Esteri

Chi è Sergey Kiriyenko: l’uomo di Putin in Ucraina e suo possibile successore

Specchio fedele dell’involuzione del regime, può essere anche l’uomo giusto per riallacciare le relazioni con l’Occidente? Tutto dipenderà dall’esito della guerra

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Dopo anni di smarrimento post-ideologico seguito alla fine dell’Unione Sovietica e di apparente pragmatismo nei primi anni dell’era Putin, almeno dal biennio 2007-2008 la Russia è andata alla ricerca di un progetto nazionale che rimpiazzasse il marxismo-leninismo caduto in disgrazia.

Ideologia russa

A partire dal conflitto con la Georgia e poi compiutamente con gli avvenimenti del 2014 in Crimea e nel Donbass, l’idea russa – la cui traiettoria nel corso dei secoli è stata ottimamente tratteggiata da Bengt Jangfeldt – ha gradualmente ritrovato la sua centralità nel discorso pubblico del putinismo. Oggi quell’idea è pronta a farsi nuovamente ideologia, al servizio di una propaganda pervasiva finalizzata a giustificare ad uso interno l’invasione dell’Ucraina.

Secondo quanto riferito da Meduza, il corso di “ideologia russa” sarà presto introdotto nei curricula universitari come materia di insegnamento obbligatoria. Alla base, l’idea che la decadenza dell’Occidente sia inevitabile e che il futuro appartenga alla Russia. Una riedizione del radioso avvenire di ascendenza sovietica, che Putin sembra intenzionato a far rivivere a livello di retorica nazionale.

La traiettoria di Kiriyenko

A presiedere l’indottrinamento patriottico delle nuove generazioni il Cremlino ha scelto uno degli uomini di fiducia del presidente, quel Sergey Kiriyenko che dal 2016 occupa l’incarico di primo vice-direttore dell’amministrazione presidenziale, in pratica l’ufficio esecutivo del líder máximo. La traiettoria di Kiriyenko dal riformismo liberale dell’era eltsiniana al nazionalismo panrusso merita di essere brevemente riassunta, perché è lo specchio fedele dell’involuzione del regime nel suo insieme.

Sessantunenne, nato in Abkhazia da padre ebreo, cresciuto a Sochi e nipote di un cekista fedelissimo di Lenin, Kiriyenko sale alla ribalta della politica nazionale per la prima volta nel marzo 1998, quando Eltsin lo nomina per ben tre volte consecutive primo ministro, costringendo la Duma a ratificarlo, pena lo scioglimento per legge.

Il suo mandato dura solo cinque mesi, a causa della svalutazione del rublo e della crisi finanziaria che mette in ginocchio il Paese. Ma in quel breve periodo si ritaglia la fama di “giovane riformista”, insieme ai suoi vice Anatoly Chubais e Boris Nemtsov. Con quest’ultimo forma l’Unione delle Forze di Destra, un partito liberale che ottiene una trentina di deputati alle elezioni dell’anno successivo.

Il grande salto

Il grande salto di Kiriyenko dentro la verticale del potere ha una data precisa, il 30 novembre 2005, quando all’inizio del secondo mandato di Putin viene insediato al vertice di Rosatom, l’agenzia statale per l’energia nucleare.

Ci rimarrà undici anni, fino a quando sarà chiamato a servire nell’amministrazione presidenziale: un esempio da manuale dell’intercambiabilità delle cariche pubbliche nel sistema putiniano e della commistione fra politica e apparato industrial-militare.

Alla corte di Putin

Quando arriva alla corte dello zar nel 2016, Kiriyenko è quasi unanimemente considerato “un funzionario di un’altra epoca”, quella delle riforme eltsiniane, dei crediti internazionali, delle speranze di una rinascita economica naufragate nel default. Ma Putin la vede diversamente e punta fin da subito su quel residuo degli anni ‘90.

Gli affida il dossier di politica interna, mentre lui è occupato a riscrivere la storia delle relazioni internazionali della Russia. In pratica Kiriyenko diventa da quel momento il responsabile delle vittorie elettorali di Putin o, detto in altri termini, di renderle verosimili e vendibili all’estero, garantendo la partecipazione e le maggioranze necessarie. Il 77 per cento ottenuto da Putin alle presidenziali del 2018 lo consacra come regista della rappresentazione “democratica”.

Ma agli occhi della nomenklatura Kiriyenko resta un tecnocrate senza guizzi. Mentre Vladislav Surkov passa alla storia come l’autore intellettuale del fumoso ma popolare concetto di democrazia sovrana (un eufemismo per indicare un regime sempre più autoritario), lui viene ricordato soprattutto per la scuola di formazione dei governatori regionali e per il coordinamento di una campagna nazionale per la costruzione di infrastrutture, presto finita nel dimenticatoio.

In realtà, Kiriyenko prova a lasciare il segno nel processo di formazione della nuova idea russa: la sua proposta si chiama “visione di futuro”, un programma un po’ troppo ottimistico per l’avvenire che ha in mente Putin per il Paese, accantonato quasi subito. Ma il destino attende il nostro dietro l’angolo.

L’uomo di Putin in Ucraina

Il 24 febbraio 2022 Putin lancia l’invasione dell’Ucraina. Fallita la conquista della capitale e con l’esercito incapace di raggiungere gli obiettivi minimi prefissati, a settembre il dittatore ha bisogno di portare a casa qualcosa. Si inventa l’annessione dei territori occupati nel Sud-Est, da formalizzare tramite referendum-farsa. Chi collocare all’organizzazione dei plebisciti se non l’addomesticatore di elezioni per eccellenza, Sergei Kiriyenko?

Da quel momento l’ex riformista liberale diventa l’uomo di Putin in Ucraina, preposto alla russificazione delle zone “tornate” – secondo Mosca – sotto la sovranità russa. I favori vanno ripagati: è proprio Kiriyenko che nel 1998, da primo ministro, apre le stanze dei bottoni al suo attuale padrino, nominandolo al vertice dei servizi segreti (FSB). La storia della Russia è circolare.

La successione di Putin

Il “viceré del Donbass”, come lo si conosce oggi, sembra aver finalmente trovato il senso della sua missione ideologica: sottomettere l’Ucraina ai diktat del Cremlino e indottrinare la gioventù russa nelle aule universitarie con il suo fiammante programma patriottico. E, perché no, ambire alla successione di Putin, con o senza la sua approvazione.

Tutto dipenderà dall’esito della guerra. Se la Russia potrà presentare il risultato dell’aggressione come una vittoria, la linea di continuità all’interno del regime sarà assicurata. Chiunque succeda a Putin, per morte, malattia o abbandono, porterà avanti l’attuale agenda nazionalista e espansionista.

Se la Russia sarà sconfitta e Putin rimosso con le buone o con le cattive, Kiriyenko potrebbe invece rivelarsi il classico Giano bifronte, destinato – in virtù della sua esperienza eltsiniana – a riallacciare le relazioni con quell’Occidente con cui ha già collaborato venticinque anni fa.

È un uomo ideologicamente molto flessibile, che non andrà mai controvento“, spiega Vadim Prokhorov, uno dei suoi ex colleghi degli anni liberali. Da che parte soffierà il vento, la resistenza ucraina e le armi occidentali diranno.

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