Esteri

Crisi energetica e vittoria della destra in Italia scuotono Bruxelles

Le proteste per il caro-energia, le imminenti elezioni in Italia. L’establishment Ue comincia a temere l’innesco di un cambiamento degli equilibri di potere nell’Ue

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La guerra in Ucraina, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde al termine dell’Eurogruppo che si è riunito venerdì 9 settembre a Praga, “oltre alla tragedia umana, ha provocato una crisi energetica che impatta direttamente sulle vite degli europei. La Bce combatterà questo nuovo choc con la stessa determinazione con cui ha combattuto il precedente”, cioè la pandemia di Covid-19

Le ha fatto eco nella stessa occasione il commissario europeo all’economia Paolo Gentiloni: “Gli indicatori più recenti segnalano un rallentamento dell’economia nei prossimi mesi, soprattutto a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia. L’inflazione è salita al 9,1 per cento, con grandi differenze tra i Paesi. Questo sta erodendo il potere d’acquisto e causando crescenti sofferenze a famiglie e imprese”.

Alla luce di questi fatti, ha aggiunto Gentiloni, una “recessione” in Europa “non è inevitabile, ma “onestamente il rischio di averne una è, evidentemente, cresciuto”.

Gli equilibri di potere nella Ue

Insomma, la consapevolezza che la situazione si sta facendo molto seria c’è sicuramente. C’è poi un altro dato di fatto da mettere in conto quando si esaminano le molte ricadute della guerra in Ucraina: le dinamiche di potere nella Ue stanno cambiando – o sono cambiate – in risposta ad un contesto profondamente mutato.

A cominciare da due dati di fatto: il primo è che la vicinanza di Viktor Orbán a Vladimir Putin ha paralizzato il gruppo di Visegrad (Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca). Il secondo è che la Polonia e gli Stati Baltici stanno gradualmente entrando in un rapporto più strutturato con Paesi nordici come Svezia e Finlandia, mettendo la Ue, Germania e Francia in testa, di fronte a un fatto compiuto di proporzioni quasi storiche.

Le proteste

In aggiunta a tutto questo, sabato 3 settembre decine di migliaia di cechi hanno protestato a Praga contro il governo per chiedere più aiuti statali a fronte dell’aumento delle bollette energetiche. Particolarmente significativi i molti cartelli che denunciavano l’adesione del Paese all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica. Si è trattato della più grande manifestazione di malcontento pubblico degli ultimi tre decenni a fronte di un pesantissimo aumento del costo della vita.

In Germania, più di 70 mila manifestanti lunedì 5 sono scesi in piazza a Lipsia, la città più popolosa della Sassonia (con 500 mila abitanti) per protestare contro l’inefficienza del governo nel prendere le misure necessarie a fronteggiare l’aumento dell’inflazione causato tra l’altro dalle sanzioni imposte alla Russia in risposta all’aggressione all’Ucraina.

Oltre a Die Linke (La Sinistra), anche diversi partiti di destra hanno manifestato, tra cui Freie Sachsen (Sassoni liberi) e Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania).

Meloni e Salvini spaventano Bruxelles

Last but not least, l’Europa guarda col fiato sospeso all’Italia, dove la molto probabile vittoria della coalizione di centrodestra alle elezioni del 25 settembre potrebbe veder cambiare ulteriormente le fluttuanti dinamiche di potere dell’Unione, come afferma il Financial Tmes.

Per cominciare, Giorgia Meloni, capofila della coalizione pronosticata vincente, ha promesso agli elettori che avrebbe cercato di modificare il Piano nazionale di ripresa dell’Ue (Pnrr) recentemente approvato dal Paese e avrebbe utilizzato i soldi per ridurre le bollette energetiche dei consumatori se avesse vinto le elezioni.

Non può essere un’eresia dire che il Piano nazionale di ripresa possa essere perfezionato: lo prevede il piano stesso, ha detto lunedì 5 a Cernobbio, al Forum Ambrosetti.

A sua volta, sempre a Cernobbio, Matteo Salvini ha affermato che le sanzioni occidentali contro la Russia non stanno funzionando e in realtà danneggiano l’Italia, suggerendo che i Paesi alleati dovrebbero riconsiderare il loro approccio.

“Dobbiamo difendere l’Ucraina? Sì”, ha detto Salvini. “Ma non vorrei che le sanzioni danneggiassero chi le impone più di chi ne è colpito”. Il segretario del Pd Enrico Letta ha prontamente risposto su Twitter accusandolo Salvini di fare il gioco di Putin: “Non credo che Putin avrebbe potuto dirlo meglio”, ha affermato.

Letta ha risposto anche a Meloni dicendo che il Pnrr “si può discutere, ma noi diciamo ‘no’ alle rinegoziazioni. Se entrassimo in un confronto con Bruxelles, perderemmo soldi e prospettive per il futuro”.

Bruxelles, dal canto suo, ha lasciato intendere che i piani potrebbero essere “modificati” per allinearsi meglio con l’obiettivo della transizione dal gas russo, ma, secondo quanto affermato da un portavoce della Commissione europea a Euractiv Italia, modificare il piano per mettere più soldi a disposizione per la compensazione delle bollette energetiche delle famiglie non sarebbe assolutamente accettabile.

Un’altra fonte dell’Ue ha chiarito che il riadeguamento del piano di ripresa alla strategia REPowerEU – un piano per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e far avanzare rapidamente la transizione verde – non significherà in alcun modo che questi soldi possano essere utilizzati per aiutare a compensare le bollette energetiche, riferisce Euractiv Italia.

Insomma, Bruxelles sembra essere in rotta di collisione sia con Meloni sia con Salvini, esattamente come fanno tra loro i due opposti schieramenti elettorali. Per non parlare del fatto che il principale “peccato” di Meloni e Salvini – agli occhi sia della Ue sia dell’establishment italiano – è che sono stati (e sono tuttora) pro-Trump.

E come se non bastasse, sono pro-famiglia, pro-vita, pro-valori e ruoli di genere tradizionali, pro-cristianesimo e anti no-borders (come si chiamano quelli che sono contrari alle politiche di controllo dei flussi migratori). Ma fortunatamente l’elettorato e l’establishment sembrano essere in disaccordo su molte questioni fondamentali. Insomma, sul fronte italiano sarà un autunno/inverno difficile per l’Ue.

Crisi anche in UK

Al di fuori dell’Ue, nel Regno Unito, secondo un sondaggio che mette a nudo l’entità della crisi che dovrà affrontare il nuovo primo ministro Liz Truss, il 60 per cento delle fabbriche britanniche potrebbe fallire, schiacciato dai prezzi esorbitanti dell’energia.

Inutile dire che se sei fabbriche britanniche su dieci falliscono, la Gran Bretagna sarà paralizzata e probabilmente avrà una depressione. MakeUK, ex Engineering Employers’ Federation, che rappresenta i produttori nel Regno Unito, ha affermato che quasi la metà dei produttori ha registrato un aumento delle bollette elettriche di oltre il 100 per cento nell’ultimo anno. “L’attuale crisi sta mettendo le aziende di fronte a una scelta netta”, afferma il rapporto: “tagliare la produzione o sbaraccare se l’aiuto non arriva presto.”

Come osserva il famoso scrittore e blogger americano Rod Dreher, “Putin è di sicuro un S.O.B. (son of a bitch, figlio di p.). Ma non puoi riscaldare la tua casa o gestire le fabbriche del tuo Paese con la rabbia nei confronti di Putin, per quanto possa essere rovente”. Inutile dire che un siffatto approccio pragmatico rischia di diventare molto popolare in tutta Europa.

Una schiacciante vittoria della coalizione di centrodestra il 25 settembre potrebbe fare dell’Italia, che l’establishment lo voglia o no, la forza trainante di un cambiamento epocale nella storia del Vecchio Continente.