Dietro il veto a Meloni il panico di Scholz per la marea che sta per travolgerlo

Paura (politica e finanziaria) per un mondo che gli si sta per ribaltare contro: un’Europa atlantica che farà piazza pulita de “Leuropa” tedesca putiniana e gretina

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scholz macron meloni

Cosa resterà del Consiglio leuropeo del 27 giugno? Una cosa soltanto: la paura panica di Olaf Scholz. Paura per la marea di destra che sta per travolgerlo, paura di doverla pure finanziare.

Paura politica

La paura di Scholz per la marea di destra si è tradotta nel suo veto a coinvolgere Giorgia Meloni nei negoziati per la scelta delle cosiddette alte cariche leuropee.

Ciò che non era affatto normale, visto che Lue non è uno Stato, bensì una sorta di confederazione di Stati che tutti partecipano alle decisioni e ciò, anzitutto, nella sede del Consiglio leuropeo. Al contrario, il cd Parlamento leuropeo interviene solo dopo ed in sede di mera ratifica. Sicché, aver escluso Meloni dai negoziati significa aver escluso l’Italia … non una parte politica. E ciò non è affatto normale.

Una anormalità manifesta, che equivale ad una minaccia ai francesi: “se voterete Le Pen, pure Parigi verrà esclusa”. Nonché ad una minaccia ai tedeschi: “se voterete AfD, pure Berlino verrà esclusa”. Il che, come si vede, oltrepassa i confini dell’assurdo. Ma Scholz è cosmicamente debole e ricorre alle misere armi che ha.

Rivelatore un particolare: l’assenza dello spagnolo Pedro Sanchez (ufficialmente per un lutto familiare), il quale ha delegato lo stesso Scholz. Come a dirgli: “la faccia, su questa figura di merda, metticela te”.

Paura finanziaria

La paura di Scholz di dover metterci i soldi si è tradotta nel suo veto ad inserire, in un documento strategico colà approvato, un passaggio circa il finanziamento comune delle spese di difesa. Ha scolpito le parole: “Voglio accettare che creiamo obbligazioni sovrane, cioè Eurobond, per finanziare gli armamenti? Risposta: no. Voglio che i bilanci nazionali della difesa siano rifinanziati dal bilancio dell’Unione europea? Risposta: no”. Nein vuol dire Nein.

Poi, il giorno dopo, in una durissima presa di posizione del suo ministro delle finanze, Christian Lindner, circa le prossime galliche elezioni: “per i francesi si minaccia una tragedia”. E, soprattutto, nessun supporto di banca centrale: “un intervento forte di Bce solleverebbe alcune questioni economiche, ma anche costituzionali”.

Questa la linea imposta al Consiglio leuropeo. Rivelatore un particolare: l’assenza di Mario Draghi, che pure avrebbe dovuto presentare un proprio rapporto, provocatorio per quanto è pieno di sogni federali decisamente deliranti.

Deliri orientalisti dei Crucchi

Se tali paure vi sembrano fuori posto, aspettate a leggere ciò che realmente oggi si dibatte in Germania. Come leggiamo in un recentissimo intervento di Joschka Fischer, già ministro degli esteri ed ascoltatissimo nella sinistra tedesca.

Comincia spiegando che in Leuropa ci sono solo due Stati membri che contano, Germania e Francia: la loro amicizia “è la ragione per cui l’Unione europea esiste, oggi”. Sicché, se i francesi votassero Le Pen, Lue semplicemente non sopravviverebbe.

Lo ripete: “naturalmente, la Ue ha altri 25 Stati membri, e tutti sono importanti – alcuni di più, altri di meno. Ma l’Europa può convivere con un governo italiano guidato da un partito con radici neofasciste. Se l’estrema destra francese riuscisse ad ottenere la maggioranza nelle elezioni di quest’estate, e la Le Pen riuscisse a vincere le elezioni presidenziali nel 2027, la questione sarebbe completamente diversa”. Lue, appunto, non sopravviverebbe: “ciò potrebbe significare il rien ne va plus per l’Europa”.

Perché? Perché assisteremmo ad “un’alleanza tra Trump e Le Pen”. Noti bene il lettore: non un’alleanza fra Le Pen e Putin, bensì fra Le Pen e Trump. Trump che la sinistra tedesca detesta, per la buona ragione che la spingerebbe in rotta con la Cina, come Biden la ha spinta in rotta con la Russia.

E qui comincia il delirio. La Germania – poveretta – “è stata a lungo immunizzata contro tali illusioni” nazionalistiche … come se Merkel non si fosse fatta letteralmente li cazzi sua per 16 lunghissimi anni. I tedeschi – poveretti – sarebbero costretti “ad affrontare una questione politica che pensavamo fosse stata lasciata alle spalle: apparteniamo all’Occidente o, dopo tutto, apparteniamo veramente all’Oriente?” … come se appartenere all’Oriente non significasse salvare i propri commerci con Cina e Russia.

È poi tanto strano che una sinistra tedesca così ostacoli il riarmo degli Stati europei ed ostracizzi la atlanticissima Meloni?

Macrone cieco e zoppo

Né è strano che il Nein tedesco sia stato condiviso pure da Macrone, già araldo di un fondo comune per la difesa. Ciò non offre alcun problema interpretativo: semplicemente testimonia come la debolezza del francese sia ancor più cosmica di quella di Scholz: due ciechi zoppi, che cercano di tenersi l’un l’altro in piedi.

Quanto a Bce, Macrone spende le proprie ultime cartucce elettorali proprio minacciando i francesi di una prossima crisi finanziaria, in caso votino destra. Perciò, egli è l’ultima persona al mondo ad invocare un intervento di banca centrale: bien au contraire.

Il mistero PPE

Semmai, è molto strano che alla carovana socialista tedesca si sia aggiunto pure il PPE. In particolare, nella persona di un imbarazzante Donald Tusk, il quale era giunto a Bruxelles con l’obiettivo di farsi sganciare fior di miliardi per “fortificare il confine orientale”. Solo per scontrarsi di fronte al Nein di Scholz, al quale pure aveva appena regalato l’ostracizzazione della atlanticissima Meloni: quando uno è pirla, è pirla.

Ancor peggio, per il poveretto, il Nein di Scholz è stato condiviso da Mark Rutte, primo ministro olandese uscente, segretario generale della Nato entrante, presto al governo con un Wilders atlanticissimo. Così Tusk, che si è detto “davvero arrabbiato”: “tutti gli hanno fatto notare: aspetta un attimo, amico, dovresti mobilitare tutti affinché spendano di più, non di meno, in difesa”. Letteralmente, Tusk viveva sulla montagna del sapone.

Ma Tusk è solo un manichino, nelle mani della CDU tedesca. Ed è tale considerazione a portarci infine al centro del mistero: pure la CDU condivide il delirio orientalista della sinistra tedesca?

Forse no. Forse la CDU può conviverci con Meloni di Trump e Le Pen di Trump, ma ad una precisa condizione: non finanziarli. Che è poi ciò che implica la posizione di Rutte, nuovo segretario generale Nato. Solo che, se Meloni e Le Pen non potranno finanziare il riarmo con l’aiuto di Lue e Bce, ebbene dovranno farlo con le proprie monete nazionali. E questa è l’unica soluzione possibile, come sappiamo bene. È questo, ciò che vuole il PPE? Procedendo per esclusione, pare proprio di sì.

Conclusioni

E allora chi se ne frega se Ursula Von der Leyen verrà confermata dal cd Parlamento leuropeo, se Meloni la voterà in segreto o facendolo sapere, se Fitto avrà una vicepresidenza.

L’unica cosa che resterà, del Consiglio leuropeo del 27 giugno, è la paura panica di Scholz per un mondo che gli si sta per ribaltare contro: il mondo dell’Europa atlantica, che sta facendo piazza pulita de Leuropa tedesca putiniana e gretina della quale Scholz è l’ultimo baluardo in terra. Leuropa è morta, lunga vita all’Europa.

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