Esteri

Dall’11 Settembre all’Ucraina, da dove nasce la destra anti-Usa

Sempre lo stesso odio contro l’Occidente. Nel 2001, a sparare a zero contro gli Usa era soprattutto la sinistra. Oggi la narrazione anti-Usa diffusa anche a destra

11 Settembre

L’11 settembre 2001 si materializzò all’improvviso l’odio contro l’Occidente e i suoi simboli. Era già un periodo di flagellazione e auto-flagellazione del blocco occidentale.

Clima anti-occidentale

Poco prima dell’11 settembre, a Durban fallì la Conferenza internazionale contro il razzismo, perché i Paesi musulmani e i loro alleati, pretendevano l’equiparazione del sionismo al razzismo, il risarcimento per la tratta degli schiavi (ma solo quella gestita dagli europei, non quella araba che durò molto di più) e un risarcimento per i danni del colonialismo.

In quei mesi era entrata nel vivo la Seconda Intifadah contro Israele, l’ondata di terrorismo con attentatori suicidi nei ristoranti, nei bus, nelle discoteche, dove l’obiettivo era uccidere più israeliani possibili. Dentro l’Occidente, una galassia politica formata da ong (sia laiche che cristiane), partiti di estrema sinistra e movimenti più o meno legali premeva per un’agenda no-global, protestando contro le radici stesse della nostra civiltà.

Era quello l’umore in cui quattro aerei, dirottati da terroristi suicidi, andarono a schiantarsi sulle Torri Gemelle e sul Pentagono. Il quarto precipitò prima di colpire il suo obiettivo, perché i passeggeri si ribellarono ai loro sequestratori. Gli altri tre avevano provocato 2.996 morti. Come negli attentati in Israele, i terroristi islamici volevano provocare la distruzione di simboli (la potenza militare ed economica degli Stati Uniti) e di più vite umane possibili, indiscriminatamente.

L’attentato fu accuratamente pianificato per ottenere il maggior numero di morti: vennero usati, come armi improprie, aerei decollati da aeroporti vicini agli obiettivi, quindi ancora pieni di carburante, carichi di passeggeri che sarebbero state le prime vittime, assieme ai “martiri” da sacrificare per la causa.

Due narrazioni

Di fronte a questo orrore, la reazione corale fu “siamo tutti americani”, ma l’odio contro l’Occidente non si spense. Lavorò sotto traccia e alla fine prevalse nel dibattito. La stessa galassia di ong, partiti e movimenti di estrema sinistra non applaudì i terroristi islamici (o almeno non lo fece in pubblico), ma li “contestualizzò”.

E così nacquero due filoni narrativi che poi divennero dominanti. Il primo, irrazionale, è quello del complottismo. La tesi secondo cui non sappiamo la verità su quel che è davvero accaduto l’11 settembre. Secondo questa narrazione, l’attacco non venne pianificato da Al Qaeda, né fu motivato dal jihad contro gli Usa, ma venne pianificato dalla Cia e/o dai servizi segreti israeliani.

Dopo 22 anni non sono emerse prove a favore di queste tesi, mentre abbiamo sempre più elementi per ricostruire la storia di Al Qaeda e della sua pianificazione, ma i complottisti insistono e considerano la mancanza di prove come una prova ulteriore dell’esistenza di un complotto sofisticato.

Il secondo filone narrativo, solo apparentemente più razionale, non nega la paternità jihadista dell’attacco a New York e Washington, ma attribuisce la causa dell’odio jihadista interamente agli Stati Uniti e ai loro alleati (ad Israele, in particolare). È dunque la prosecuzione diretta della narrazione no global e di quella che ispirò la Conferenza di Durban: l’Occidente ha distrutto il mondo extra-europeo, ora quest’ultimo si vendica anche con metodi estremi.

Basta la logica, comunque, per smontare anche questa tesi. Gli attentatori provenivano da famiglie ricche ed erano in maggioranza sauditi, dunque venivano da un Paese alleato degli Usa, beneficiario di aiuti americani e soprattutto mai colonizzato. Lo stesso Bin Laden, ricchissimo, con un’educazione occidentale, non può ritenersi una vittima di imperialismo o di sfruttamento occidentale.

Movente religioso

La loro causa era religiosa. Non sopportavano l’influenza dell’Occidente nel mondo islamico. Non sopportavano lo stile di vita occidentale: la separazione fra il sapere e la religione, fra la scienza e la religione, la libertà di religione, la libertà civile e i pari diritti delle donne, il pluralismo politico, il libero mercato, il tutto annaffiato da una ricchezza e una potenza militare a loro avviso inspiegabili (“se noi siamo i detentori della Verità, perché questi infedeli sono più forti?”).

Gli jihadisti che hanno risposto alla chiamata di Bin Laden ci odiavano per come vivevamo, non per ciò che avremmo inflitto loro. Fu un’elaborazione solo interna all’Occidente quella della “vendetta” del mondo povero contro il ricco Occidente. E fu l’indice dell’odio che una parte politica nutre nei confronti della sua stessa civiltà.

L’odio della Russia contro l’Occidente

Adesso ci ritroviamo alle prese con un’altra guerra contro l’Occidente. Ed è la Russia, questa volta, a scatenarla. L’invasione dell’Ucraina è infatti il frutto dell’odio che Mosca nutre contro l’Occidente nel suo complesso: è la scelta occidentalista della rivoluzione del Maidan che ha fatto scattare la prima rappresaglia russa, con l’annessione della Crimea e la guerriglia nel Donbass. È l’ulteriore avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente e alle sue istituzioni che ha motivato l’invasione.

Le ideologie vanno prese sul serio, non sono vuota retorica. E a giudicare dall’ideologia espressa dal patriarca Kirill e dallo stesso Vladimir Putin, l’odio che la Russia nutre nei nostri confronti è molto simile a quello islamico. Cambiano i simboli e i riferimenti storici, ma quel che i russi non tollerano di noi è sempre la stessa cosa: la separazione fra il sapere e la religione, fra la scienza e la religione, la libertà di religione, la libertà civile, il pluralismo politico, il libero mercato.

I russi riconoscono pari diritti alle donne, ma in compenso non tollerano che in Occidente si riconoscano i matrimoni gay. Sfumature, ma il senso è quello: è l’odio per la società aperta, vista come una società “politeista”, quindi confusa, imprevedibile, relativista, in una parola malvagia. Eppure più potente della Russia, “inspiegabilmente” più potente. Secondo Kirill, l’Anticristo è in Occidente e probabilmente ci crede davvero.

Le narrazioni sull’Ucraina

Di fronte all’invasione dell’Ucraina, un atto mostruoso quanto eclatante, le reazioni sono analoghe a quelle dell’11 settembre: prima “siamo tutti ucraini”, poi si inizia a “contestualizzare”, con le due narrazioni tipiche, quella irrazionale complottista (il Maidan è un “golpe Usa”, Zelensky è “pupazzo degli Usa”, in Ucraina si nascondono i “biolab” americani…) e quella più razionalizzante che si basa sull’auto-accusa dell’Occidente (abbiamo “esteso troppo la Nato a Est”, abbiamo “umiliato la Russia” dopo la guerra fredda, abbiamo appoggiato gli ucraini nel “genocidio” del Donbass, ecc…).

Sia le une che le altre tesi, come per l’11 settembre, non trovano alcun solido fondamento nella realtà. E meno ci sono prove per dimostrarle, più i loro promotori si convincono di aver ragione.

Ma c’è una differenza fondamentale: nell’11 settembre, a sparare a zero contro gli Usa erano soprattutto organizzazioni e intellettuali di sinistra, oggi sono soprattutto organizzazioni e intellettuali di destra.

Iraq e Afghanistan

Perché questa metamorfosi? La causa è sempre nell’11 settembre e nelle sue conseguenze: l’Afghanistan, l’Iraq e le primavere arabe. La sinistra americana, dopo una breve tregua dopo gli attacchi, ha ricominciato a demonizzare la destra, in particolare Bush e i neocon, quando si preparava la guerra all’Iraq.

Tutti sanno dell’errore di dichiarare il pericolo di armi di distruzione di massa in Iraq per poi non trovarle. Questo errore fu imperdonabile, ma su di esso venne costruita la teoria secondo cui tutta la guerra al terrorismo fosse una farsa, un pretesto per lanciare imprese neocoloniali. La narrazione della sinistra antagonista arrivò alla Casa Bianca con Obama che vinse proprio cavalcando l’opposizione alla guerra in Iraq.

L’Afghanistan era una guerra meno contestabile: gli americani intervennero proprio per rispondere all’11 settembre, visto che era il regime talebano che ospitava Al Qaeda e Bin Laden. Ma anno dopo anno, demoralizzazione dopo demoralizzazione, all’aumentare delle perdite e mancando risultati sul campo, anche l’Afghanistan divenne “guerra inutile”. Persino per i Repubblicani: Trump vinse nel 2016 promettendo anche il ritiro dall’Afghanistan, come se l’11 settembre fosse già dimenticato.

Le primavere arabe

Dopo le primavere arabe, un processo rivoluzionario interno al mondo arabo che gli Usa non poterono o non riuscirono a controllare, regimi estremisti arrivarono al potere con la benedizione dell’amministrazione Obama. Che non aveva capito il paradosso della democrazia: anche se ora c’erano elezioni libere, non era comunque un risultato positivo che a vincerle fossero i Fratelli Musulmani, cioè i cugini più intelligenti e meno apertamente violenti di Al Qaeda.

La destra anti-Usa

Questo paradosso incendiò l’opinione pubblica di destra, nella quale, come era già successo a sinistra, si diffuse l’idea che Obama e i Democratici stessero sponsorizzando i terroristi islamici. Quando i russi annessero la Crimea, nel 2014, l’opinione pubblica americana era troppo concentrata su quel che accadeva nel mondo islamico (si era nel pieno dell’ascesa dell’Isis) per accorgersene.

In compenso, quando la Russia intervenne in Siria in difesa di Assad contro gruppi palesemente jihadisti, allora si saldò la simpatia della destra per Mosca e contemporaneamente la sfiducia nei confronti degli Usa. Nel 2016, a destra “neocon” era già diventato un insulto, esattamente come a sinistra.

Oggi la narrazione anti-Usa è diffusa a destra quanto a sinistra. E per non farsi mancare nulla, anche a destra si diffonde l’idea che l’11 settembre non sia stato quel che pensiamo. Persino un candidato alla presidenza del Gop, Vivek Ramaswamy, dichiara in pubblico che “non sappiamo tutto” dell’11 settembre, strizzando l’occhio ai complottisti di ieri e di oggi. Finora è un candidato di minoranza, con un consenso che si aggira attorno al 7 per cento, ma è in crescita.

Quanti nella nuova destra più nazionalista, fra i seguaci dei messaggi di QAnon, quanti ci credono veramente, dopo il Covid, dopo l’assalto al Campidoglio, dopo l’attacco all’Ucraina, dopo tutti questi eventi che hanno fatto perdere la ragione a molti ed esasperato tutti?

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