sotteso a tanti commenti al nuovo pacchetto “Fit for 55” dell’Unione europea. Se pensate che “Fit for 55” siano una serie di misure tese a aiutare la popolazione ad arrivare ai 55 anni in perfetta forma (magari lodevolmente detassando le iscrizioni in palestra) vi sbagliate.
Gli obiettivi
Fit for 55 è invece “un insieme di proposte per rivedere e aggiornare la legislazione Ue e mettere in atto nuove iniziative con l’obiettivo di garantire che le politiche dell’Ue siano in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo”. Proviamo a rileggere, in originale: ”… A set of proposal to revise and update and put in place new initiatives with the aim of ensuring that…”.
Ok, basta euro-burocratese, tiriamo il fiato e cerchiamo di capirne di più, sempre con l’aiuto del documento ufficiale. Il pacchetto di proposte “Fit for 55” mira a fornire un quadro coerente e bilanciato per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Ue, garantendo:
- una transizione giusta e socialmente equa (stranamente non inclusiva, forse una dimenticanza);
- il mantenimento dell’innovazione e della competitività dell’industria Ue pur assicurando condizioni di parità con operatori di paesi terzi;
- il rafforzamento della posizione dell’Ue come leader nella lotta globale al cambiamento climatico.
Le proposte sono state dapprima presentate e discusse a livello tecnico nei gruppi di lavoro del Consiglio, poi dai rappresentanti degli Stati membri in Coreper (“Committee of the Permanent Representatives of the Governments of the Member States to the European Union”) per preparare un accordo comune. Il Consiglio si confronterà poi con il Parlamento europeo nei negoziati per un accordo comune in vista dell’adozione finale degli atti legislativi.
Se faranno in tempo. Perché, come ad esempio ci spiega il sito EconomiaCircolare, “il timore è che le nuove elezioni europee, previste per il 2024, possano rimettere in discussione questo accordo. Specie se a prevalere sarà, come pare probabile, il vento della destra, contraria a misure che possano intaccare le volontà (e gli affari) dell’industria”.
Il diabolico ETS
Proviamo a dare un’occhiata al tutto senza pregiudizi. Di cosa stiamo parlando? Ancora una volta, del meccanismo dei crediti carbonio, di cui ci eravamo occupati su Atlantico Quotidiano nel gennaio di quest’anno.
Il sistema, denominato ETS, per Emission Trading System, è il meccanismo per cui chi opera a favore del clima (o finge di farlo, come nell’esempio dell’articolo appena nominato) ha dei “crediti” carbonio che possono essere venduti a chi è costretto ad inquinare per la propria attività (ad esempio, una compagnia di trasporto aereo). In pratica si tratta di compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra, vendendo e comprando crediti la cui unità di misura è la tonnellata di anidride carbonica equivalente.
Le ambizioni di Fit for 55 sono (e leggiamo sempre dal sito del Consiglio europeo):
- ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto al 1990;
- aumentare l’ambizione complessiva delle riduzioni delle emissioni entro il 2030 nei settori coperti dall’ETS al 62 per cento rispetto ai livelli del 2005.
Queste due frasi compaiono a distanza di sei righe una dall’altra nello stesso documento, pertanto le interpretiamo come impegno a ridurre almeno del 55 per cento, con un’ambizione a ridurle al 62 per cento, nei settori coinvolti nell’ETS, rispetto al 2005. Quindi in un caso il riferimento è al 1990, mentre nell’altro al 2005, ed inoltre in un caso si dice ridurre “di” e nell’altro “al” … non capiamo cosa stiano dicendo.
In ogni caso, ci sembra che grossomodo l’obiettivo sia dimezzare queste famose emissioni entro il 2030 rispetto a inizio millennio.
Nuovi settori colpiti
Per farlo, si è deciso tra l’altro di inserire nell’ETS anche il trasporto marittimo, con l’obbligo per le società di navigazione di restituire quote di emissione in misura del 40 per cento a partire dal 2024, del 70 dal 2025 e del 100 per cento dal 2026.
Nel caso specifico le società di navigazione possono installare gli (orribili) scrubber sulle loro navi – con tanto di passeggeri entusiasti all’idea di pagare i biglietti più cari – o acquistare i famosi crediti. O meglio, i passeggeri si dichiarano entusiasti. Ma quanto si dichiara e quanto si fa poi in pratica non sempre coincidono, come sa bene chi si occupa di statistiche.
In ogni modo, ci attendono rincari su tutti i prodotti che viaggiano per mare.
Si è anche attaccato il settore del trasporto aereo, con la proposta fine dell’esenzione dal sistema dei crediti a partire dal 2026 e il sostegno all’utilizzo dei “biocarburanti”.
Il risultato? Ovviamente un extra costo trasferito direttamente ai viaggiatori, come nel caso di Air France/KLM. Aumento che sa quasi di truffa, considerato che alle compagnie viene richiesto di “utilizzare almeno (= solo, ndr) l’1 per cento di carburante sostenibile nel mix di carburanti, proporzione che passerà al 2 per cento nel 2025 e al 5 per cento nel 2030”. O forse truffa non è: in questo caso l’attuale sovrattassa di “fino a 12 euro” è da intendersi proporzionale all’1 per cento e potrà dunque aumentare fino a circa 60 euro a biglietto.
Rincari e debito
Ed ecco la perla del nostro pacchetto di non-fitness. Ve la trascriviamo tale e quale, non necessitando di alcun commento:
È istituito il “Fondo sociale per il clima“. Il Fondo sociale per il clima sarà utilizzato dagli Stati membri per finanziare misure e investimenti a sostegno delle famiglie vulnerabili, delle microimprese e degli utenti dei trasporti e per aiutarli a far fronte all’impatto dei prezzi di un sistema di scambio di quote di emissione per gli edifici, il trasporto su strada e altri settori. Il fondo sarà finanziato principalmente con le entrate provenienti dal nuovo sistema di scambio delle quote di emissione fino ad un importo massimo di 65 miliardi di euro, da integrare con contributi nazionali.
Come dire: sappiamo che le misure faranno aumentare i prezzi, quindi chiediamo agli stati di emettere altro debito (“da integrare con contributi nazionali”) per una specie di Reddito di Cittadinanza 2.0. Ovviamente per poi chiedere all’Italia misure immediate per la riduzione del debito.
Disclaimer
Chiudiamo con un dovuto “disclaimer”. È evidente, sia consultando tramite il Wolfram Language l’evoluzione delle temperature medie negli ultimi decenni, sia soprattutto assistendo ai fenomeni estremi del clima attuali, che azioni per ridurre le emissioni (che correlano almeno parzialmente con le temperature, come abbiamo visto) sono necessarie.
Il nostro dubbio riguarda il modo tassatorio e tassativo di approcciare il problema della Unione europea. Forse, chissà, una futura Commissione di diverso orientamento politico vorrà proporre un po’ di riforestazione anche in Europa, e magari qualche progetto di cattura di CO2.