Cosa è andato storto con Iran e Sud Africa, da amici a nemici del Mondo Libero

Due transizioni molto diverse accomunate dall’ostilità verso i valori occidentali e Israele. Il Mondo Libero si sente in colpa e ritiene giusto subire la loro rappresaglia

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Un’altra ora buia per il Medio Oriente. Sul fronte militare, si allarga il conflitto contro i movimenti islamisti spinti dall’Iran: Hamas, Houthi ed Hezbollah. Sul fronte politico, invece, è il Sud Africa che lancia l’affondo peggiore, formalizzando la sua accusa di “genocidio” a Israele.

Contro l’afro-comunismo

Eppure, non moltissimo tempo fa, Sud Africa e Iran erano fra i più affidabili alleati di Israele e del Mondo Libero. Per tutta la Guerra Fredda, il Sud Africa era la prima linea contro l’afro-comunismo. Se Cuba e l’Urss mandavano “volontari” in Angola, a contrastarli c’era il Sud Africa, direttamente (con truppe in Namibia) o indirettamente (foraggiando gli anti-comunisti). Con Israele, il Sud Africa cooperò militarmente e anche sul programma nucleare, soprattutto dopo l’accordo (Issa) siglato nel 1975.

L’Iran era l’unico baluardo filo-occidentale in tutta la regione mediorientale. Mentre i Paesi arabi come Egitto, Siria, Iraq passavano tutti sotto l’orbita sovietica, lo Yemen del Sud diventava una sorta di DDR sul Mar Rosso e i ricchi Paesi dell’Opec solidarizzavano con la causa palestinese (come nel caso dello sciopero petrolifero del 1973-74), la presenza dell’Iran controbilanciava l’equilibrio di potere dalla parte di Israele e degli Stati Uniti.

Alleati imbarazzanti

C’era però una grave contro-indicazione, politica e anche morale: sia l’Iran che il Sud Africa non erano democrazie. Erano alleati imbarazzanti, soprattutto il Sud Africa con il suo sistema di apartheid, apertamente razzista che segregava la maggioranza dei neri. L’Iran non era meno imbarazzante. L’imperatore (shah) Reza Pahlavi era un modernizzatore all’antica, quindi: forza bruta contro chi si opponeva alle sue riforme. La ferocia della polizia politica iraniana, la Savak, non era da meno di quella dei regimi totalitari.

Khomeini e Mandela

Quel che successe dopo lo sappiamo tutti. Dopo un anno di rivoluzione, l’imperatore dovette andare in esilio nel 1979. Dopo una breve parentesi di democrazia, l’ayatollah Khomeini, divenne il padrone incontrastato del Paese. L’Iran, nel 1980, era già diventato un regime teocratico che governava col pugno di ferro sulla base di un’interpretazione intransigente della legge coranica. Qualunque crimine e coercizione della dittatura precedente, in confronto, appare come una passeggiata in confronto.

La fine dell’apartheid in Sud Africa è invece considerata tuttora una delle transizioni verso la democrazia meglio riuscite. Non è avvenuta a seguito di una rivoluzione, ma di una riforma, promossa dall’ultimo presidente bianco, Frederik de Klerk, in appena quattro anni dal 1990 al 1994. Il suo successore, Nelson Mandela, eroe della resistenza nera all’apartheid, non si vendicò ma mirò subito alla riconciliazione nazionale, anche accettando la coabitazione di de Klerk nella sua prima amministrazione.

Ma in prospettiva, anche il Sud Africa è un altro fallimento del Mondo Libero. Dopo Mandela, il suo partito, l’African National Congress, in un trentennio sta trasformando il Sud Africa nell’ennesima cleptocrazia africana. L’economia è in stagnazione, la criminalità non è mai stata domata, la corruzione è rampante. Il diritto di proprietà è a rischio, c’è sempre qualche estremista che propone di sequestrare tutti i beni dei bianchi, di fare come nello Zimbabwe, altra potenza agricola trasformata in poco tempo in uno Stato poverissimo e represso.

Contro il Mondo Libero

Ma soprattutto, nell’arena internazionale, Iran e Sud Africa sono diventati membri di spicco del blocco contro il Mondo Libero. L’Iran lo è esplicitamente, sin dall’inizio del regime di Khomeini che ha orientato la sua politica estera e rivoluzionaria contro “il grande e piccolo Satana”: Usa e Israele. Il Sud Africa ha invece adottato una politica estera più subdola, teoricamente amica delle democrazie, ma sempre più orientata verso un blocco alternativo.

La sua presa di posizione contro le sanzioni alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina è sotto gli occhi di tutti. E adesso la sua volontà di incriminare Israele per genocidio, quattro mesi dopo il pogrom di Hamas del 7 ottobre, è una dichiarazione di ostilità gratuita. Una presa di posizione che ricorda lo spirito della Conferenza internazionale contro il razzismo di Durban (in Sud Africa) nella quale il blocco dei Paesi del “Sud del mondo”, con quelli islamici capofila, avrebbe voluto equiparare il sionismo al razzismo.

Cosa è andato storto

Cosa è andato storto? Due le chiavi di lettura possibili. La prima è basata sul nostro senso di colpa storico: sostenevamo i regimi oppressivi, dunque è “naturale” che quelli successivi siano a noi ostili. Questa visione della storia, tuttavia, è smentita dal comportamento delle democrazie occidentali nei confronti del regime change, sia in Iran che in Sud Africa.

Quando scoppiò la rivoluzione iraniana, nel 1978, l’amministrazione Carter finì con l’abbandonare l’alleato Reza Pahlavi e garantirne la fuga dal Paese. Khomeini tornò nel Paese a rivoluzione compiuta, dopo che per anni era stato in esilio in Francia, protetto da Parigi come qualsiasi dissidente politico.

I governi europei e anche le migliori amministrazioni conservatrici americane (Reagan e Bush) hanno condannato l’apartheid nel Sud Africa, con un’intensificazione delle sanzioni internazionali negli anni Ottanta e la costruzione di un vero cordone sanitario culturale contro il regime razzista.

Alternative possibili

Quel che è mancata, semmai, è stata l’esportazione dei valori del Mondo Libero. Un’altra transizione in Iran dall’autoritarismo alla democrazia era possibile? Gli islamisti di Khomeini erano una delle tante forze promotrici della rivoluzione, ce ne erano altre socialiste, democratiche, nazionaliste. Fra lo shah e Khomeini c’è stato un breve intermezzo di Shapur Bakhtiar: prometteva una transizione verso la democrazia liberale, ma nessuno lo ha sostenuto con la forza e l’energia necessarie.

Un altro Sud Africa era possibile? Certamente sì, se non ci si fosse limitati a considerare solo l’African National Congress quale unica opposizione all’apartheid, trascurando la sua base ideologica socialista e il suo rapporto di amicizia con l’Urss. C’erano altre opposizioni, democratiche e liberali, all’apartheid, prima fra tutte quella del Partito Progressista, che intendeva promuovere democrazia, federalismo e libero mercato. Però, nel Mondo Libero, Mandela era l’eroe, mentre di Helen Suzman, Colin Eglin, Zach de Beer non si ricorda nessuno.

Il Mondo Libero ha perso il Sud Africa e ha perso l’Iran, perché si sente in colpa, perché si sente responsabile delle sofferenze dei loro popoli, perché tuttora ritiene di subire la loro “giusta” rappresaglia. Ma in sostanza, perché il Mondo Libero non crede in se stesso.

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