Esteri

Chi parteggia per Putin santifica Saddam: è l’odio per l’Occidente

Una forma reattiva abbastanza isterica. Gli arguti contestatori della guerra irachena oggi si bevono le falsificazioni ben più inverosimili del Cremlino

Esteri

I venti anni dallo scoppio della Seconda Guerra del Golfo (20 marzo 2003) non sono passati inosservati e sui social quella parte di opinione pubblica che parteggia per la Russia ne ha tratto motivi per denunciare l’origine occidentale di ogni conflitto: dalle guerre puniche fino alla guerra in Ucraina.

La valutazione positiva di ogni figura politica che nello scenario internazionale si contrapponga all’“ordine liberale del mondo” va in automatico e prescinde dal fatto che le persone in questione appartengano alla categoria degli autocrati. Anzi, la contrapposizione all’odiato Occidente diventa motivo di giustificazione per ogni aspetto oscuro o rosso-sangue della loro azione.

La santificazione di Saddam

Proprio la santificazione di Saddam Hussein, quasi-vergine e martire della guerra amerikana, fornisce un esempio significativo di come l’antioccidentalismo (che è cosa diversa da una adulta valutazione critica di tutto ciò che non va nel mondo occidentale) sia una forma reattiva abbastanza isterica.

Saddam Hussein nel 1990 aveva invaso un Paese cruciale per le forniture petrolifere in tutto il mondo come il Kuwait e per questo si attirò una reazione scontata: la Prima Guerra del Golfo.

Il caso delle armi di distruzione di massa

L’accusa di possesso di armi di distruzione di massa non era una invenzione di un Dottor Stranamore, ma la conseguenza del fatto che Saddam aveva effettivamente attuato una gassazione di massa di curdi, cioè di una minoranza presente all’interno del suo stesso Stato.

Il possesso di un arsenale chimico pronto all’uso era solo una storia del passato o una potenzialità del regime iracheno sopravvissuto (per volontà della amministrazione Bush padre) alla Prima Guerra del Golfo? Sarebbe stato facile sciogliere il dilemma: attraverso regolari indagini di ispettori Onu.

Ma guarda caso, dal 1998, Saddam Hussein aveva rifiutato di accogliere in Iraq osservatori internazionali dell’Onu: per questo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite all’unanimità aveva nel 2002 condannato l’Iraq e intimato di aprire le porte ai controlli.

Unanimità significa che si erano schierati contro Saddam Hussein anche la Santa Russia di Putin e la confuciana Cina, quella che oggi dopo l’impantanamento dei russi in Ucraina è diventato il nuovo faro di civiltà per i cultori delle meravigliose sorti del “mondo multipolare”

Saddam eroe o fantoccio?

A proposito di mondo multipolare, una brillante realtà di questa parte del pianeta che si contrappone all’egemonia occidentale è l’Iran: il Paese degli ayatollah, dei fornitori di droni contro l’Ucraina e delle repressioni contro le donne colpevoli di essersi “svelate” … ma per 8 anni, dal 1980 al 1988, proprio Saddam Hussein ha mandato i giovani iracheni al macello contro l’Iran.

In nome del principio di non contraddizione occorrerebbe capire se questo Hussein è stato un lungimirante leader socialista (socialista?) o un fantoccio degli americani con l’incarico di combattere i santi uomini della teocrazia iraniana.

Nei confronti di Zelenski, che difende il suo Paese, l’accusa è impietosa: è solo una pedina delle plutocrazie occidentali, Saddam Hussein invece è stato trasformato in un martire-eroe da una insistente propaganda e dalla ingenuità ideologica di chi vi aderisce. Eppure, qualche dubbio che combattesse una “guerra per procura” poteva sorgere.

Gli errori della Seconda Guerra irachena

Certo, la seconda guerra dell’Iraq ha evidenziato notevoli criticità: essendo l’Iraq a maggioranza scita rovesciare Saddam ha significato fare un immenso favore agli ayatollah di Teheran.

A parte questo squilibrio geopolitico, gli errori più significativi sono stati probabilmente compiuti nel Dopoguerra, quando non si è recuperata subito la componente sunnita lasciando allo sbando l’esercito regolare iracheno, i cui membri in un numero non irrilevante si sono riversati nell’Isis.

Guerra di liberazione

Vi è poi il capitolo doloroso delle vittime: sia della guerra che del dopoguerra. Per evitare quelle vittime non era preferibile lasciare tutto l’Iraq nelle mani di Saddam Hussein e della minoranza sunnita? Se si rivolge il quesito a un occidentale è facile che la risposta propenda in nome di ragioni umanitarie per un sì… ma provate a rivolgere la stessa domanda a un curdo di Mosul o a uno scita di Bassora: difficilmente troverete rimpianti per la caduta del regime di Saddam e la fine dell’egemonia sunnita.

La verità è che queste componenti dell’Iraq hanno vissuto la guerra del 2003 non come una invasione, ma come l’occasione per liberarsi da una storica oppressione, anche se non lo ammetteranno mai (soprattutto la componente sciita legata al grande fratello iraniano).

Le falsificazioni di Putin

Infine, inutile negare che la preparazione della Seconda Guerra in Iraq basata su fallacie come la boccetta agitata da Colin Powell ha alimentato per comprensibile reazione una messa in stato d’accusa delle ragioni del mondo occidentale: un processo ideologico del quale si sono ovviamente avvantaggiati i regimi cinese, russo, venezuelano, iraniano, regimi che come è noto amano la verità più di Socrate, Platone e Aristotele.

Va però detto che gli arguti contestatori della “sceneggiata di Colin Powell al Palazzo di Vetro” oggi considerano del tutto attendibili falsificazioni ben più inverosimili come le variegate giustificazioni dell’operazione speciale di Putin: la presenza di un governo “neonazista” a Kiev, i laboratori biologici americani sparsi per l’Ucraina, la difesa delle stesse popolazioni russofone dell’Est (oggi soggette a bombardamenti quotidiani), addirittura la prevenzione di un attacco nucleare alla Russia da parte dell’Ucraina.

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde