Esteri

DeSantis “volto migliore” per il 2024, ma impossibile escludere The Donald

Intervista al prof. Marco Bassani: l’auspicio è che alle primarie trovino un accordo politico. Il laboratorio Florida (Covid contrastato con la libertà) e il ruolo del voto postale

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Mentre Donald Trump ha ufficializzato ieri la sua ricandidatura alla Casa Bianca, si stanno sempre più delineando in queste ore i risultati delle midterm Usa, ad una settimana di distanza dall’election day dell’8 novembre. I Repubblicani verso una maggioranza non molto ampia alla Camera, mentre i Democratici mantengono il controllo del Senato: se 50-50 o 51-49 si vedrà dopo il ballottaggio del 6 dicembre in Georgia.

Tra i fattori decisivi, soprattutto in Stati in bilico come Arizona e Nevada, l’early voting e il voto postale di massa, fenomeno analizzato da Luca Bocci. E su cui è tornato in questa intervista per Atlantico Quotidiano il prof. Marco Bassani, ordinario di storia delle dottrine politiche all’Università di Milano, che fa il punto sulla situazione politica Usa in vista delle elezioni presidenziali del 2024.

Un risultato inatteso

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Prof. Bassani, come valuta i risultati di queste elezioni di midterm? Quali sono i primi dati politici che possiamo trarre da questa tornata elettorale?

MARCO BASSANI: Larga parte degli osservatori di politica ed elezioni americane erano convinti che il risultato sarebbe stato differente. Ossia, che ci sarebbe stata una schiacciante vittoria dei Repubblicani, soprattutto alla Camera.

La percentuale bassissima di gradimento di cui gode il presidente Joe Biden aveva portato a prevedere una sconfitta per il suo partito. Inoltre, solitamente la presidenza in carica esce con le ossa rotte dalle elezioni di metà mandato.

Pertanto, come analizzare e giustificare questo risultato inatteso? In primis, è necessario soffermarsi sulla ragione degli errori di valutazione dei sondaggisti e di previsione pubblica del voto. Errori dovuti al fatto che non si tiene conto dell’ormai enorme estensione del voto postale.

Il ruolo chiave del voto postale

Non ho alcuna intenzione di alimentare complottismi sulla validità delle elezioni, ma intendo annotare che dall’arrivo della pandemia di Covid-19 c’è stato un profondo cambiamento all’interno di istituzioni e mondo della politica americana. Fino all’arrivo del Covid-19 negli Stati Uniti qualsiasi sito di sondaggistica o analisi elettorale prevedeva una larga vittoria di Donald Trump alle presidenziali del 2020.

Tuttavia, con lo scoppio dell’emergenza sanitaria i Democratici hanno capito di poterla sfruttare per ottenere un decisivo tornaconto elettorale. In primis, hanno neutralizzato Bernie Sanders, che a causa delle sue posizioni comuniste avrebbe certamente perso la contesa elettorale.

Poi, hanno convinto parte degli Stati Uniti, anche la fetta storicamente democratica, a fidarsi di una figura come quella di Joe Biden, nonostante i suoi evidenti problemi di demenza senile.

A giocare un ruolo chiave è stato lo strumento del voto postale, che per come strutturato e sviluppato in America è un mezzo totalmente folle. È inaudito che per votare non si debba neanche presentare un documento di identità e non ci siano controlli validi, con la firma sulla scheda che può avvenire per mano di chiunque direttamente dal proprio domicilio.

Con la pandemia si sono aperte una serie di dinamiche che riguardano la democrazia stessa da non sottovalutare, non soltanto negli Stati Uniti.

TADF: In vista del 2024 cosa dobbiamo attenderci? Potremmo nuovamente assistere ad un risultato elettorale che non rispetti affatto le previsioni?

MB: Se non cambia l’andazzo elettorale e non si modifica il voto postale possiamo aspettarci qualsiasi scenario in futuro. Vogliamo credere che i Democratici per ragioni politiche abbiano avuto maggiore timore del Covid ed abbiano preferito l’utilizzo di tale strumento di voto?

Probabilmente è così, ma questo non può giustificare una somma tanto alta (circa il 98 per cento dei voti postali stessi) interamente destinata ai candidati Dem.

Il futuro di Trump

Tuttavia, in vista del 2024 bisognerà comprendere quale sarà il futuro di Donald Trump, che ha ufficializzato la sua candidatura e sembra essersi convinto a denunciare come suo principale nemico il compagno di partito Ron DeSantis, arrivando quasi a minacciarlo pubblicamente.

Pertanto, la figura di Trump non può passare in secondo piano: ha avuto indiscussi meriti, dato che dal 2016 in poi ha rivitalizzato un Gop che appariva come una palude, ha creato una forte frattura all’interno della politica americana e ha portato ad un alto scontro tra i vertici. Tuttavia, appare oggi quasi vittima del proprio stesso successo.

Il laboratorio Florida

TADF: Come dovrebbe strutturarsi il Gop in vista del 2024? In che modo evitare proposte politiche perdenti? Soprattutto, quale evoluzione aspettarsi dal dualismo Trump-DeSantis?

MB: Per rispondere alle sue domande, voglio in primis evidenziare l’importanza del federalismo americano, che durante la pandemia ha comportato uno scontro tra modelli differenti di contrasto all’emergenza sanitaria.

La Florida, Stato Usa che conosco bene, guidata proprio da Ron DeSantis, ha contrastato il Covid attraverso la libertà. Non ha imposto lockdown e restrizioni, piuttosto ha incentivato la campagna vaccinale con metodi liberali e rispettosi dell’individuo, affidandosi al buonsenso di ogni persona.

I risultati di questa strategia sono stati eccezionali sul piano politico ed economico. Pertanto, affermerei che non esiste un laboratorio politico per il Partito Repubblicano più efficace della Florida.

Il volto nuovo

Ron DeSantis ritengo sia il volto migliore che il Gop possa offrire in vista del 2024, una figura giovane e coinvolgente, che ha dimostrato la propria capacità politica ed amministrativa. Tuttavia, è impossibile non far partecipare Donald Trump alle primarie.

Quello che auspico è che, nel corso di esse, si arrivi ad un punto in cui il tycoon capisca di poter e dover lasciare spazio a questo nuovo volto e i due stipulino un accordo politico. In alternativa, si aprirebbe un periodo di scontro interno molto deleterio per il Partito Repubblicano.

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