La visita del presidente francese Emmanuel Macron in Cina Popolare la scorsa settimana, con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è stata condotta apparentemente per convincere Pechino a fare pressioni sulla Russia per porre fine alla sua aggressione contro l’Ucraina.
Maggiore autonomia dagli Usa
Eppure, Macron ha lasciato intendere che in cambio l’Europa avrebbe cercato una maggiore autonomia strategica dagli Stati Uniti, forse ulteriormente indicando che la minaccia della Cina Popolare alla Repubblica di Cina-Taiwan non fosse importante per gli europei.
In sostanza, il presidente francese ha detto che l’Europa non deve, in futuro, lasciarsi coinvolgere in crisi i che non sono sue. Rimane un unico dubbio, se Macron stesse parlando veramente a nome dell’Europa unita e se, quindi, ci sia una volontà precisa di autonomia strategica dell’Ue rispetto agli Usa.
Il presidente Macron ha parlato di “autonomia strategica” in quella Cina Popolare che nel 2019 l’Ue aveva descritto come un “concorrente economico nel perseguimento della leadership tecnologica” e anche un “rivale sistemico che promuove modelli di governance alternativi”. Macron si sarebbe quindi avvicinato al suo pari cinese suggerendo che gli europei non si farebbero trascinare in una futura guerra americana, ad esempio su Taiwan.
Minore autonomia dalla Cina
L’attuale parola d’ordine nelle relazioni Ue-Cina Popolare sarebbe “de-risking”, che tradotto nella visione di Pechino significherebbe “niente a che fare con noi europei”.
Eppure, non solo la conseguenza logica della ricerca di una maggiore autonomia strategica dagli Usa, implica un’Europa che cerchi una minore autonomia strategica da quel grande difensore della libertà, che è la Cina Popolare. Peggio ancora, implicherebbe un’equivalenza nella mente dell’élite europea tra americani e cinesi.
Non c’è da stupirsi che Xi abbia sorriso impercettibilmente quando Macron ha chiesto alla Cina Popolare di unirsi all’Europa per convincere la Russia a porre fine alla sua aggressione contro l’Ucraina.
Insomma, sarebbe come dire che l’Europa può ancora valere sulla scena mondiale, anche se da sola è solo un debole valere. Quindi, per alcuni leader europei l’Ue può avere un’influenza reale ma ha bisogno di un potere reale definito, del tipo di quello posseduto dall’autocrate Xi.
L’insufficiente leadership Usa
Farebbe tutto parte della nuova spinta di Putin ad aumentare la paura in alcuni membri della Nato dell’Europa occidentale, in cui la minaccia di distruzione di massa è rafforzata da attacchi informatici e disinformazione. Putin esce rafforzato dal persistere, in Occidente, di teorie sulla possibilità che l’Ucraina perda la guerra, o piuttosto che l’Occidente stesso permetta all’Ucraina di perdere la guerra.
Per alcuni analisti la risposta è che se l’Occidente permette all’Ucraina di perdere la guerra, l’Occidente stesso perderà la sua supremazia strategica sul mondo intero. Sarebbe una calamità nella politica estera e di sicurezza occidentale, causata dall’attuale insufficiente leadership americana, dalla debolezza europea e dalle divisioni transatlantiche che hanno consentito all’Occidente di perdere l’Iraq, la Libia, la Siria e, ultimo, l’Afghanistan.
Un altro fallimento in Ucraina confermerebbe semplicemente agli Stati non allineati, sempre più influenti, che la Cina Popolare può essere un faro da seguire anche non solo economicamente.
Von der Leyen ridimensionata
La cosa forse più strana a Pechino è stata la palese divergenza tra Macron e la presidente Von der Leyen. Il presidente francese le ha ricordato con i fatti che è il Consiglio europeo, cioè gli Stati membri dell’Ue, a decidere la politica estera europea, non la Commissione europea. Insomma, l’ha “ridimensionata”.
Fino a quando gli europei non si sveglieranno e non si renderanno conto che il soft power è credibile solo se sostenuto da un hard power militare credibile, l’Europa continuerà a mostrare debolezza, il presidente a vita Xi continuerà a non preoccuparsi quando gli europei parleranno, gli americani continueranno a sopportare l’onere di difendere Paesi più piccoli non così lontani dagli States.
Responsabilità strategica
L’autonomia strategica è funzione del 2 per cento del Pil per la difesa di tutti i Paesi membri dell’Alleanza e una volta raggiunto (quando?), bisognerà spenderlo bene e confrontalo con la Cina Popolare. Secondo il think tank statunitense CSIS, sebbene la spesa militare della Cina Popolare sia solo un terzo di quella degli Stati Uniti, è cresciuta di cinque volte negli ultimi due decenni e ora supera quella dei tredici più grandi Paesi dell’Indo-Pacifico messi insieme. Inoltre, la spesa per la difesa cinese ora supera tutte le altre forme d’investimento pubblico in Cina.
Per quanto precede, l’autonomia strategica europea deve significare anche responsabilità strategica. Gli europei dovranno investire di più nella propria difesa diventando più autonomi dagli americani ma, per lo meno, anche dai cinesi. Tuttavia, l’autonomia strategica europea sarà possibile solo se l’ambizione sarà quella di condividere oneri e rischi con l’alleato americano e se gli europei agiranno responsabilmente insieme sulla scena mondiale. Difficile crederlo.
Se nelle intenzioni del presidente Macron tale autonomia fosse guidata dal desiderio (francese?) di separare l’Europa dagli Stati Uniti, non solo condannerebbe tale ambizione al fallimento, ma paralizzerebbe anche la Nato che già si muove a rilento a causa delle politiche dell’autocrazia turca.
Taiwan a rischio invasione
Per focalizzare l’attenzione su Taiwan e su quanto accade nell’area, bisogna dare credito a quanto il rappresentante diplomatico dell’isola in Italia, Vincent Tsai, ha recentemente dichiarato in un’intervista. Ha confermato che se Pechino si muove in direzione di una rottura dell’ordine internazionale basato su regole condivise, i rischi di un’invasione sono concreti.
Secondo il governo di Taipei, la Cina Popolare si sta già preparando all’invasione e la retorica cinese si è orientata all’aggressione contro Taiwan. Si tratta di minacce che non si possono accettare in alcun modo, perché negli obiettivi di Pechino c’è la rimodulazione dell’ordine internazionale.
La guerra in Ucraina ha messo in luce la differenza tra chi vuole mantenere l’ordine internazionale basato su regole condivise e chi invece quell’ordine vuole infrangerlo, mettendo a rischio la pace e la stabilità globale.
Secondo il diplomatico taiwanese, l’invasione russa ha fatto sì che la maggioranza dei Paesi democratici si raccogliesse compatta e così, di fronte alle minacce di Pechino, sempre più Paesi si sono avvicinati a Taiwan, dimostrando attenzione nei confronti della sicurezza del quadrante Indo-Pacifico. Macron dice che all’Europa non deve interessare. Vedremo…