Biden ha voltato le spalle a Israele ma gli americani no

Biden insegue l’estrema sinistra del suo partito per non perdere le elezioni, ma la maggioranza degli americani (il 72%) è con Israele senza se e senza ma

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Biden Netaanyahu

Joe Biden è sempre stato chiaro: l’offensiva israeliana su Rafah non s’ha da fare. Anche nell’ultima telefonata a Benjamin Netanyahu, lunedì, ha ribadito lo stesso concetto: l’ultima roccaforte di Hamas non si tocca, perché le vittime civili potrebbero diventare troppe.

Il voltafaccia di Biden

Gli Usa, in compenso, stanno mettendo a punto il piano per la costruzione di un porto artificiale per l’afflusso di aiuti umanitari per la Striscia di Gaza. E continuano a giocare il ruolo di mediatori nelle trattative per la liberazione degli ostaggi. I termini dell’ultima proposta di scambio non sono ancora stati resi pubblici, ma il segretario di Stato Antony Blinken li ha definiti “molto generosi”. Considerando che l’ultima proposta rasentava la richiesta di resa per Israele, cosa si chiede, ora, a Netanyahu in cambio della liberazione degli ostaggi rimasti ancora in vita dopo sette mesi di torture fisiche e psicologiche nelle carceri segrete di Hamas?

Ricapitolando: Israele viene attaccata, subisce un pogrom senza precedenti (1.200 civili trucidati in territorio israeliano in un solo giorno), sia il governo israeliano sia i suoi alleati occidentali concordano che occorra una risposta senza precedenti e che porti allo sradicamento di Hamas dal suo territorio. Ma col prolungarsi della guerra, Joe Biden ha cambiato completamente atteggiamento, per non parlare dei governi del Regno Unito e dell’Ue.

Da appoggio incondizionato, si è passati al tentativo di appeasement e infine alla condanna unilaterale nei confronti di Israele, la parte lesa. Gli Usa hanno addirittura predisposto sanzioni unilaterali nei confronti di alcune unità militari dell’IDF, considerate colpevoli di crimini di guerra, senza che la magistratura israeliana abbia condotto indagini, ma solo sulla base di denunce di ong pacifiste.

Il sondaggio

Come abbia fatto Biden a cambiare rotta di 180 gradi è presto spiegato: ha paura di perdere le elezioni. Ma allora vuol dire che l’opinione pubblica americana è contraria al sostegno a Israele, dopo quel che ha visto a Gaza? Niente affatto. L’opinione pubblica americana è dalla parte di Israele, senza se e senza ma. Lo rivela l’ultimo sondaggio Harvard/Harris effettuato alla fine di aprile, con domande anche molto precise.

La domanda posta agli intervistati è: “Israele dovrebbe andare avanti con un’operazione a Rafah per finire la guerra con Hamas, facendo del suo meglio per evitare vittime civili (anche se ci saranno vittime), o dovrebbe ritirarsi ora e permettere ad Hamas di continuare a governare Gaza?”. In risposta, il 72 per cento afferma che Israele dovrebbe andare avanti con l’operazione, mentre il 28 per cento sostiene che dovrebbe fare marcia indietro e permettere ad Hamas di continuare a governare Gaza. Compreso il 57 per cento di coloro che hanno tra i 18 e i 24 anni e percentuali crescenti per ogni gruppo di età superiore.

Complessivamente, il 78 per cento dei partecipanti al sondaggio sostiene che Hamas dovrebbe essere rimosso dal potere, ma è diviso su cosa dovrebbe accadere dopo: il 30 per cento sostiene che Israele dovrebbe amministrare Gaza, il 35 che dovrebbe farlo l’Autorità Palestinese e il restante 35 per cento che dovrebbe essere istituita una nuova autorità con la partecipazione degli altri Stati arabi.

I giovani

Il sostegno a Israele è stato il più basso tra i gruppi di età più giovani. I sondaggisti hanno rilevato che il 64 per cento delle persone tra i 25 e i 34 anni e il 57 per cento di quelle tra i 18 e i 24 anni hanno dichiarato di sostenere maggiormente Israele, mentre il resto di queste fasce d’età ha dichiarato di sostenere maggiormente Hamas. Oltre il 90 per cento di coloro che hanno 65 anni e più e di coloro che hanno tra i 55 e i 64 anni ha dichiarato di sostenere maggiormente Israele.

La stragrande maggioranza di coloro che hanno tra i 55 e i 64 anni e di coloro che hanno 65 anni e più sono favorevoli a un cessate il fuoco solo dopo la scomparsa di Hamas e la restituzione degli ostaggi. Maggioranze più ristrette di persone tra i 35 e i 44 anni e tra i 45 e i 54 anni sono a favore di questo, mentre il 59 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni e il 67 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni sono a favore di un cessate il fuoco incondizionato.

Se ne deduce che, quando Biden ritira il suo sostegno incondizionato a Israele, lo fa pensando alla minoranza di estrema sinistra del Partito Democratico, ai finanziatori arabi, alla minoranza musulmana americana e all’elettorato giovane, che spera di attirare al voto. Ma non lo fa pensando alla maggioranza degli americani. Sarebbe però un errore rischiare di perdere la maggioranza per conservare il consenso delle minoranze, in elezioni dove si lotterà negli Stati in bilico anche per una manciata di voti.

Questo, solo badando alle logiche elettorali. Ma non sempre si pensa alle elezioni, ci sono delle ragioni più profonde, più psicologiche e basate sull’esperienza del passato recente. “Joe Biden scagiona Israele dalla strage dell’ospedale a Gaza (poi rivelatasi un fake, ndr) ma lo esorta a non ripetere gli errori commessi dagli Usa dopo l’11 settembre. E a non farsi divorare dalla rabbia”, si legge su un lancio di Ansa del 19 ottobre, dunque dodici giorni dopo il pogrom.

La confusione dei Democratici

Quali sarebbero questi errori? Tutta la narrazione dei Democratici si basa sul mito della “super-reazione” all’11 settembre. Guantanamo, l’Iraq, Abu Ghraib, i rapimenti dei sospetti terroristi all’estero e le prigioni segrete della Cia, la tortura dei sospetti terroristi, la “guerra per scelta” in Iraq e la “guerra infinita” in Afghanistan, sono parte dell’armamentario della sinistra americana dal 2001. Promettendo il ritiro dall’Iraq, Obama ha vinto le elezioni del 2008. E la prima azione di politica estera di Biden è stato il ritiro dall’Afghanistan nel 2021.

I Democratici hanno contestato su tutta la linea l’amministrazione Bush. Ma hanno dimostrato, con le due amministrazioni Obama e quella di Biden, di non avere ricette alternative. Guantanamo va chiusa, ma dove mandare i terroristi rei confessi? E soprattutto: chi li vuole prendere? I Paesi sponsor del terrorismo non devono essere invasi, ma che fare, poi, con il Califfato di al Baghdadi che organizza attentati in tutto il mondo? I rapimenti dei sospetti terroristi all’estero non devono più essere effettuati, basta torture e le prigioni segrete vanno chiuse, ma allora sono meglio le eliminazioni mirate con i droni (arma preferita da Obama)?

Le risposte alla minaccia jihadista, alla fine, sono state molto confuse. Da un lato, i Democratici sono convinti che il terrorismo non si debba combattere con metodi militari, ma solo politici e sociali, esattamente lo stesso motivo per cui non combattono contro la criminalità ordinaria nelle città da loro amministrate. Dall’altro, quando governano, devono fare qualcosa per proteggere i cittadini dalla violenza di un nemico fanatico che ha limiti nella sua voglia di uccidere. La stessa insicurezza, i Democratici, la proiettano anche su Israele. Gli americani comuni dimostrano, in questo, di avere idee molto più chiare

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