Esteri

Anche in Brasile il reddito di cittadinanza ha il suo papà: Lula

L’assistenzialismo nella sua forma peggiore: un sistema che ogni anno rimpolpa lo sterminato bacino di poveri da “assistere”, con la benedizione della Chiesa

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Il programma di aiuto ai più poveri, il cosiddetto “Bolsa familia” – dopo il nuovo cambio di nome, da “Auxilio Brasil”, si è tornati a quello originario – prevede nella sua forma attuale 600 real (R$) al mese come base, e 150 R$ al mese in più per ogni figlio minore di 6 anni a carico. E così le donne del Nordeste sfornano figli uno dopo l’altro al solo scopo di ricevere più denaro (e non dover lavorare).

Tesserina gialla, come il nostro reddito di cittadinanza, il cui “papà” risponde al nome di Giuseppe Conte.

Assistenzialismo irresponsabile

Ecco a voi l’assistenzialismo nella sua forma peggiore: quella di incentivo alla natalità, ma ad una natalità irresponsabile, miserabile, disastrosa, socialmente micidiale. Più figli fai e più impoverisci il Paese, perché la ricetta della sinistra – l’unica, sempre quella – è ridistribuire in forma di elemosina ai più poveri la ricchezza prodotta dal resto del Paese.

Senza peraltro riuscire a ridurre la miseria, visto che l’assistenzialismo alimenta la crescita incontrollata della platea di miserabili bisognosi di assistenza. E così, inesorabilmente, ogni tentativo di assicurare la crescita di un Paese e della sua economia è destinato a fallimento certo.

Nel 1980 il Brasile aveva una popolazione di 122 milioni di abitanti. Nel 2000 erano passati a 175 milioni (+53). Nel 2020 sono cresciuti fino a 215 milioni (+40).

Controllo demografico

Come può un sistema economico, per quanto efficiente, sostenere la crescita di un Paese in cui vengono al mondo ogni anno 2-3 milioni di esseri umani appartenenti alla fascia più povera della popolazione?

Eppure nessun governo, in Brasile, è stato mai sfiorato dall’idea di sviluppare una politica di controllo demografico, e neppure di considerare questo tema di importanza vitale per lo sviluppo del Paese e per la riduzione – vera – della povertà.

L’immobilismo del governi

La destra non ha praticamente mai potuto governare. I quattro anni di Jair Bolsonaro sono stati anni di un’emergenza continua: di resistenza alla crisi determinata dalla pandemia, prima, e dalla guerra poi.

La sinistra invece ha avuto alcuni decenni a disposizione – prima con i governi socialdemocratici di Fernando Henrique Cardoso, e poi con quelli di estrema sinistra di Lula e Dilma Roussef – per affrontare il problema demografico. Ma nulla di nulla è stato mai dibattuto, tentato, proposto, concepito, in termini politicamente concreti. Esattamente come sulla legalizzazione delle droghe e dell’aborto.

Ha sempre prevalso, da un lato l’importanza dell’appoggio della Chiesa all’interno del comune scenario ideologico della “Teologia della liberazione”, e dall’altro il calcolo cinico di poter contare ogni anno su un automatico “rifornimento” di nuovi esseri umani messi al mondo per rimpolpare lo sterminato bacino di poveracci da poter “assistere” con le politiche assistenziali, guadagnandone un fedele sostegno elettorale (quello che garantisce la vittoria a Lula negli Stati del Nordeste e, attraverso questi, alla vittoria nel Paese).

Dittatura delle toghe

Ora, con la vittoria di misura di Lula, il Brasile si appresta ad affrontare i prossimi quattro anni in un clima sociale nuovo, perché segnato dalla consapevolezza generale di vivere non più in una democrazia ma in una dittatura delle toghe, che si sono poste al di sopra della Costituzione del 1988 e che continueranno a fare il bello e il cattivo tempo.

L’appetito vien mangiando, e a Brasilia siamo appena all’inizio di un banchetto principesco di cui faranno le spese le casse dello Stato e le principali aziende pubbliche.

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