Esteri

Attacchi Houthi impuniti, Biden sta erodendo la deterrenza Usa

Situazione nel Mar Rosso molto grave, a rischio la Pax Americana. Limitarsi a tirare giù le “frecce” non basta, bisogna eliminare gli “arcieri” per ripristinare la deterrenza

Houthi Mar Rosso Commando Houthi attacca una nave commerciale nel Mar Rosso

Poco ma sicuro, gli Houthi non si sono lasciati impressionare dall’annuncio della missione a guida Usa “Prosperity Guardian”, che mette insieme le marine militari di una ventina di Paesi per pattugliare il Mar Rosso a protezione della rotta commerciale che attraversa il Canale di Suez.

L’attacco del 26 dicembre

Il 26 dicembre hanno lanciato un nuovo attacco contro una portacontainer MSC in viaggio dall’Arabia Saudita al Pakistan. E ieri il CentCom ha reso noto che la USS Laboon e gli F/A-18 Super Hornet dell’Eisenhower Carrier Strike Group hanno abbattuto dodici droni, tre missili balistici antinave e due missili da crociera lanciati dagli Houthi nell’arco di 10 ore a partire dalle 6:30 (ora di Sanaa) dello stesso giorno.

La prima volta in assoluto che la Marina Usa si è trovata a dover abbattere un missile balistico in arrivo utilizzando un missile balistico antinave.

Difesa non è deterrenza

Ma come ha sintetizzato efficacemente Michael Pregent su X, “tirare giù le frecce non basta, bisogna eliminare gli arcieri”. È questo purtroppo ciò che l’amministrazione Biden si è limitata a fare fino ad oggi: abbattere droni e missili lanciati contro le navi commerciali di passaggio nel Mar Rosso, senza però colpire obiettivi Houthi alla fonte, nello Yemen, per azzerare la loro capacità di lanciare attacchi e ristabilire la deterrenza Usa. “Non siamo in un conflitto armato con gli Houthi“, ha tenuto a precisare il Pentagono.

La flotta Usa nel Mar Rosso (e la nuova missione multinazionale quando sarà operativa) rende più difficile colpire le navi, ma il punto è che non impone alcun prezzo agli Houthi per i loro attacchi, di fatto incoraggiandoli a provarci. Per questo non la temono e, anzi, la sfidano.

Come riportato dal Wall Street Journal, “un documento declassificato… mostra che gli attacchi Houthi alle navi sono aumentati durante la prima metà di dicembre fino a otto incidenti, rispetto ai soli tre durante l’ultima metà di novembre”. E forze paramilitari iraniane forniscono alla milizia yemenita le informazioni di geolocalizzazione necessarie a prendere di mira le navi in transito.

Di fatto non hanno nulla da perdere, ma solo da guadagnare. Anche perché, mentre per difendere efficacemente il traffico commerciale nel Mar Rosso alla Marina Usa è richiesto il 100 per cento di successo nell’intercettare droni e missili, agli Houthi basta un solo colpo a segno per disintegrare la credibilità dell’ombrello Usa.

Ecco perché la performance vantata dal Pentagono non dovrebbe essere confusa con la deterrenza che la minaccia richiederebbe.

La posta in gioco nel Mar Rosso

Il gruppo yemenita, sostenuto e armato dall’Iran, come le altre milizie filo-iraniane che in questi mesi hanno attaccato le forze Usa in Iraq e Siria un centinaio di volte, non si limita a lanciare attacchi contro Israele o le basi americane. No, tiene sotto scacco uno stretto marittimo strategico, quello di Bab el-Mandeb, la porta di ingresso al Mar Rosso, l’unico passaggio per il Canale di Suez.

Pochi gli attacchi andati a segno, ma più che sufficienti a convincere quattro delle più grandi compagnie di logistica del mondo (Maersk, Hapag Lloyd, Msc, Cma Cgm), che rappresentano oltre il 50 per cento della capacità di trasporto marittimo, che forse è meglio non far passare le loro navi dal Mar Rosso e quindi dal Canale di Suez. Una rotta commerciale da cui transitano ogni giorno 8,8 milioni di barili di petrolio e quasi 380 milioni di tonnellate di merci.

Nei giorni scorsi, dopo l’annuncio della missione “Prosperity Guardian”, la danese Maersk e la francese CMA CGM avevano annunciato che le loro navi portacontainer avrebbero “ripreso gradualmente” a passare attraverso il Canale di Suez, ma bisognerà vedere se la decisione sarà mantenuta alla luce dei nuovi attacchi di queste ore. Maersk ha affermato che “non esiterà a rivalutare la situazione e ad avviare ancora una volta deviazioni se lo riterremo necessario per la sicurezza dei nostri marinai”.

La compagnia di spedizioni Hapag-Lloyd AG ha dichiarato invece che le sue navi portacontainer continueranno a evitare il Mar Rosso e saranno dirottate attorno al Capo di Buona Speranza – come la taiwanese Evergreen e la belga Euronav.

Gli errori di Obama e Biden

Le responsabilità dell’amministrazione Biden sono anche in questo caso enormi. Una delle prime decisioni prese dal Team Biden, appena insediatosi alla Casa Bianca, infatti, fu la rimozione degli Houthi dalla lista delle organizzazioni terroristiche come parte della strategia di “integrazione regionale” (la formula dell’appeasement verso Teheran). Scelta che l’amministrazione deve ancora rivedere: ma cos’altro serve ancora per considerare gli Houthi un gruppo terroristico?

Nel 2019, l’allora presidente Donald Trump aveva speso il suo secondo veto presidenziale per respingere una risoluzione bipartisan del Congresso che si opponeva al sostegno Usa alla guerra dell’Arabia Saudita contro gli Houthi. Ma Biden – secondo errore – decise di ritirare il sostegno Usa e arrivò a definire Riyad uno stato “paria” per il caso Khashoggi.

Per compiacere Teheran, le amministrazioni Obama e Biden non hanno sostenuto i sauditi nel tentativo di cancellare gli Houthi dallo Yemen e ora ne pagano – ne paghiamo – il prezzo.

A rischio l’ordine a guida Usa

Costringere gran parte del traffico commerciale a circumnavigare l’Africa con atti di pirateria a basso costo, provocando ingenti danni economici al commercio globale, e farlo impunemente, è già un enorme successo per gli Houthi e uno smacco per gli Usa.

Al di là del prezzo economico, infatti, c’è un impatto geopolitico molto maggiore di quanto l’amministrazione Biden sia disposta ad ammettere. Il potere della US Navy di garantire la sicurezza e la libertà dei commercio marittimo è ciò che rende gli Stati Uniti la potenza egemone a livello globale. Cosa resta della leadership Usa, della Pax Americana, se si dimostrano incapaci di mantenere sicure le rotte commerciali?

Se un proxies iraniano può interrompere impunemente una rotta commerciale strategica, cosa impedirà a Russia e Cina di fare lo stesso nelle loro regioni e su scala globale, sostituendosi di fatto agli Usa?

La deterrenza non sarà ripristinata attraverso la proporzionalità, richiede la volontà politica di imporre un costo che supera di gran lunga qualsiasi vantaggio che gli Houthi potrebbero sperare di ottenere.

Per dissuadere i proxies iraniani Washington deve dissuadere l’Iran. Ma purtroppo fil rouge che sembra legare la strategia dell’amministrazione Biden, dall’Ucraina al Medio Oriente, è la paura dell’escalation, del confronto diretto. Se questa paura è comprensibile quando di fronte hai una potenza nucleare come la Russia, lo è meno se si tratta dell’Iran, che ha una storia di arretramenti quando la posta in gioco di una sfida diretta agli Usa si alza, ma appare ridicola di fronte ad una milizia terroristica locale come gli Houthi.

Mentre dice di volerlo difendere, l’amministrazione Biden sta permettendo la lenta ma inesorabile erosione dell’ordine internazionale a guida Usa.