Chi si sta allontanando da Mosca per la guerra in Ucraina

La guerra della Russia contro l’Ucraina sta spingendo il Kazakistan e altri attori dell’Asia Centrale e del Caucaso a riconsiderare le proprie relazioni con Mosca

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La guerra della Russia contro l’Ucraina sta spingendo il Kazakistan, storico alleato della Russia in Asia centrale, a riconsiderare la sua politica estera. Sebbene l’aiuto della Russia nel reprimere le proteste antigovernative nei primi giorni del 2022 sia stato fondamentale, le relazioni tra i Paesi sono tese da quando Mosca ha scatenato la guerra su vasta scala contro Kiev.

Tensioni con il Kazakistan

Il Kazakistan si è rifiutato di riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk, citando il diritto internazionale come motivo della sua decisione. Ha, inoltre, rigettato l’offerta russa di unirsi alla sua guerra in quanto membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’organizzazione militare alternativa alla Nato diretta da Mosca. Il diniego è stato elogiato dalla Casa Bianca.

Queste decisioni hanno generato diversi scontri pubblici tra i funzionari dei due Stati: l’ambasciatore russo in Kazakistan, Alexey Borodavkin, ha affermato che nel Paese vi sarebbe un aumento delle “tendenze nazionaliste radicali”. In risposta, il presidente del Mäjilis, il Parlamento kazako, Erlan Qoşanov, ha etichettato le dichiarazioni di Borodavkin come poco professionali.

Una risposta più emotiva è arrivata dal giornalista kazako Arman Shuraev, che ha avvertito Borodavkin che se la Russia tentasse di “denazificare” il Kazakistan, allora i campi si ricoprirebbero di “mobik” russi – si tratta di un termine dispregiativo per indicare i militari “mobilitati” per la guerra.

Nel frattempo, il presidente kazako dell’Associazione delle imprese dell’industria della difesa, Aibek Barysov, ha dichiarato di voler sviluppare ulteriormente la cooperazione con Ankara e le aziende turche, osservando che gli standard tecnologici della Nato sono più moderni, dunque più sicuri e attraenti di quelli russi.

Nonostante questi aspetti positivi, l’Occidente non dovrebbe riporre, almeno per il momento, grandi speranze nel governo del Kazakistan per almeno due motivi: il pessimo stato generale delle libertà e dei diritti nel Paese (denunciato da organizzazioni come Human Rights Watch) e la diffusa corruzione. Il presidente Qasym-Jomart Tokayev è circondato da funzionari della sicurezza e membri del governo corrotti, spesso in ambigui rapporti col Cremlino, che rendono difficile la gestione di un corso politico indirizzato a Ovest.

Il Kazakistan, inoltre, sta ancora aiutando la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali. I droni e i microchip acquistati da Mosca transitano sul territorio kazako. Il tutto nonostante il fatto che Astana abbia promesso di ridurre tale commercio mediante un sistema di monitoraggio elettronico delle esportazioni di beni.

L’inquietudine degli armeni

Il gigante centro asiatico non è il solo Stato che cerca di “sganciarsi” dalla Russia, nel tentativo di ritagliarsi una maggiore autonomia. L’incertezza nel Nagorno-Karabakh, dove gli azeri bloccano i rifornimenti di cibo, medicine e carburante destinati agli armeni della Repubblica dell’Artsakh, sta orientando il governo armeno sempre più verso Occidente.

La Russia, al termine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, consumatasi nel 2020, si era fatta garante della sicurezza degli armeni, ma la guerra illegale e non necessaria della Russia in Ucraina ha distratto i russi da ogni altro impegno internazionale, rendendola incapace di frenare le incursioni azere nei villaggi armeni dell’Artsakh.

Declino russo

La credibilità russa sullo scacchiere internazionale si è fortemente deteriorata e, sul fronte interno, le cose non vanno meglio. La prospettiva di una sconfitta russa in Ucraina ha scatenato una miriade di discussioni relative a una ipotetica dissoluzione del Paese lungo faglie etniche, soprattutto nel Caucaso e nell’oblast’ di Astrachan’.

Il rapido declino della Russia come grande potenza avviene in contemporanea al rinvigorimento della Nato e dell’Unione europea. Gli Stati Uniti dovrebbero seguire l’Ue nella costruzione di relazioni con il Caucaso meridionale e nell’intermediazione dei colloqui tra Armenia e Azerbaigian. La Russia, infatti, continua a utilizzare la vecchia politica imperiale del “divide et impera” per mantenere i conflitti e le tensioni nel Caucaso meridionale, preferendo conflitti congelati e latenti ad un autentico processo di pace.

Washington dovrebbe anche incoraggiare e facilitare la riconciliazione turco-armena, che sarebbe nell’interesse di tutti e tre i Paesi. Così facendo espanderebbe l’influenza occidentale nel Caucaso meridionale e nell’Asia centrale. A tal fine, bisognerebbe ostacolare le lobby filo-russe in Armenia e Kazakistan.

Cordone sanitario

Per neutralizzare definitivamente la minaccia russa è necessario non solo che l’Ucraina vinca la guerra e sia ammessa nella Nato, ma creare una serie di partenariati con le nazioni del Caucaso e dell’Asia centrale, che svolgano la funzione di “cordone sanitario” e intralcino le relazioni russo-iraniane (i droni e missili iraniani, attualmente, arrivano in Russia attraverso lo spazio aereo e gli aeroporti dell’Armenia).

L’ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, Zbigniew Brzezinski, disse che la Russia, senza l’Ucraina, cessa di essere un impero. La perdita dello stato est europeo potrebbe non essere sufficiente a vanificare l’espansionismo russo, pertanto l’Occidente deve, necessariamente, estendere la propria influenza ai confini meridionali della Russia.

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