Domanda: non vi pare lunare che dopo l’orrore visto in Israele, parta dai leader di Hamas nel rifugio sicuro di Doha, in Qatar, un appello globale alla Jihad, a colpire gli ebrei in tutti i Paesi, a partire da Israele stesso e dai Paesi confinanti, e i leader occidentali restino in silenzio? Possibile che non abbiano nulla da dire all’emiro del Qatar che ospita la leadership di Hamas?
Appello o ordine?
Parliamo dell’appello di Khalid Mashal, tra i leader e membri fondatori di Hamas, il quale ha chiamato i musulmani di tutto il mondo alla “mobilitazione generale”, chiedendo loro: (1) di mostrare la propria rabbia, venerdì 13 ottobre, domani, nei Paesi musulmani e anche nella diaspora musulmana nel mondo. Lo ha battezzato “il venerdì del diluvio di Al-Aqsa”, un “messaggio di rabbia ai sionisti e all’America”; (2) di mandare soldi per i “combattenti” di Gaza, chiamandolo “Jihad finanziario”; (3) ai leader musulmani e alle nazioni musulmane ha chiesto di esercitare pressioni politiche per fermare l’invasione militare di Gaza da parte di Israele; (4) ma “la cosa più importante”: ha chiesto a tutti i musulmani del mondo di portare avanti la Jihad con le loro anime, combattere ed essere martiri per Al-Aqsa.
Ha chiesto che i musulmani combattano contro gli ebrei, a cominciare dai palestinesi che vivono in Cisgiordania e in Israele e dai musulmani nei Paesi confinanti: Giordania, Siria, Libano ed Egitto (ma anche altri Paesi). Che vadano alle frontiere e cerchino di entrare, ciascuno con i propri mezzi. Ha detto: “Questo è il momento per la Jihad di essere applicata sul campo piuttosto che solo in teoria”. Concludendo: “I fondi sono importanti ma oggi chiediamo il vostro sangue e la vostra anima”.
Un appello, o piuttosto un ordine inquietante, che può significare decine o centinaia di attentati in tutto il mondo, o vere e proprie Intifade nelle piazze arabe e occidentali.
Il doppiogioco di Al-Thani
Proprio ieri il premier Giorgia Meloni ha avuto un colloquio con Al-Thani. Avrà parlato, come usa dire in queste occasioni, di de-escalation, corridoi umanitari, scambio di ostaggi. Chissà se Meloni sapeva già dell’appello di cui stiamo parlando. Ma è tipico del Qatar: in queste crisi si offre come mediatore, coprendo il fatto che è parte in causa, dal momento che ospita e finanzia i leader di Hamas, in particolare il capo politico Ismail Haniyeh, che ha preso parte alla pianificazione dell’attacco e anche lui promotore nelle scorse ore di un simile appello.
Gli Stati Uniti si servono spesso del Qatar come canale di comunicazione. Ne sa qualcosa proprio la presidenza Biden, che fece affidamento su Doha per negoziare con i Talebani il ritiro dall’Afghanistan. Abbiamo visto tutti com’è finita. Sarebbe assurdo ricaderci anche stavolta.
Incredibile come i leader occidentali non vedano il doppiogioco di Doha, che con le sue offerte di mediazione cerca di guadagnare tempo per Hamas, facendo leva sulle preoccupazioni di carattere umanitario cerca di muovere a compassione gli Stati Uniti e i Paesi europei spingendoli a fermare o moderare la reazione di Israele. Di solito il giochino riesce, specie con i Democratici alla Casa Bianca, ma stavolta siamo di fronte a qualcosa di troppo grande e sconvolgente.
Legami da recidere
Come è stato detto e scritto, è stato l’11 Settembre di Israele. Ma se è così, perché non pretendere dal Qatar la consegna dei leader di Hamas, come gli Stati Uniti pretesero giustamente la consegna di Osama bin Laden dai Talebani?
No, non siamo così ingenui, sappiamo benissimo perché. Il gas, i capitali, gli investimenti, le squadre di calcio, i grandi eventi. Altro che Panzeri, Al-Thani ha in mano mezza Europa, Bruxelles inclusa.
Ma è proprio questo il punto. Quanto accaduto in Israele sabato scorso, con la conferma della decapitazione di donne e bambini e altre atrocità, dovrebbe aprirci gli occhi, essere visto da tutti come un game changer, un evento spartiacque, a partire dal quale o cambiamo rotta, cominciando a recidere certi legami e certe dipendenze, o ci portiamo l’abisso in casa.