Esteri

Aereo azero abbattuto: dalle prime prove un altro errore criminale russo

Mentre Mosca non ha ancora fornito una versione, Baku chiede un’indagine internazionale e difficilmente metterà i cadaveri dei suoi cittadini sotto un tappeto. Il precedente del 2014

aereo azero (Cnn)

La tragedia di Natale non è un incidente, ma un errore criminale commesso dai militari russi. È questo il quadro che sta emergendo dalle prime indagini sul disastro del volo Baku-Grozny dell’Azerbaijan Airlines, precipitato ad Aktau, in Kazakistan, la mattina del 25 dicembre. Delle 67 persone che trasportava, fra passeggeri ed equipaggio, ne sono morte 38.

Cosa sappiamo

Fino ad oggi quel che sappiamo è un insieme di: intercettazioni delle comunicazioni, geolocalizzazioni e tracciamento della rotta, testimonianze dei sopravvissuti e ispezione del relitto dell’aereo. Da tutti questi dati possiamo dedurre che l’aereo, decollato da Baku, la capitale dell’Azerbaigian, fosse arrivato tranquillamente a Grozny, capitale della repubblica autonoma russa di Cecenia. Qui è successo qualcosa che ha compromesso l’atterraggio. Il volo di linea ci avrebbe provato per tre volte, sempre respinto. Poi i passeggeri sopravvissuti parlano di un’esplosione.

Messaggi radio diffusi da canali Telegram rivelano che i piloti parlassero di “bird strike” (uccelli nel motore), ma la veridicità di queste comunicazioni non è confermata. L’equipaggio dell’aereo azero ha chiesto di atterrare almeno nei vicini aeroporti di Mineralnije Vodij e di Makhachkala. Richiesta respinta. Allora, pur se danneggiato gravemente, ha attraversato il Mar Caspio e, dopo circa un’ora di volo, ha tentato l’atterraggio di fortuna sulla costa, nei pressi di Aktau, in Kazakistan. L’impatto, a 390 km/h è stato letale per oltre la metà delle persone a bordo.

Subito dopo l’incidente il servizio Flightradar24, per il tracciamento degli aerei in tempo reale, ha diffuso la notizia che l’aereo fosse disturbato da misure di guerra elettronica. Qualcuno stava facendo jamming sul GPS, segno che ci fossero attività militari in corso. Notizie da fonti aperte e da altre testimonianze di passeggeri, affermano che vi fosse una battaglia aerea sui cieli di Grozny, fra la contraerea russa e droni ucraini. Un primo esame della coda e della fusoliera permettono di capire che non si è quasi certamente trattato di un “bird strike”, perché ci sono segni di schegge di un missile anti-aereo.

Il giorno dopo l’incidente, le autorità azere hanno informalmente parlato di un “abbattimento” ad opera della contraerea russa. Il giorno dopo, il 27 dicembre, questa tesi è stata confermata anche da un membro del parlamento azero, intervistato da Radio Free Europe. Anche l’intelligence americana ne è sicura e avrebbe anche una prova in più: la comunicazione fra la batteria contraerea russa a Grozny e Mosca, in cui gli artiglieri comunicano l’abbattimento, per errore, di un aereo commerciale.

Il Kazakistan ha avviato il 27 dicembre (ieri, per chi legge) la sua indagine sul relitto dell’aereo. Verrà esaminata la scatola nera e saranno intervistati ancora i sopravvissuti.

Gli Stati coinvolti

Nessuna delle nazioni coinvolte è una democrazia: Kazakistan, Azerbaigian e Russia sono tutte dittature, o al massimo “democrature”, con poca o nessuna trasparenza istituzionale e nessuna libertà di stampa. Difficilmente potremmo arrivare a sapere la verità, ma quell’aereo precipitato sulla costa del Caspio invece che in mare può comunque dare del filo da torcere a Mosca. Fosse caduto in acqua, oltre al pianto e al cordoglio, non avremmo sentito altro. Adesso, volenti o nolenti, le autorità di questi tre paesi devono cercare di dare una spiegazione. Benché siano tutti e tre membri della Comunità degli Stati Indipendenti, non condividono gli stessi interessi.

L’Azerbaigian, paese musulmano e turcofono, alleato di ferro della Turchia, ha appena conquistato il territorio del Nagorno Karabakh ed è in stato di guerra fredda con l’Armenia, tradizionale alleata della Russia. Vero è che fra Armenia e Russia non scorre buon sangue in questi tre anni e che invece ci siano buoni rapporti fra Putin ed Erdogan. Ma ciò non vuol dire che Azerbaigian e Russia ci sia un’alleanza solida. E in questo caso Baku chiede, per ora, che sia avviata un’indagine internazionale, difficilmente si piegherà alla versione russa e metterà i cadaveri dei suoi cittadini sotto un tappeto nel nome del buon vicinato o dei comuni interessi.

La Russia avverte di “non azzardare ipotesi”, ma intanto non ha ancora prodotto una sua versione ufficiale dei fatti.

I precedenti

E la memoria, inevitabilmente, ritorna al 17 luglio 2014, quando fu un missile russo ad abbattere il volo MH17 della Malaysia Airlines, decollato da Amsterdam, sui cieli dell’Ucraina. Allora i morti furono 298, in maggioranza olandesi. L’inchiesta internazionale giunse alla conclusione inequivocabile che furono i russi ad abbattere il volo di linea. Nel processo, aperto in Olanda, tre cittadini russi, Igor Girkin, Sergei Dubinsky e Leonid Kharchenk, sono stati condannati dal tribunale di Schipol, in quanto responsabili dell’abbattimento. Eppure Mosca continua a negare ancora oggi la sua responsabilità.

Come ai tempi dell’Urss (l’abbattimento più celebre fu quello del volo Kal 007 della Korean Airlines, sui cieli dell’isola di Sachalin, il 1° settembre 1983), le autorità di Mosca negano sempre, negano tutto. Quando sono poste di fronte alle prove inoppugnabili, allora creano tesi alternative. Nel caso del Kal 007, per esempio, inventarono la teoria che si trattasse di un aereo spia della Cia.

Quando non riescono più a reggere neppure la versione complottista, allora al Cremlino si sentono vittime di una congiura internazionale. I mesi successivi all’abbattimento del Kal 007 furono quelli più intensi nella crisi degli euromissili fra Nato e Urss, il momento in cui arrivammo più vicini alla guerra (oltre alla crisi dei missili di Cuba). I prossimi mesi ci diranno se a Mosca, in tutti questi anni, hanno cambiato questa mentalità.

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