Iniziamo dalla fine. Sì, perché il ministro dell’interno francese Gérald Darmanin ha voluto impreziosire la sua performance con un petardo finale, in diretta tv durante il tg delle 20: “L’Italia è stata molto disumana”.
Qui ci sarebbero tutti gli estremi per la convocazione del loro ambasciatore. Breve promemoria: Parigi convocò il nostro nel 2019 per le parole dell’allora vicepremier Di Maio.
La tempistica
Ma facciamo qualche passo indietro. Si parla del caso della nave ong Ocean Viking, che due giorni fa sembrava risolto con soddisfazione di tutti. Anche la tempistica di questa storia è singolare.
Mentre veniva diffusa la notizia che il Ministero dell’interno francese aveva dato disponibilità ad aprirle il porto di Marsiglia – così “fonti” dello stesso ministero alle nostre agenzie d’oltralpe – le autorità italiane facevano sbarcare tutti i migranti a bordo della Humanity1 e della Geo Barents, ancorate al porto di Catania.
Qualcuno ci aveva visto un compromesso. Fatto sta che all’apertura del porto di Marsiglia seguiva un comunicato di apprezzamento della nostra presidenza del Consiglio.
Che le cose però non stessero andando come sembrava, lo indicava mercoledì pomeriggio una dura nota della Commissione europea, che chiedeva “lo sbarco immediato, nel luogo sicuro più vicino, di tutte le persone soccorse e che si trovano a bordo della Ocean Viking“. In quel momento, la nave ong si trovava nei pressi delle coste della Sardegna.
La nota ricordava che “l’obbligo legale di soccorrere e garantire la sicurezza della vita in mare è chiaro e inequivocabile, indipendentemente dalle circostanze che portano le persone a trovarsi in una situazione di pericolo”, ma anche l’importanza di “fornire sostegno agli Stati membri che ricevono regolarmente arrivi via mare, sulla base del meccanismo di solidarietà concordato… per contribuire ad alleviare parte della pressione attraverso la ricollocazione”.
La rappresaglia francese
Ieri, la vera e propria rappresaglia del governo francese. Il ministro Darmanin si presenta in video per annunciare che sì, accoglierà la Ocean Viking nel porto di Tolone (non più Marsiglia), ma sospenderà i ricollocamenti già previsti di 3.500 rifugiati e chiederà agli altri partecipanti al Meccanismo europeo, in particolare alla Germania, di fare lo stesso. Annunciando al tempo stesso misure di “rafforzamento dei controlli alle frontiere” con l’Italia.
Ora, sì dà il caso che negli ultimi tre mesi, su oltre 44 mila arrivi, siano stati redistribuiti in Francia in 38. A quel ritmo, a ricollocare i 3.500 ci avrebbero messo circa 25 anni. Quindi consentiteci di dubitare che quei 3.500 sarebbero mai arrivati in Francia. In serata, in prime time, l’affondo: “Italia molto disumana”.
Con buona pace delle nostre cheerleader del presidente francese Emmanuel Macron, e del nostro partito francese, molto influente nel mondo politico (fino ai vertici delle istituzioni), economico e mediatico, la reazione scomposta – e diremmo anche un po’ isterica – del governo francese, è in realtà un autogol a più livelli.
Prima di tutto, smaschera l’ipocrisia francese. Macron è lo stesso che faceva sconfinare la sua gendarmeria a Bardonecchia per scaricare i migranti, anche minori, in territorio italiano, trasportandoli in auto o sbattendoli giù dai treni.
La vergogna Calais
Parigi rafforza i controlli al confine con l’Italia? E che dovrebbe fare il Regno Unito al confine marittimo di Calais? Chi ha in casa la vergogna di Calais, da dove ancora partono migliaia di migranti a bordo di barchini di fortuna nel tentativo di attraversare la Manica, non si può permettere di dare lezioni agli altri.
Un recente rapporto di Human Rights Watch parlava anche di trattamenti inumani e degradanti della polizia francese ai danni dei migranti accampati vicino alla città, spesso profughi veri (iracheni e afghani).
“Un tormento imposto: il trattamento inumano dei migranti nella Francia del nord”, il titolo del rapporto di 79 pagine in cui vengono riferiti gli sgomberi, le distruzioni dei beni, le molestie. “Sottoporre degli esseri umani a torture e degradazione quotidiane non è mai giustificabile”, commentava Bénédicte Jeannerod, direttore HRW per la Francia, citata da la Repubblica.
Narrazioni “sovraniste” avvalorate
Secondo, con questa reazione non fa che rafforzare la narrazione della destra al governo a Roma, ovvero che l’Italia viene lasciata sola: se per una sola nave che sbarca in Francia, con 234 migranti, il governo francese reagisce ritirando la disponibilità già accordata a ricollocarne 3.500, la sproporzione è tale che sembra non vedesse l’ora di avere un pretesto. Per una nave che una volta tanto sbarca in Francia… Bella “solidarietà”, avranno buon gioco a ironizzare i “sovranisti”.
Nei commenti del nostro partito francese (quello di Fassino vale per tutti) che sottolineano come sia stato inopportuno andare allo scontro con Parigi proprio mentre si sta trattando la riforma del Patto di stabilità, la conferma di un’altra narrazione cara ai sovranisti: che ci sia un accordo implicito o esplicito per cui tutti i migranti debbano sbarcare in Italia e in cambio ci concedono uno zero virgola di deficit in più. Scambio che negoziò, da premier, Matteo Renzi, secondo quanto riferì Emma Bonino.
Un cattivo accordo
Terzo, perché uscendo dal cosiddetto “meccanismo di solidarietà” Parigi toglie definitivamente il velo a quella che è una farsa. Per poche decine di rifugiati ricollocati, l’Italia è obbligata a farne sbarcare decine di migliaia. Se è questo l’accordo, ebbene è manifestamente un cattivo accordo per noi, quindi Macron ci fa un favore a romperlo.
La falsa soluzione
Però qui occorre tornare anche su un punto più volte sottolineato da Atlantico Quotidiano. Ne abbiamo parlato anche di recente: l’illusione del potere salvifico della “redistribuzione”, della sempre invocata “soluzione europea”.
Ma questa redistribuzione, quando funziona (e abbiamo visto che i numeri sono del tutto trascurabili), riguarda solo i veri rifugiati, che sono però tra il 10 e il 20 per cento, quando va bene, degli arrivi. Il vero problema sono i restanti 8-9 su 10, i migranti cosiddetti “economici”, che nessuno in Europa accetterà mai – giustamente – di accollarsi, tanto meno se “selezionati” da trafficanti e ong.
Ora, il sistema diabolico che hanno messo a punto, e che bisogna smantellare, è che arrivando come “naufraghi”, li devi per forza far sbarcare, a prescindere. Dubitiamo che ciò che avviene davanti alle coste libiche, quando le navi ong raccolgono i migranti, possa essere definito, in punta di diritto, un naufragio, essendo un evento atteso e spesso organizzato con tanto di appuntamento e coordinate.
I servizi di Frontex riportano che addirittura i migranti non si imbarcano se non sanno che c’è una nave ong ad attenderli. A nostro avviso, questo tecnicamente non è un naufragio. Ma tant’è, il problema resta. E la soluzione non è litigare per spartirseli, ma decidere una volta per tutte di impedire che siano trafficanti e ong a decidere chi entra in Europa. Con chi ci sta.
Il fallo di frustrazione
Perché, dunque, questa reazione scomposta? Indubbiamente per motivi di politica interna. All’Eliseo devono essersi accorti che accogliere la Ocean Viking può essere un precedente pericolosissimo, inducendo le navi ong a dirigersi verso le coste francesi non dopo due settimane, ma subito dopo non aver ricevuto risposta dall’Italia (come ora spesso si dirigono verso di noi dopo la mancata risposta di Malta).
Le Pen e Zemmour hanno infatti subito attaccato il governo per lo sbarco. E tant’è che Darmanin ha sottolineato l’eccezionalità del caso Ocean Viking, che guarda caso non sbarca a Marsglia, ma a Tolone, un porto militare.
Accortosi del gol segnato dal governo Meloni, e dell’assist ai suoi oppositori interni, Macron sta tentando di andare via col pallone.
Il casus belli
Ma c’è di più, oltre i motivi interni. Giusto ieri, pubblicavamo un’analisi di Musso sui tentativi di Berlino e Parigi di destabilizzare l’Italia (tra gli strumenti, anche le navi ong) per impedire l’hub italiano del gas e salvare quello russo-tedesco.
Analisi che si concludeva con una esortazione al governo Meloni a prendere atto che no, la Francia non è nostra alleata, né sull’energia né sul Patto di stabilità né sul resto.
A dimostrazione di ciò, ieri il governo francese ci ha comunicato che intende fare della Ocean Viking un casus belli su tutto. Nelle dichiarazioni del ministro Darmanin, che non si è limitato ad annunciare la sospensione del programma di ricollocamenti, ma ha minacciato “conseguenze estremamente forti sugli altri aspetti della relazione bilaterale, ma anche sui rapporti tra l’Europa e il governo italiano, che non può limitarsi alla questione migratoria“.
Se vi sembra una reazione sproporzionata, probabilmente è perché è un pretesto per dichiarare una guerra totale al governo Meloni.