Esteri

Accordo-fake: tutti felici di abboccare alla propaganda di Hamas

Per ore Hamas fa credere di aver accettato un accordo inesistente. Un’operazione di disinformatija riuscita grazie alla compiacenza dei media occidentali

Hamas Israele Haniyeh

Un’operazione di disinformatija in piena regola quella di Hamas, che per tutta la giornata di ieri – e probabilmente ancora oggi – triangolando con la tv qatariota Al Jazeera, è riuscita a far passare il suo spin, a far credere ai media e quindi alle opinioni pubbliche occidentali di aver accettato l’accordo per il cessate-il-fuoco, scaricando automaticamente su Israele la colpa del fallimento dei negoziati.

L’accordo fantasma

Il tentativo – riuscito – era far credere che Israele avesse avviato l’operazione a Rafah nonostante Hamas avesse accettato l’accordo. “Hamas accetta l’accordo ma Israele attacca lo stesso Rafah”, è il senso di quasi tutte le headlines di ieri e, temiamo, ancora di stamattina.

Ma si tratta di un totale ribaltamento della realtà, come ogni osservatore dotato di un minimo di onestà intellettuale avrebbe dovuto facilmente riconoscere. È vero l’esatto opposto: Israele ha avviato l’operazione a Rafah proprio perché Hamas ha respinto l’ultima generosissima proposta di tregua.

Quello che ha annunciato ieri di aver accettato è un accordo fake, che si sono scritti da soli e che non è stato oggetto di alcun negoziato. “La proposta avanzata da Hamas non corrisponde al dialogo che ha avuto luogo finora con i mediatori e presenta lacune significative”, ha commentato il ministro del Gabinetto di Guerra israeliano Benny Gantz.

Un accordo talmente farlocco che prevedeva niente meno che la fine dell’operazione israeliana nella Striscia di Gaza, cosa mai offerta, e il rilascio di 33 ostaggi “vivi o morti” (sì, avete letto bene, vivi o morti). Praticamente, una vittoria per Hamas. E i media più autorevoli, dal Washington Post a Reuters, fino alla BBC, se la sono bevuta.

Una narrazione che andrà ovviamente ad incendiare ulteriormente le piazze e i campus occidentali in preda a movimenti anti-occidentali e islamisti. E solo l’ultimo atto di una cinica guerra psicologica condotta sulla speranza delle famiglie degli ostaggi, nel tentativo di condizionare il governo israeliano.

Gli alleati di Hamas

Una messa in scena al cui successo hanno però contribuito in misura decisiva la compiacenza, ai limiti della complicità, dei media occidentali, che come al solito non vedono l’ora di mettere in cattiva luce Israele, ma anche le debolezze dell’amministrazione Biden, mossa unicamente dalla preoccupazione di aumentare le chance di rielezione del presidente. E secondo fonti israeliane sarebbe stata addirittura a conoscenza dell’auto-accordo confezionato da Hamas con Egitto e Qatar, ma non ne avrebbe informato il governo israeliano.

Dall’inizio dell’operazione israeliana a Gaza, infatti, Washington ha fatto di tutto per frenare e legare le mani al governo Netanyahu, nel patetico tentativo di compiacere la base radicale, anti-israeliana e pro-Hamas del suo partito e ricomporre la profonda frattura interna ai Dem sul conflitto a Gaza.

Come emerso in queste ore e come avevamo anticipato su Atlantico Quotidiano, la spasmodica ricerca di un cessate-il-fuoco e le crescenti pressioni americane ed europee su Israele hanno finito per fare il gioco di Hamas, che ha guadagnato tempo per salvare il salvabile della sua leadership e indebolire la posizione internazionale e la superiorità morale di Israele, che oggi appare come il “cattivo” della situazione nonostante il pogrom del 7 ottobre.

Molto rapidamente i negoziati per un cessate-il-fuoco e il rilascio degli ostaggi si sono trasformati in negoziati per il ritiro di Israele. Mentre l’amministrazione Biden credeva di negoziare per i primi, Hamas e i suoi interessati mediatori qatarini si convincevano che Israele avesse perso le sue leve negoziali e i suoi amici a Washington, e di poter quindi garantirsi la sopravvivenza per via diplomatica.

E così, paradossalmente, proprio gli Usa, spostando la pressione da Hamas verso Israele, hanno determinato l’impossibilità di un accordo e la inevitabilità dell’operazione a Rafah, portando ad un binario morto i negoziati per la liberazione degli ostaggi. Un altro “successo” di Biden…