Cambio di rotta dell’Italia in Medio Oriente: ritorno all'”equivicinanza”?

Dalle parole di Meloni, Crosetto e Tajani sembra rinascere la vecchia dottrina di Craxi e D’Alema. Travisano la minaccia su Israele e la natura del conflitto con Hamas

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Con una mossa diplomatica del tutto inattesa, il governo Meloni ha dunque steso il tappeto rosso per il nuovo primo ministro dell’Autorità Palestinese, Mohammed Mustafà, innescando incertezze su un potenziale cambio di rotta nella politica mediorientale dell’Italia.

Questa sontuosa accoglienza, orchestrata dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro degli esteri Antonio Tajani, contrasta nettamente con il risoluto allineamento dell’Italia con Israele mostrato finora, suggerendo una possibile rinascita della vecchia dottrina dell’“equivicinanza”.

Questa posizione, un tempo sostenuta dall’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, è emblematica delle acrobazie politiche italiane e ha radici storiche che risalgono a leader come Giulio Andreotti, Bettino Craxi e Aldo Moro.

Ripresi i pagamenti all’UNRWA

In un ulteriore gesto di appeasement, l’Italia ha anche annunciato la ripresa dei finanziamenti per l’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi, decisione presa dopo una sospensione dovuta ad accuse di coinvolgimento dei dipendenti dell’UNRWA nel massacro del 7 Ottobre guidato da Hamas. Tajani ha annunciato lo stanziamento di 35 milioni di euro per l’assistenza ai palestinesi, ripetendo la tendenza storica dell’Italia a compiere capriole diplomatiche durante le crisi mediorientali.

Le recenti azioni, se consolidate, equivalgono a una dichiarazione pubblica che posiziona l’Italia in un terreno ambiguo in Medio Oriente.

Le parole di Meloni e Crosetto

Meloni ha ribadito questo cambio di rotta in una intervista al programma In 1/2 Ora su Rai3. Il presidente del Consiglio ha articolato un doppio ragionamento, manifestando, da un lato, apprensione per le crescenti minacce alla sicurezza di Israele; pur sostenendo, dall’altro, le richieste internazionali per un cessate il fuoco immediato.

Giorgia Meloni ha criticato le operazioni in corso a Rafah, sottolineando l’urgenza di privilegiare la pace e il dialogo rispetto all’escalation militare. “L’antisemitismo sottostante è profondamente preoccupante”, ha osservato, “ma Israele rischia di cadere nelle trappole tese dagli estremisti. Il rispetto del diritto internazionale è imprescindibile. Sosteniamo un cessate il fuoco sostenibile e la liberazione di tutti i prigionieri. Fermare un intervento israeliano a Rafah è di fondamentale importanza. Rafforzare l’Autorità Palestinese è indispensabile per favorire una pace resiliente e duratura.”

Poco dopo, il ministro della difesa Guido Crosetto ha fatto eco alle preoccupazioni di Meloni riguardo alle azioni di Israele, assumendo però una posizione più rigida e condannando il comportamento di Israele a Rafah con maggiore severità. Crosetto ha affermato che le azioni di Israele “perpetuano l’odio contro Israele e influenzano negativamente le generazioni future”.

Ha inoltre censurato Israele per non aver distinto tra Hamas e la popolazione palestinese. Crosetto ha anche tracciato paralleli tra le situazioni in Medio Oriente e in Ucraina, sottolineando la limitata influenza della comunità internazionale sulle azioni unilaterali degli stati. Ha deplorato la mancanza di rispetto per i diritti dei civili innocenti, sottolineando l’imperativo di una nuova strategia per affrontare la questione palestinese.

Crosetto ha poi chiesto a Israele di esercitare moderazione e sottolineato la necessità urgente di risolvere il conflitto per evitare ulteriori escalation. Ha messo in guardia contro i pericoli di una guerra prolungata e ha sottolineato l’importanza della solidarietà globale nel fronteggiare le crisi. Infine, ribadendo la condanna per le azioni di Israele a Rafah, Crosetto ha invocato un “approccio più giustificabile ed equo” al conflitto, invocando una via verso una “pace sostenibile”.

Il diritto all’autodifesa

Le posizioni di Meloni e quelle di Crosetto sono tuttavia fallaci. Sebbene il sostegno di Meloni a un cessate il fuoco immediato possa sembrare un appello alla salvaguardia delle vite civili, il suo mancato riconoscimento delle minacce esistenziali che affronta Israele sminuisce la gravità della situazione.

Sostenendo la cessazione delle operazioni militari israeliane senza affrontare adeguatamente il continuo bombardamento con razzi lanciati da fazioni estremiste a Gaza contro i civili israeliani, la posizione di Meloni rischia di minare il diritto fondamentale all’autodifesa di Israele. Inoltre, la sua moderazione potrebbe involontariamente incoraggiare i gruppi estremisti e compromettere gli interessi di sicurezza di Israele nel lungo termine.

Scarsa comprensione del conflitto

Anche l’approccio di Crosetto è aberrante. Pur essendo apparentemente empatico nei confronti dei civili innocenti, il suo approccio ignora le realtà fondamentali del conflitto. Tracciare paralleli tra il Medio Oriente e l’Ucraina semplifica pericolosamente le dinamiche complesse in gioco, ignorando le sfide storiche, politiche e di sicurezza uniche che affronta Israele, minando il diritto di autodifesa di Israele e travisando la natura del conflitto.

Inoltre, l’appello di Crosetto affinché Israele distingua tra Hamas e la popolazione palestinese dimostra una scarsa comprensione della situazione sul campo. Hamas si nasconde tra la popolazione civile, utilizzandola cinicamente come scudo umano mentre prende di mira indiscriminatamente i civili israeliani. Aspettarsi che Israele faccia tale distinzione nel mezzo del conflitto non è solo irrealistico, ma mette anche in pericolo le vite israeliane, ostacolando la capacità delle IDF di neutralizzare le minacce.

Inoltre, l’appello di Crosetto ignora il ruolo di Hamas nel perpetuare le sofferenze dei palestinesi. Il rifiuto di Hamas della pace, l’uso del terrorismo e l’accaparramento degli aiuti umanitari per scopi militari contribuiscono direttamente ai problemi dei palestinesi. Ignorare queste realtà e incolpare eccessivamente Israele non solo assolve Hamas dalle sue responsabilità, ma compromette anche gli sforzi per affrontare le cause profonde del conflitto e raggiungere una pace duratura.

Sebbene sostenere la risoluzione del conflitto e la solidarietà globale possa sembrare nobile, la condanna di Crosetto delle azioni di Israele a Rafah manca di sfumature e ignora la necessità di misure difensive per proteggere i civili israeliani dagli attacchi terroristici. Invece di esortare Israele alla moderazione, dovrebbe chiedere a Hamas di cessare le aggressioni e riconoscere il diritto di Israele di esistere. Finché Hamas non rinuncia alla violenza e abbraccia la pace, qualsiasi via verso una pace sostenibile rimarrà elusiva e Israele non avrà altra scelta che difendersi dalle minacce contro il suo diritto all’esistenza.

Il prezzo dell’ambiguità

Alcuni analisti esteri sostengono che il cambiamento di rotta dell’Italia potrebbe essere motivato politicamente a causa della sua tempistica sospetta. In molte cancellerie, aleggia scetticismo riguardo alle vere intenzioni dell’Italia, particolarmente in vista delle elezioni europee dove la questione israelo-palestinese appare avere un peso.

Mentre l’Italia cerca una nuova strategia sul Medio Oriente, la comunità internazionale osserva con interesse, consapevole degli storici equilibrismi diplomatici italiani. Sebbene questo possa essere mero elettoralismo, porta comunque conseguenze sulla reputazione internazionale.

L’ambiguità politica, specialmente quando non supportata da un sostanziale potere militare e diplomatico, è dannosa. L’Italia, priva di entrambi, rischia di minare la sua credibilità sulla scena globale. Una politica estera coerente e costante è essenziale per mantenere influenza internazionale, e l’attuale approccio di Roma potrebbe danneggiare la sua posizione e la sua efficacia nell’affrontare questioni critiche.

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